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consiglio sopra il modo della concordia: e appresso, riferire a lui: il quale avrebbe determinato ciò che fosse opportuno intorno alla religione. E benchè in questo decreto non si nominasse il pontefice come il debito richiedeva, nondimeno i consiglieri del re dissero a un segretario lasciato colà dal nunzio Delfino per far qualche buono ufficio senza rappresentazione di personaggio, ch'era necessario di perdonar ciò alla calamità de' tempi; ma che la determinazione riserbata al re intendevasi nella forma della ragione, cioè con dependenza dall'autorità del pontefice. Ben il Delfino fece dipoi querela contra gli ecclesiastici che v'avevano consentito: ma essi risposero, essersi avvisati che 'l papa non vi dissentisse, mentre avea lasciato venirvi da Roma Pietro Canisio della compagnia di Gesù, uno degli eletti per la parte cattolica. Il che dal pontefice s'era permesso, non perchè non riprovasse in genere tal sorte di collazioni; ma perchè, presupposto il male inevitabile di quel profano esperimento, gli piaceva che la parte cattolica avesse difensori dotti e fedeli. Anzi mandò egli da Roma un dottore, che stan

do quivi privatamente, adoperasse e la scienza, e la diligenza per custodire da ogni percossa la religione: e gli fu comandato ancora il dinunziar vietamento di quel (1) trattato come d'illecito in materie di fede, senza la precedente volontà del pontefice. Ma in ciò s'ebbe felicità: però che presedendo alla conferenza per destinazione del re Giulio Flugio vescovo di Naumburgo, ed interissimo cultore della fede ortodossa, fu proposto (2) forse per suo consiglio da' cattolici in primo luogo, ch'essendo sbandite per tanti editti imperiali delle diete tutte le sette, salvo della religione vecchia, e della confessione augustana, si convenisse unitamente innanzi a ogni cosa nella riprovazione dell'altre. A che acconsentirono cinque fra' deputati eretici; ma sette vi contraddissero, affermando che non si volea condannar le parti senza ascoltarle. Onde la riuscita fu, che nata perciò discordia fra i deputati de'protestanti, si partirono i

(1) Il tenore di questa proibizione sta nell' archivio Vaticano.

(2) Lo Spondano all'anno 1557, al numero 15, e al 16.

e

cinque, ed indi quei de'cattolici: e per tanto si disciolse la conferenza con poco onore ed applauso della parte eretica, senza ottener que'pregiudicii della religione antica, i quali potevano soprastarle dalle determinazioni di tali assemblee non congregate nè governate con la legittima autorità della Chiesa. Rimase nondimeno alla setta de' protestanti, eziandio per tenor del recesso ultimo di Ratisbona, la licenza concedutale ne'moderni conventi fin alla concordia finale

Per questa licenza fermata coll'autorità, con la presidenza, e col nome di Ferdinando, aveva il pontefice grave sdegno con esso e non meno per essersi da lui sospesa l'esecuzione de' bandi ne'suoi principati d'Austria contra coloro che prendevan la comunione laicale sotto l'una, e l'altra specie. Di ciò si scusava egli, perchè que'popoli veggendo un tal uso nella Boemia e in altre vicine provincie, e sapendo che'l cardinal Contarino nella dieta di Ratisbona aveva mostrata inclinazione a farlo conceder dal papa, e che i due nunzii Bertano e Lippomano ne aveano dipoi recata l'autorità in Germania, se

n'erano inflessibilmente invogliati, come di cosa non vietata per diritto divino, e nella quale il volgo credeva un tesoro spirituale inestimabile. Onde avevano congiurato di negare a Ferdinando qualunque sovvenimento ne' bisogni contro al Turco, s'egli non condescendeva alla lor petizione ed esso in tanta necessità niente avere lor conceduto, ma solamente sospeso il rigore de' suoi editti: in virtù di che non si toglievano o le pene spirituali della Chiesa, o le temporali delle leggi civili contra chi fa opere onde s'arguisca interna eresia: qual era il voler si pertinacemente quella comunione contra il divieto de'pontefici, il che denotava miscredenza o intorno alla presenza di Cristo sotto ciascuna delle specie, o almeno intorno alla podestà della Chiesa.

Aggiugnevasi nella mente del papa un altro grave dispiacere di Ferdinando per aver egli educato Massimiliano suo primogenito quasi in cura de' luterani: dei quali viveva attorniato, ed i cui predicanti liberamente permetteva nella sua corte di che avea data informazione al pontefice specialmente il nunzio Lippoma

no (1) con occasione del suo transito per la Germania, mentre, come s'è mostrato, andava in Pollonia. E la cagione di questa libertà usata da Ferdinando nell'educazion del figliuolo era stata il desiderio di tenere a lui ben affetti non i soli cattolici ma insieme gli eretici, affinchè i Tedeschi di concordia resistessero all'intendimento di Carlo, che l'imperio dopo la morte del fratello si trasportasse nel re Filippo.

Or avvenne, ch'essendo l'animo del papa si mal contento e adombrato di Ferdinando per rispetti di religione, Carlo V imperadore volle spogliarsi affatto d'ogni dominio, e rinunziare in vita l'imperio a lui come a re de' Romani. Il che alcuni, più creatori che conoscitori di macchine nell'opere umane, interpretavano per artificio; quasi egli cercasse coll'abbandonamento già posto in effetto delle cure imperiali, e prenunziato della dignità imperiale, far intendere a Ferdinando ed agli Alemanni, quanto fosse necessaria

(1) Sta in una relazione del Lippomano a Paolo IV a' 17 d'aprile 1556, tra le scritture de' signori Borghesi.

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