Immagini della pagina
PDF
ePub

poi avea pertinacemente sostenuti gli errori in faccia d'un suddelegato apostolico. Onde riferitasi più volte (1) la sua causa dal cardinal Puteo nel concistoro, fu quivi dannato non solo alla privazion della mitra, ma della vita, nella forma usata da' tribunali ecclesiastici, decretandone la consegnazione al braccio secolare che lo diede alle fiamme. Amministratore perpetuo di quella chiesa per nominazione della reina fu deputato (2) il cardinal Polo; facendone il papa un'ornatissima laudazione, e constituendolo nella classe de' cardinali preti, sì com'egli allora di fatto prese l'ordine sacerdotale. E perchè in quel regno nel tempo della scisma s'erano fatte, secondo che riferimmo, gravissime usurpazioni di beni ecclesiastici, alcune da' privati, altre dalla corona, le seconde con più larghezza furono riparate dalla reina intorno alle prime si giudicò profittevole l'usar condescensione, per non arrolare tutti gli usurpatori agli stendardi

(1) A'29 dinovembre, e a' 4 di settembre 1555, come negli Atti Concistoriali.

(2) Agli 11 di settembre 1555, come negli Atti Concistoriali, ed anche nella vita del Polo.

della non bene abbattuta eresia, col soldo di sì grave interesse.

Mentre la Chiesa ricuperava nell'Inghilterra, s'accrescevano le sue perdite nella Germania. Tennesi (1) la dieta in Augusta dopo la ricordata partenza del Legato Morone. Il nunzio Delfino, risaputa l'elezion di Paolo IV, chiese d'aver successore, come si fa per usar modestia, e per sottrarsi al rischio di manco onorevole rimovimento, non per desiderio d'impetrazione e gli fu risposto, che venisse in Roma per informare il pontefice di quelle faccende, e fra tanto raccomandasse i negozi a Luigi Lippomani vescovo di Verona, il quale di là passerebbe, essendo inviato dal pontefice per nunzio in Pollonia, a fine di conservar nella fede quel regno, a cui molto già si stendeva il malore della vicina Germania. Pervenuto il Lippomano ad Augusta, congiunsero amendue ogni forza de❜loro ufficii col re, perchè non consentisse a verun pregiudicio della religione ortodossa. Indi partitosi il Delfino per Roma, diè il Lippomano a Ferdi

(1) Tutto si narra nella già detta Relazione del Delfino al Carrafa.

nando una ponderosa scrittura, dove mostrava che le quistioni di fede non hanno altro tribunale che la sedia apostolica. Ma veggendo presagii di sventurata conclusione, riputò miglior partito seguire il suo viaggio in Pollonia, che rimanere in persona di rappresentator pontificio, spettatore poco onorato di quelle offese alla religione, delle quali non poteva essere impeditore efficace. Il re Ferdinando confortò con lunga orazione gli ordini all'unità della fede, e alla pace. Dipoi scorgendo gli umori non ben disposti, nè potendo operare coll'autorità, e col consiglio d'alcun ministro apostolico, giudicò buono di non deliberare l'articolo riserbato, in quale de' quattro proposti modi si potesse ciò conseguire, ma di rimetterlo ad un' altra futura dieta. Ben fra tanto consenti a gravissimi detrimenti della religion cattolica, non però a perpetuo, ma fin alla concordia finale. Scusavasi egli di ciò, apportando, che aveva richiesto d'ordini specificati l'imperadore, esortandolo alla pace con la Francia, la quale anche era promossa dalla reina Maria, stimolatavi dagli ufficii del cardinal Polo: ed avergli

ricordato esser questa l'unica arme per franger l'orgoglio de' protestanti: ma che Cesare in cambio di mandargli le ricercate commessioni, gli aveva in secca forma risposto, non poter egli e per malattia di corpo, e per distrazione di guerra applicar l'animo agli affari dell'Alemagna : onde a esso Ferdinando ne rimettea la disposizione. Che in quel tempo quasi tutte le città, e i signori germanici stavano fra se in differenze, e inimicizie per contese o di religione, o di stato: il che cagionava la ruina del paese. Che mentr' egli dimorava alla dieta in Augusta, i principi protestanti di potentissime famiglie, come di Sassonia, di Brandeburgo, e d'Hassia, eransi ragunati a Naumburgo, quasi in una contraddieta, ed avevano scritto a lui di voler confermare una certa lega, la qual chiamavano ereditaria fra loro, per esser ad ogni accidente uniti, ed in pace : il che voleva dire, per esser disuniti ed in guerra con Cesare, quando ricevesser molestia nella libertà di lor setta. E finalmente conchiudeva il re in sua discolpa, ch'egli niente aveva fatto, salvo approvar ciò in che erano convenuti unitamente cattolici

T. VII.

11

ed eretici, ecclesiastici e secolari. La sustanza del recesso fu.

Che ne Cesare, nè verun signore cattolico potesse molestar quelli della confessione augustana per l'ordinazioni che avevano statuite fin allora, o che statuissero nel futuro: nè questi scambievolmente i cattolici o ecclesiastici, o secolari.

Che chiunque non s'atteneva nella religione o all'una, o all'altra delle prenominate parti, fosse ischiuso dalla concordia.

Che niuno fra gli ordini dell'imperio dovesse allettare alcun signore, o alcun suddito di esso alla religione sua propria, nè prendere la tutela de vassalli contra il padrone: e ciò senza pregiudicio di quegli stati che per antico diritto potevano eleggersi il pro

tettore.

Che se i vassalli o degli uni, o degli altri volessero con le famiglie mutar paese, e vendere i beni, non fosse loro disdetto; salvo tuttavia il diritto de'signori nelle persone servili: abbondando la Germania di servi obligati alla gleba, come parlano i legisti.

Che quanto era agli spogli fatti de beni ecclesiastici, si rimettevano alla concordia di Passavia, in virtù della quale sospendevansi

« IndietroContinua »