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Filippo in Italia, fosse richiamato il Rebiba perchè cessava la materia della sua legazione. Non potè già tornare il cardinal Carrafa si tosto, come il papa tutto confuso e trepido richiedeva: poichè alla difesa del zio non era manco necessaria la sua presenza in Francia che in Roma, a fine di convertire le grandi promesse in effetti impresa difficilissima nelle corti reali. Partissi egli ultimamente sul fin di agosto, non senza prevederne qualche pregiudicio all'esecuzione; ma tuttavia recando danari, e comandamento che un corpo di soldati guasconi dimoranti in Corsica passasse alla custodia di Roma, sì come avvenne. Arrivarono i due Legati verso la metà di settembre, ricevuti dal pontefice senza veruna solennità: come non dicevole a ministri ed a tempi mal fortunati.

La venuta del cardinal Carrafa non potea più ritardarsi per dare assetto a' disordini, sollevamento al terrore, e spirito al negozio, posta la grand'età, e la picciola esperienza del papa, non pur intorno alle cose belliche, ma politiche. Aveva il duca un esercito mediocre di numero passando di poco dodici mila combattenti,

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ma eccellente per disciplina e per valore, e formidabile per l'animo infiammato dei capitani, il più de' quali facevano per se la guerra, a fine o di ricuperare i beni lor tolti, o di vendicar le offese lor fatte dal pontefice. Per tanto gli uomini d'arme ubbidivano a Marcantonio Colonna : i cavaileggieri avevano per general condottiero il conte di Popoli, nel quale lo stretto parentado col papa aguzzava l'ira per l'oltraggio sostenuto con la privazion dell'ufficio, e con l'esclusion dal palazzo : mastro di campo generale era Ascanio della Cornia alla cura dell'artiglieria soprastava quel Bernardino d'Aldano menzionato nell'instanza del fiscale. Non fu arduo ad un tal esercito l'occupar tosto molti luoghi con l'arme, e l'ingombrarli tutti con lo spavento. I sudditi de' Colonnesi, come accade negli stati posseduti per lunga età e con affezione da una famiglia, per la maggior parte si diedero spontaneamente agli antichi signori. Nè molto andò, che per difetto di provvisione convenne rendersi ad Anagni, terra che avevasi in conto per fortezza di sito, e per copia di vittuaglie adunate. Il vicerè a

fine d'alleggerir l'odio alle sue armi, e di seminar gelosia tra'l pontefice e i cardinali, accettava le dedizioni a nome del collegio, dichiarando sè pronto di rendere i luoghi o ad esso, o al futuro pontefice.

Del qual artificio tosto il papa avvedutosi ed alteratosi, ne informò una general congregazione di cardinali. Essi, mostrata indegnazione del fatto, pregarono il Bellai francese loro decano, che ne facesse per lettere grave lamento col duca a nome comune: quasi gli riputasse scismatici o ribelli, che volessero accettare ciò ch'ei toglieva al loro supremo principe e capo. Questa forma d'operare non poter essere in grado alla pietà del suo re, e sopra tutti dolersene il cardinal di s. Giacomo suo zio per un uomo del quale mandarono questa lettera, segnata il di terzo decimo di settembre, e recata al duca mentr'egli appunto stava ad assedio sotto Anagni. Il vicerè di presente rispose, ringraziando i cardinali che l'avvertissero di astenersi da quelle azioni che non potevano gradire alla pietà del suo signore: la guerra essersi mossa da lui a forza, se

condo le ragioni che aveva significate al sacro collegio per la voce del Loffredo: per ciò in fin che vivesse Paolo IV, fargli mestiero di mantenere in protezione del re le terre occupate. Ma perchè sua maestà gli avea data ferma commessione di restituirle ad ognora che'l pontefice morisse, ed in tal caso il governo dello stato ecclesiastico apparteneva al collegio, però egli avea voluto obligarsi con la predetta dichiarazione di non ritenerle nẻ pure que' pochi di che si frapponessero o fin all'elezione del nuovo papa, o fin alla venuta del nuovo comandamento reale. In ultimo iterava le sue preghiere col collegio e col decano, che disponessero il pontefice a consigli più paterni, e più giusti.

Questa conclusion della lettera, e lo sbigottimento che si scorgeva in Roma per la perdita già poi seguita d'Anagni, mosse alcuni cardinali a prender col papa quella libertà che s'usa nel tempo de'gran pericoli, i quali sbandiscono l'adulazione, ed a mostrargli la necessità di trattare accordo a che assentendo egli, mandò il giorno decimosesto di settembre al vi

cerè fra Tommaso Manriquez Domenicano, con lettere del cardinal di san Giacomo a proporre una sospension d'arme, cui durante si praticasse di pace. E perchè il vicerè non volle sospensione, ma ben si mostrò inclinato al negozio se'l papa constituiva una congrega di cardinali non passionati, con cui brevemente avessero potuto trattare della materia uomini da lui mandati a tal fine, il papa la formò il di seguente: ponendovi fra gli altri il cardinal Pacecco, quel di san Giacomo, e'l Carrafa, e'l Rebiba dianzi tornati. A questa congregazione spinse il duca unitamente col Manriquez Francesco Pacecco suo segretario, il quale sempre l'aveva confortato alla quiete, e per tanto pareva acconcio mezzano di stabilirla. E'l di venti di settembre a'cardinali ragunati in casa di quel di s. Giacomo espose egli le desiderate condizioni.

Erano elle che'l papa si riunisse col re: gli promettesse di non mai molestarlo, e di non mai collegarsi contra di lui : liberasse i carcerati suoi vassalli e i suoi ministri, e reintegrasse Marcantonio Colonna, ed Ascanio della Cornia.

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