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di cuore, in parte per ottener la liberazione di Garzia Lasso, a cui dalla ferocità di Paolo temeva la morte, in parte per giustificar la sua causa, mandò a Roma Giulio della Tolfa conte di San Valentino con varie lamentazioni da esporre al papa che tutti i parziali di Cesare e del re Filippo fossero da lui maltrattati, imprigionati i ministri, l'ambasciador vilipeso: nel monitorio contro ad Ascanio contenersi, ch'egli era ricorso a' nemici della sedia apostolica: e così dichiararsi per tali il vicerè e i suoi principi. Della instanza fatta dal fiscale non ebbe mandato il conte di portar querele, come o non fatta, o non saputa fin allora dal vicerè. Nel medesimo tempo il marchese di Saria orator di Cesare e del figliuolo, avendo informati amendue con maniere acerbissime degli oltraggi che riputava fatti a se ed alle loro maestà in varie azioni del papa, ne ricevette risposte conformi alle proposte. Onde significò di voler domandare al pontefice licenza d'andar altrove per affari e per ordinazion de' suoi principi. Il che vedevasi ch'era un troncare ogni filo di nuova unione. Perciò il papa

messo l'ostili offese fattegli dal vicere; al quale rimproverò tradimento, e violazione del diritto delle genti, quando assaliva con forza d'armi cui egli allo stesso tempo affidava con trattati di pace. Ma, che Iddio avrebbe protetta la giustizia, e punita la fraude. E così licenziatolo il fe menare in castello per vendicare in quel ministro l'infedeltà del principale: e vel tenne fin che poi si fe la concordia.

Stava il papa in grandi angustie per la mancanza e degli apparecchi, e non meno del Carrafa: il cui spirito bellicoso quanto era mal acconcio per governare in pace, tanto era necessario per amministrar la guerra. E però con frequenti corrieri ne avea sollecitato il ritorno: ma questo per esser fruttuoso non poteva esser frettoloso. E qui per chiaro intendimento de' fatti mi convien rappresentar agli occhi de' lettori con poche linee il vario corso del suo negozio in Francia.

Le secondarie commessioni del pontefice portate dal cardinale non poterono rimaner si occulte, che fin da principio non fossero o risapute, o conghietturate da Cesare; ma, secondo che avviene in ciò

che si vede all'oscuro, con qualche errore, e specialmente riputandole come primiere, e come uniche. Ond'egli chiamò a se l'ambasciador di Vinezia (1) residente appresso di lui, e gli disse, che'l cardinal Carrafa ne andava in Francia con apparenza di trattarvi la pace, ma con intento di farvi romper la tregua, e di stabilir confederazione col re; ad un figliuolo del quale si destinasse Napoli, ad un principe d'Italia Milano; si cedessero al cardinal Carrafa dalla reina figliuola di Lorenzo de' Medici già duca d' Urbino le sue ragioni in quella ducea, e se ne spogliasse il signor presente, e s'offerisse a'Vineziani parte della Sicilia. Segui Cesare, che per addietro la republica s'era tenuta dall'unirsi con lui per dubbio ch'egli aspirasse all'universal signoria dell'Italia : di che per assicurarla offeriva di confederarsi a pura difesa, e di darle alcune terre. Avvisato di ciò il cardinal Carrafa, e parlandone all'orator vineziano dimorante in Francia, negò quello, ch'era

(1) Lettera del cardinal Carrafa al duca di Paliano da Fontanableo a'13 di giugno 1556, fra le scritture de' signori Borghesi.

falso, appartenente al duca d'Urbino: e nel resto rispose, che se tali cose fossero opportune, se ne rimetteva a quel senato; ma, che si fatte opere si facevano con l'armi in tempo di guerra, non con le parole in tempo di tregua. E che nulla si sarebbe tentato se non in servigio della republica; della quale egli ed i suoi già erano membra per la nobiltà vineziana, del cui privilegio la signoria gli aveva onorati. Poco appresso udì qualche voce, che per differenza sopra il riscatto de' prigioni la tregua fosse in pericolo di rompimento del qual pericolo, che all'affetto suo diveniva speranza, speranza, curiosamente studiò di certificarsi: ma ritrovolla syanita; perciò che l'imperadore tra per desiderio di quiete, e per dimostrazione di generosità era proceduto in ciò con ogni larghezza. Venne per tanto il cardinale col re alle proposizioni sopra la pace, e sopra'l concilio: e riportò da lui amplissime offerte (1) di rimetter la pace nell'as

(1) Due lettere del cardinale Carrafa al duca di Paliano, l'una da Fontanableo a' 20 di giugno, l'altra dall'Ossea a'17 di luglio, fra le scritture de' signori Borghesi.

soluta podestà del pontefice; in cui balia fosse il giudicare, e l'arbitrare eziandio a suo pregiudicio; ben sapendo che la proposta ne sarebbesi accettata da Cesare, nè in tal caso messa in effetto dal papa se non a vantaggio suo. E quanto era al concilio, approvò Arrigo il pensiero di celebrarlo in Laterano; dicendo che vi sarebbe concorso con tutti i prelati della Francia. Il Carrafa, invanito da queste offerte e dagli onori soprabbondanti che riceveva, secondo l'uso de' principi, larghi ne' grandi affari di tal moneta per la cui spesa non impoverisce l'erario, cominciò ad avvisarsi una onnipotenza. Onde ragionava coll'ambasciadore imperiale intorno al futuro trattamento della pace con termini di dominio: che i principi dovevano informare il papa delle loro ragioni acciò ch'egli ne sentenziasse per giustizia; ed in ciò non pur accettare i suoi consigli, ma ubbidire a' suoi mandamenti. Nè però l'ambasciadore di questi vocaboli turgidi si prese noia ; ma sapendo la cupidità che'l suo signore avea della pace, rispose che Cesare v'era presto: e perchè la cagione potissima della guerra pareva essere stata

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