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lettera di Bastiano Gualtieri vescovo di Viterbo, sustituito da Giulio III per nunzio in Francia al Santacroce, valse di un'acqua fredda che convertì tutto quell'ardore in un vano e mesto fumo. Benchè Cesare l'anno addietro avesse escluse le proposte d'Enrico, nondimeno la variazione dello stato gli fe allora variar consiglio. Aveva egli dall'una parte in quell'anno migliorate le condizioni del suo possesso con la dedizione di Siena, e con la cacciata de' Francesi da gran parte della Corsica dall'altra il grande, e non ben confermato acquisto dell'Inghilterra era un frutto che richiedeva d'essere stagionato con l'aria dolce della quiete, e senza venti che soffiassero da' confini. Apparivano gli avversi pensieri del papa, i quali non altronde potevano conseguir l'effetto se non dal braccio di Francia. Carlo, e sazio di questo mondo, e sollecito dell'altro, avea rinunziati al figliuolo, perciò chiamato dall'Inghilterra, il dì venticinque d'ottobre i paesi de' Fiamminghi, e'l giorno diciassette di gennaio tutti gli altri reami, e stati patrimoniali. E già s'apprestava qui

vi a fare un simil rinunziamento dell' im

perio al fratello nella futura dieta, a fine di ritirarsi in un angolo religioso della Spagna, ciò che mandò poi ad opera il prossimo agosto, per attendere totalmente alla servitù di Dio, e non al dominio degli uomini. Onde stimava pro del figliuolo, che alla novità di sì vasta soma potesse applicare intera la forza delle giovanili sue spalle, e non distratta nella pugna con si poderoso avversario. Perciò preponendo la sustanza all'apparenza, e la salute al romore, accettò la proposta : ed egli si come Cesare, Filippo sì come signore de' principati ereditarii, convennero a' tre di febraio in una sospensione di armi a cinque anni col re di Francia, senza esservi pur menzione del papa (contra (1) ciò che, ove ella si stabilisse, ne avea predetto il cardinal di Loreno) come nè amico dell'uno, nè palese ancora per confederato dell'altro. Di questa conchiusa tregua diè il nunzio le prime novelle, senza che il re o i suoi ministri ne facessero verun motto al pontefice. Egli e i nipoti sentendosi precipitati dagli eccelsi proponimen

(1) Appare dall' allegata lettera del cardinal Farnese al duca Ottavio, da Monte Roso.

ti, e lasciati preda inerme a si gagliardo, e provocato nemico, rimasero attoniti, ed angosciosi. I primi consigli furono, scriver tosto al duca di Somma, perchè se l'accordo non era in termine inrevocabile, studiasse a tutt' uomo per disturbarlo. E la lettera fu dettata in nome del cardinal Carrafa dal Casa con eloquenza uguale sì all'ansietà del padrone, si al valore, anzi all'affetto ancora del segretario, a fine che il duca al re la leggesse: com'egli fece, veggendolo più volte arrossire in faccia : tanto è il dominio della ragione ben espressa, eziandio sopra le più sublimi potenze. Quivi con maniere quasi disperate, e perciò più libere, si rimproverava ad Arrigo la rotta fede, la quale insegnerebbe ad ogn'italiano quanto valessero le promesse francesi, e farebbe rimaner l'Italia in assoluta disposizione degli Spagnuoli. Aver assai volte detto il papa al cardinale che l'incitava alla lega: se io mi determino di entrare in dispiacere con gl'imperiali, che faranno questi tuoi francesi? Vedi, che non mi lascino poi, quando avrò bisogno di loro. Il cardinale aver ingannato, e precipitato il zio per essersi ingannato egli nel confi

darsi che i capitoli soscritti da un re di Francia non fossero un appoggio di canna da rompersi il dì vegnente. Non esser bastevole scusa del re, il papa aver detto sempre che desiderava la pace: quando ben sapeasi, che dalla sua bocca non poteva uscire diversa voce. Nè altresì, che le condizioni fossero state dal re offerte fin l'anno precedente, poichè avendole allora ricusate l'imperadore, ed essendo entrato il re in nuova convenzione col papa, lo stato dell'affare s'era mutato. Ma conoscendosi che i rispetti della ragione allora penetrano più vivamente, quando sono aguzzati alla cote dell' utilità, fu nella lettera posto avanti, ch' eziandio secondo la misura dell'interesse scorgevasi al re tanto mal convenevole quella tregua, quanto ella per lui sembrava più vantaggiosa. Ben aver conosciuti Cesare questi apparenti vantaggi del re e pur esservi condesceso eziandio con si grave scapitamento della riputazione: senza fallo non mosso altronde che dalla notizia delle sue poche, e dell' altrui molte forze, onde prevedeva nella guerra più gravi iatture. Come dunque avrebbe potuto resistere, agli

urti non del re solo, ma del papa, e di molti principi italiani, che sarebbono cospirati alla sicurtà, ed alla gloria di ridurre a libertà la patria comune? Perquei cinque anni di riposo gli Spagnuoli ristorerebbono le afflitte forze, s'assoderebbono nel possesso dell'Inghilterra, porrebbono il giogo a quasi tutta l'Italia, ove mancherebbe fra tanto o'l vivere, o'l potere, o l'ardire agli oppressi principi: e in fine risorgerebbono più feroci a vendicarsi de'colpi dati lor dalla Francia, e a lavare col sangue di essa l'ignominia pre

sente.

Ma ottusi furono questi pungoli, da poi che l'accordo era stabilito: del quale giunsero poi anche, quantunque tardi, le contezze da' ministri franzesi, con le scuse già prevedute da' pontificii, e nella ricordata lettera riprovate. E oltre a ciò s'intese, che v'era concorsa l'opera del Legato Polo; il quale, regolandosi dalle commessioni vecchie ricevute da Giulio, e non mai a se rivocate, s'era avvisato d'adoperare non solo in giovamento del cristianesimo, ma in soddisfazione del suo signore, spronando a questo trattato

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