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egli altresì era in fortuna di gran vantaggio. Ma il vicerè, alteroso per tanta prosperità, le rifiutò con disprezzo e sdegno, e con lamentarsi del cardinale, che professandosi amorevole del re, nel consigliasse. Anzi dichiarò di non volersi pacificare, se Paolo non confessava publicamente l'error suo nell' essersi collegato co'nemici della corona cattolica, e la sua ingiustizia nell'aver molestati i dependenti di lei; e se non restituiva loro ogni libertà, ogni onore, ed ogni danaro. Il pontefice per contrario affermava d'esser apparecchiato prima alla morte, che a questo scorno della maestà pontificia. ; Aveva deliberato il vicerè d'accostarsi tacitamente a Roma, e d'assaltarla si sprovveduta, e spaurita com'era, nell'ora del buio, e del sonno, fidandosi di sorprenderla. Ed a questo fine subito dopo l'esclusione delle proposte le si avvicinò con l'esercito a mezzo miglio, premettendo Ascanio della Cornia ed altri capitani, che riconoscessero più da vicino in qual termine la città fosse. Ma, ricevendo i rapporti varii, e i più autorevoli tali che dimostravano starsi con vigilanza, e

con apparecchio, non volle tentar l'impresa.

L'una delle cagioni che ne rimossero il duca d'Alba, dicono alcuni che fosse la pietà di non rinovare in se l'infame vittoria d'un Borbone: maggiormente che avendo egli divisato di prender ben sì la città per assicurarsi del papa, ma di salvarla dal sacco, e promesse però due paghe a'soldati con obligarli ad astenersene, intese che i Tedeschi aveano determinato d'antiporre l' utile della preda all'osservanza della parola, e del divieto: onde il duca tanto più ebbe orror dell'impresa. L'altra cagione fu, ch' egli e saggiamente, e veramente riputò il consiglio troppo arrischiato, sospettando che qualche gagliardo stuolo di difensori prestati fors' anche da' vicini eserciti dello Strozzi, e del duca di Guisa, potesse aspettarlo in sito disastroso, e quivi far una strage de' suoi con diminuirgli la riputazione e'l vantaggio. Dissi non pur saggiamente, ma veramente; poichè, sì come tutti gli ambasciadori sono insieme spiatori, il Placidi ritornato dal campo del vicerè avea riferito essersi da lui quivi osser

vati alcuni indizii del mentovato proponimento. Onde quella notte che 'l duca avea destinata ad attentarne l'effetto, e che fe riconoscere da' suoi capitani lo stato della città, fu vero ciò che gli riportarono Ascanio della Cornia, ed altri con lui, che si scorgevano segni di gelosia, e d'apparecchio: però che perpetuamente si vegliò, e si stette in armi con militar diligenza: e'l cardinal Carrafa tenne sempre le guardie pronte, e ben ordinate, discorrendo egli di continuo a cavallo per la città fin alla luce. Il duca di Guisa ristette in Roma fin al giorno de' 19 di settembre, nel quale, cinque di dopo l'accordo, v'entrò il duca d'Alba a riverire il pontefice; e la sua dimora fu di non lieve profitto nel patteggiare. Per tanto il papa, intento ad una concordia che gli partorisse quiete e sicurtà, ma senza iattura o disonore, si rivolse agli uffici della republica veneta: la qual egli sapeva quanto e per zelo comune, e per util suo proprio bramasse la pace e 'l diritto nell'Italia, si che niuno de' principi con la potenza o spogliasse l'altro del suo, o gli togliesse la libertà

di comandare nel suo. Ed ebbe quivi per istrumento il cardinal Trivulzio poc'anzi da lui creato, ma non ancora di là partito. E appunto il re Filippo altresì dubitando, che per la moderna vittoria di San Quintino gli si potessero esser commossi contra per gelosia i principi indifferenti con aver essa a lui più nemici accresciuti che uccisi, com'era avvenuto in quella di Pavia ed in altre simiglianti, avea spinto a quel senato Francesco di Valenza cavalier di Malta, per significargli il prospero successo della battaglia, ed insieme la sua moderata intenzione. La qual era, ch'egli non aspirava ad ingrandimenti ; anzi, che allora più che mai si offeriva pronto di restituir al pontefice le terre occupate, ov'egli con patti ragionevoli concorresse a riporre in quiete l'Italia. Onde la republica deliberò d'inviare a questo trattato Francesco Frumenti (1) un de' suoi segretarii. Nè con minor sollecitudine fu mandato a promuoverlo Averardo de' Medici dal duca di Firenze; al quale troppo montava il poter corroborare col tepor

(1) Vita manuscritta del cardinal Commendone, d'Antonio Maria Graziani.

della pace le radici ancor tenere de' suoi principati. A'conforti d'amendue que’ministri si dimostrava inespugnabile il vicerè; a cui parea strano, che veggendosi egli in tal maggioranza di forze e di fortuna, dovesse accordarsi con equalità di condizioni, rendendo sterili d'ogni frutto le conseguite vittorie. Ma i mediatori gli diedero a vedere, che 'l nemico allora divien più formidabile, quando per la potenza e per la durezza insieme del vincitore divien disperato. Esser noto l'animo impetuoso ed infrangibile di Paolo. In qual turbazione porrebbe gli stati del re, e l'Italia, se facesse ciò che diceva, ritirandosi in luogo sicuro, e consegnando alla custodia de' Francesi e del presente duca di Guisa Roma e l'altre città del dominio ecclesiastico? Non volersi ciò riputar non futuro, perchè si conoscesse dannoso al papa: non sempre gli uomini operare con la prudenza; spesso con la passione: e massimamente lo sdegno essere una spezie di furore, che rappresenta per ben proprio eziandio un gran detrimento proprio, quando è offendevole all'offenditore. Queste ragioni ingagliardite

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