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rinunziamento di Carlo e la sustituzione di Ferdinando si dichiarassero espressamente per nulli, e che'l tutto si rifacesse da capo essere un voler medicare la trascuraggine occorsa con beveraggio di troppa amaritudine, e di troppa nausea al palato dilicatissimo di personaggi sì grandi. Potersi preservar i diritti del papa senza questa vergogna di due imperadori: ed esser prudenza ne' trattati di concordia procurare l'onor suo proprio in forma che sia senza disonore dell'altra parte: in diversa maniera gli accordi o non si conchiudere, o se la necessità li conchiude, assai tosto esser vendicati quasi ingiurie, e così tralignare in più arrabbiate discordie. Ma nè i consigli del Groppero, nè gli ufficii del re Filippo bastarono a muovere la severità di Paolo. Chiuse la vita in questo mezzo Carlo V il di ventuno di settembre nell'anno 58, e dell'età sua, e del secolo. La conclusione di questo suo estremo atto meritò veramente un singular applauso dal teatro dell'universo. Erasi preparato alla morte come vicina con una solitudine di due anni così disciolto e d'opere, e di ragiona

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menti, e d'affetti dagli accidenti mondani, i quali allora avvenivano, come s'egli fosse nato e vivuto sempre sotto un altro emispero, sì che ignorasse ancora di nome le città e le persone del nostro mondo: consumando tutte l'ore che da lui non riscoteva la cura necessaria del corpo, in quella dell'anima. E nell'ultimo suo male veggendo egli la stessa morte arrivata, la ricevette con ogni più valorosa costanza, e con ogni più cristiana speranza di miglior vita. Principe di felicissima gloria per aver fondata una monarchia che nella vastità dell'imperio, nel culto della religione, nella mansuetudine de' signori, nella eccellenza de' sudditi non cede a veruna che per qualunque età fosse in terra: e maggiormente a lui gloriosa, perchè non la fabricò con le stragi de'popoli, e con le ruine degli oppressi: ma essendogli venuta per beneficio di Dio pacificamente con legittima successione, o elezione, non ne fu pertuttociò scioperato posseditore, anzi impiegò sempre eroicamente la spada in difenderla da'maggiori principi e capitani insieme che da gran tempo innanzi avesse il genere umano. E

se a questa sua gloriosa felicità portò qualche nuvola l'essersi lui regnante sollevata l'eresia, questa medesima nuvola s'è poi convertita in un pareglio, mentre i successori di Carlo non pur ne hanno serbati intatti e i loro animi, e i loro regni, ma quivi hanno incontrata materia d'esercitar senza fierezza il valor dell'armi, varie sì nel tenore della fortuna, ma sempre laudevoli nella pietà della causa.

Giuntane a Roma la novella (1), si trattò in concistoro di celebrare nella cappella pontificia l'esequie consuete agli imperadori e'l papa vi fece un decreto di sì fatte parole: non volendo il pontefice che si tralasci quest'ufficio di religione per certo romore o fama diffusa d'una tal cedizion dell'imperio fatta da Carlo, della quale però non venne legittima contezza alla santità sua, determina, che l'esequie debbansi celebrare nel modo usato, dichiarando contuttociò, che per esse niun pregiudicio si debba apportare a sua santità, alla sedia apostolica, e alla sua autorità e giurisdizione, nè acquistarsi alcun diritto a verun altro. E

(1) A'12 di dicembre, come negli Atti Concistoriali.

dipoi la mattina che si tenne perciò cappella, e che vi cantò la messa il cardinal Pacecco, il papa mentre che s'andava in una congregazione di tutti i cardinali disse: che l'imperio era vacato per la morte di Carlo, e non pel suo rinunziamento, non essendo esso fatto in mano del pontefice, come si dovea, ma degli elettori.

Il rigore del papa fin a quel tempo erasi tutto esercitato con gli estranii, usando egli altrettanta tenerezza co❜suoi. Ma nel principio dell'anno 1559, ottantesimoquarto ed ultimo della sua età, fe conoscere, che da un animo severo niuna fervidezza d'amore rende sicura una continuata licenza. Cominciarono le ruine dei Carrafi, come per ordinario di tutti i gran favoriti, dalle accuse di coloro che non sono bisognosi del principe, nè de' potenti appresso di lui: onde se da loro ricevono dispiacere, si sfogano contra l'uno e contra gli altri ad un'ora, accusando a quello le azioni di questi, con certezza se non di colpire, almeno che la saetta non ritorni a se stessi nel petto. Il primo ad esercitar questa libertà fu il duca di Guisa: alle cui orecchie era pervenuto, che'l pa

pa avea ragionato con poco onore delle sue opere verso la sedia apostolica, verso il re, e verso la sua propria riputazione, per l'infortunata impresa di Civitella: e però egli intollerante dell'offesa, a fine o di vendicarsi senza aperta inreverenza contra il pontefice, e pur di trafiggerlo nel più vivo, o di riscagliare l'ingiuria in quelli che stimò suoi calunniatori appresso il pontefice, nell'accommiatarsi da lui non risparmiò alcuna efficacia della lingua per gettare ogni colpa sopra i nipoti. Onde tornato a casa disse a Pietro Strozzi: or vada chi si sia dal papa: ch'io gli ho fatto palpar con mano, che i suoi nipoti hanno tradita la sedia apostolica, e mal corrisposto verso il re, ed offeso me ancora che ho esposta la vita e l'onore per lor servigio. E ben il duca indi a poco in Francia comprovò col valore, che non era stato suo difetto il mal successo d'Italia, superando Cales ritenuto fin a quel tempo dagl' Inglesi, i cui re solevano dire, che nella signoria di quella fortezza tenevano appese alla cinta le chiavi della Francia. E di questa perdita giunse la trista novella al re Filippo in Brusselles quel giorno ap

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