Immagini della pagina
PDF
ePub

una lettera d'intrigatissima cifera scritta al duca d'Alba da Garzia Lasso della Vega agente in Roma del re Filippo. Onde cresciuta coll' oscurità la curiosità e la gelosia, e riputandosi che le lettere fosser mandate da Giannantonio Tassi maestro delle poste dell'imperadore, fu subito fatto pigliare anche il Tassi per trarne luce. Di quest'ultima esecuzione avvisato la mattina l'ambasciador cesareo, e nescio della prima intorno al corriere, andò frettolosamente all'udienza del papa a fin di ottener la liberazione di quell' ufficiale di Cesare. Or la disavventura portò che Garzia Lasso ne venisse al palagio tra la comitiva dell'oratore: di che tosto informato Paolo, mentre l'ambasciador gli parlava, fe condurre Garzia Lasso in castello. Nè ciò dall'ambasciadore fu inteso prima che egli uscisse dal papa; il qual gli fu poscia inaccessibile quella mattina. E finalmente si rinvenne che la cifera conteneva esortazione al duca d'assalir lo stato ecclesiastico mentr' era si mal fornito. Il pontefice, veggendo negli Spagnuoli, che all'apparenze esteriori corrispondevano gl'interni consigli d'opprimerlo, commosso dal ti

more e dall'ira, volle risentirsi con solenni minacce, o per atterrire, o per non mostrarsi atterrito: e fe comparire nel concistoro il di ventisette (1) di luglio Alessandro Pallantieri procurator fiscale, Silvestro Aldobrandini avvocato fiscale, Gianfrancesco Bini fiorentino un de' suoi segretarii, e Giovanni della Save francese amendue gli ultimi cherici del collegio, e il Save insieme notaio camerale; i quali in solido si rogaron dell'atto assistendo al pontefice Paolo Consiglieri maestro di camera, ed Angelo Massarelli già segretario del concilio, ed allora del collegio, che notaronsi nello strumento per testimonii. Conviene che'l fatto fosse già preveduto, poichè tra' cardinali quivi presenti non vi fu veruno degli spagnuoli. L'Aldobrandino supplicò al papa che volesse ascoltare da lui un'instanza porta ivi a se in iscritto dal Pallantieri. Essa conteneva che i ministri di Cesare e del re Filippo, e massimamente il duca d'Alba vicerè del secondo, e luogotenente del

(1) Il tutto è negli Atti Concistoriali, e con più minute circustanze fra le scritture de' signori Borghesi.

primo, macchinavano apertamente contra lo stato ecclesiastico, e contra la stessa città di Roma; non solo ricettando e proteggendo i Colonnesi scomunicati e dannati di lesa maestà, ministrando loro danari, e capi di guerra, e specialmente un tale Aldano; ma preparando assalti alle terre del papa, ed un nuovo sacco alla sua reggia. Non poter ciò avvenire senza notizia de' loro principi. Questa notizia, secondo la disposizion delle leggi, provarsi per conghietture: le quali in tal caso erano robustissime; il tempo diuturno, i fatti notorii, le spese grosse, oltre alle prove che sopra la participazione de' medesimi principi risultavano da varie segrete contezze, le quali non era tempo nè luogo da riferire. Tutto ciò non pur esser opposto alla Bolla dal pontefice promulgata contra i Colonnesi e i loro fautori; ma eziandio alle investiture e a' giuramenti prestati nel feudo del regno napoletano, il cui diretto dominio appartiene alla Chiesa. Per tanto il fiscale supplicar alla santità sua, che delegasse cardinali, i quali conoscessero questa causa: ed ove il fiscale provasse le cose addotte, dichia

rasse dall'ora presente i già detti ministri e principi incorsi in tutte le pene di maggiore scomunica, di caduta dal feudo, di privazione degli onori e degli stati; s'assolvessero i sudditi dal giuramento; e i loro dominii s'esponessero per lecito acquisto agli occupatori. Il pontefice di sua propria voce ammise l'instanza nella solita forma se ed in quanto era di ragione: e disse che sopra la delegazion de' cardinali giudici, e l'esecuzion delle cose richieste, avrebbe tenuto consiglio co' padri; e, uditone il parer loro, maturamente risposto.

Nè fra tali dimostrazioni più strepitose che vigorose intralasciava egli le diligenze di maggior efficacia. Nella prefata lettera di Garzia Lasso nominavansi varii per confidenti di Cesare, e fra gli altri Ascanio della Cornia. Onde il papa nuovamente insospettito di lui, il fe chiamare per udir sue discolpe. Ma quegli, temendo gl'impeti del pontefice, con varie scuse prolungava la venuta, e per conseguente accresceva la suspicione. Tal che il papa commise a Papirio Capizucchi, che andasse a Velletri con molti soldati a

cavallo, e prendesse Ascanio. Spiato ciò dal cardinal della Cornia, fe precorrere la notizia al fratello; la quale gli arrivò appunto quando altresì Papirio arrivava alle porte di Velletri. Onde nello stesso momento per l'una di esse entrò Papirio, e per l'altra scappò Ascanio, perseguitato a tutta briglia da' cavalli di Papirio. Ascanio, volgendosi al mare, corse a Nettuno; e quivi sì come fu conosciuto per capitano del papa, così di leggieri diede a credere che i cavalieri seguitatori erano soldati suoi contra di lui ribellati. Si che le guardie di Nettuno uscirono contro ad essi; nè prima rimaser disingannate, che Ascanio con un solo famiglio si fu posto in salvo per opera d'una barchetta. Su la quale condotto a Napoli, fu accolto con grand' onore dal duca d'Alba; che ne ritrasse le debolezze dello stato ecclesiastico, e si rincorò maggiormente all'impresa: stimolandolvi tanto più Ascanio, perchè il papa, infocato d'ira, avea riserrato in castello il cardinal della Cornia, e spogliati amendue di tutti i lor beni.

Ma il duca, non avendo ancora nè apparecchio di forze, nè determinazione

« IndietroContinua »