Immagini della pagina
PDF
ePub

quali tendessero ad un tal centro. Avvedutamente il cardinal Caraffa diè commessione, come si è detto, che la proposta del Ruccellai fosse sciolta di qualunque dependenza dalla perseverante discordia intorno alle galee; imperò che ne prevedea vicino l'acconcio, sì come avvenne. Sforza Sforza conte di Santa Fiora, fratello del camerlingo e capo della famiglia, il quale avea merito di lunghi servigi con Cesare, tosto che vide il cardinale rinchiuso, andò sollecitamente dal duca d'Alba; e ponendogli innanzi il soprastante precipizio della sua casa, ne ottenne commessione al Mendozza, che i legni fossero rimandati a Civitavecchia ove riconsegnaronsi all' Alamanni. Di che raddolcito il papa, a supplicazione del collegio, liberò il cardinale venti giorni dopo la ritenzione ma con precedente sicurtà di trecento mila scudi, e con divieto a pena di perder e l'entrate, e le dignità, di non partirsi da Roma, e con una susseguente riprensione acerbissima che gli fe di sua voce nel primo concistoro. Tanto quel decrepito corpo era ben fornito di cuore per sostener la maestà del principato, se

alla robustezza del cuore fosse stata uguale quella del braccio.

Là dove per quest'ubbidienza l'animo del pontefice rimaneva in parte disacerbato, inacerbissi più aspramente per novella offensione essendoli fatto credere, che certo abate Nanni macchinasse veleno al cardinal Caraffa per ordinazion dell'imperadore; e che un tal Cesare Spina calavrese fosse stato mandato a Roma per dargli morte. Il Nanni, fatto prigione ed esaminato, disse ch'era inviato da Napoli all'abate Bersegno agente del duca d'Alba. Or con opportunità che'l Bersegno avea portati danari al duca in Piemonte, e che di là ritornando passò per Bologna, fu quivi preso e condotto a Roma con tutte le lettere, e con altre segrete scritture. Le quali essendo gran parte in cifera, furono diciferate. E come tra l'ombre si veggono le fantasime, e quanto lo scritto è più oscuro, tanto più soggiace ad ogni strana interpretazione; cercossi di farne apparire varii trattati de' ministri imperiali contro al cardinale, e contro allo stesso papa. Si formarono di ciò con sommo studio e segreto molti processi: ed

uno specialmente voglion che fosse contra l'imperadore. I quali poi tutti furon soppressi: benchè al Nanni ed allo Spina, come a rei confessi fu tolta la vita. Si rendettero più credibili al papa queste nimichevoli trame da ciò che'l suo nunzio residente presso Carlo avea scritto. Continuava nella pristina autorità in quella corte Antonio Perenotto vescovo d' Arras figliuolo del morto grancancelliere signor di Granuela. Aveva egli altezza d'intendimento, ma non meno alterezza di cuore: quanto per l'una pari ad ogni vasto maneggio, tanto per l'altra più acconcio ad amministrare un governo dispotico che civile. Sì che quando gli toccò di regger provincie oltre modo abborrenti dell'uno, e tenaci dell'altro, ne cagionò la perdita al suo signore. Or egli, udita la carcerazion fattasi del cardinal Santa Fiora e di Camillo Colonna, e l'udienza negatasi all'ambasciadore, s'era risentito col nunzio e contro al pontefice, e contra i nipoti, usando forme disprezzevoli e minaccevoli, e più tosto sgridando quasi con suddito, che dolendosi come con pari. Ciò le lettere del nunzio recavano. Ma le solite amplifi

cazioni della corte aggiugnevano come risaputosi per vie private da Brusselles, che'l Granuela avesse instigato Cesare a guerreggiare il papa, e a spogliarlo di tutta la signoria temporale, quasi non mai sicuro nel reame di Napoli con un si avverso e torbido confinante. Diè fede però il pontefice, secondo la natura de' vecchi, timida e sospettosa, all'apparenza di così atroci ingiurie che gli preparasse o per insidie o per armi la nemica volontà degl'imperiali. Benchè rimirando la cosa fuor di passione, chi può immaginare che Carlo, il quale allora stava in punto di rinunziare la monarchia, come fece il seguente mese d'ottobre, e di consacrarsi ad una pia solitudine, volesse lordare la sua coscienza e la sua fama con un fine d'azione si detestabile, si ardua all'esecuzione, sì agevole al discoprimento ? Onde molti si fecero poi a credere, tutto essere stato invenzione del cardinal Caraffa, che con bugiarde relazioni e con infinte scritture avesse ingombrata di quelle orribili larve la fantasia del pontefice a fine di precipitarlo per impeto di terrore ne' più disperati consigli. Ma veramente i

meglio informati negano che'l Caraffa in quella stagione possedesse tanto d'autorità col zio, e di signoria co' ministri, che tenesse il pennello in mano per dipigner a suo talento la scena agli occhi del papa. Onde il più simile al vero è, che torcendo egli a mal uso la natura, e l'età sospecciosa di Paolo, e ricercando e stipando l'ombre da tutti i lati, fosse più tosto falso comentatore che falsatore: e che i ministri del papa gli secondassero, o ingannati anch'essi, come non consapevoli di tutta la tela, senza la cui piena contezza non si può ben giudicare, o dubitando che'l mostrar eglino poca stima di que' sospetti fosse per interpretarsi poco zelo della salvezza del principe.

Il papa dunque tutto agitato chiamò a se (1) molti cardinali ed ambasciadori di quelli che stimava più indifferenti, fra i quali l'inglese, quel di Portogallo, e quel di Vinezia ed alla presenza di essi richiamandosi de' torti che sosteneva dagli imperiali, e giustificando le sue azioni, diede a veder la necessità che aveva di ri

(1) Lettera del cardinal Farnese al cavalier Tiburzio de' 9 d'ottobre 1555.

« IndietroContinua »