Immagini della pagina
PDF
ePub

disposero di farsi capi, affinch'ella servisse loro di petto, i signori del sangue regio, e specialmente il principe di Condė fratello d'Antonio re di Navarra. Ed era il principe tra quei della sua famiglia secondo nel grado, ma primo nell'ardimento, si per impeto della natura, come per incitamento della condizione sublime di schiatta, bassa di fortuna, e però nutrice di spiriti sediziosi. A lui s'unirono i signori di Ciattiglione della famiglia di Coligni per l'emulazione con quei di Guisa, e massimamente Guasparre supremo ammiraglio di Francia, uomo di gran valore, di gran consiglio, di grand' autorità, di gran seguito. Avevano questi ordita una congiura di ritener la persona del re con titolo di liberarla dal servaggio, e dall'inganno de'forestieri; ma in effetto per fine di trarne a forza una pienissima libertà della loro setta, ed una preminenza di podestà eguale a quella della nobiltà pe'signori del sangue, da' quali fosse proporzionalmente compartita a'loro aderenti e dipoi (come fu creduto, e scritto (1) dal ré medesimo) se avvenisse lor

(1) In una lettera generale divulgata allora dal

fatto, e non occorresse insuperabile intoppo nel popolo di Francia divotissimo de' suoi re, trasportar la corona dalla casa Valesia, in cui allor dimorava, in quella di Borbone, cioè del re di Navarra, ch'erane un altro ramo lontano di grado, ma il più prossimo della stirpe reale. Scopertasi questa congiura su l'entrar dell'anno 1560, furono chiamati dalla reina i signori di Ciattiglione, in sembianza a consiglio, e a difesa per la qualità de❜lor carichi militari, ma veramente per separarli dal resto de' congiurati, ed averli in sua forza. Postosi conferenza con essi l'affare, lor sentenza fu, che avuto rispetto al numero immenso di quei che seguivano la nuova setta, si soprassedesse del procedere contra di loro fin al futuro concilio. Nondimeno secondo il più comune parere (1) degli altri, rimase stabilito eziandio con loro soscrizione un editto contra quelle novità; ma in forma languida, e riprovata da molti, benchè autori di concetti posati. Perciò che l'editto

re. E largamente di ciò lo Spondano nell'anno1560, al num. 6, e in molti seguenti.

(1) Agli 11 di marzo.

era tale che toltine i congiurati, e i ministri, o i predicanti eretici, si concedeva un perdono generale a coloro ch'erano rei per causa di religione, sol che dentro un breve tempo ripigliassero la cattolica. E di fatto, come interviene, che i perdoni quando appaiono dati per magnanimità partoriscono benivolenza mista di venerazione, quando per frigidità, in un col disprezzo fomentano l' insolenza; cosi dopo l'editto vedevansi più ardimentosi che mai gli eretici, e i lor protettori. E dall' altro canto essendo cresciuti appresso il re e i meriti del duca di Guisa in discoprire, ed opprimere con la prudenza, e col valore la spaventosa congiura, e'l bisogno della sua opera in difenderlo da simiglianti insidie future, ne crebbe ancora l'onore e la potenza, decretandosi ad esso dal parlamento di Parigi il titolo di conservador della patria, e constituendolo il re supremo ed universal suo luogotenente nel governo. Ed a proporzione di questi suoi accrescimenti crebbe anche l'invidia, e l'inquietudine degli avversarii, e per conseguente l'industria in loro di sollevar con tutti gli

sforzi le corna della novella setta, come armi con cui divisavano di cozzar seco, e d'abbatterlo.

Non erano ascoste queste nuvole tempestose agli occhi del real consiglio segreto, onde per dissiparle s' era investigata qualche maniera sollecita di sopir le differenze della religione, e deliberato perciò di convocar tutti i prelati, a fine di concordare col parer loro sopra ciò che si dovesse permettere nella credenza, ed ordinar nella disciplina degli ecclesiastici: il che veniva a riuscire in un concilio nazionale, sempre abbominato da'papi, come inefficace d'autorità con gli eretici a smorzar la scisma antica, ed atto fra' cattolici, per mancamento d'una guida infallibile, a suscitarne delle nuove. Tal che Pio si con gli ufficii a voce di Filiberto Naldi signor della Bordisiera, che fu promosso poi da lui al cardinalato, e che allora dall'ambasceria esercitata in tempo dell'antecessore e suo era dianzi tornato in Francia, si per lettere de'cardinali di Tornone, e da Este avea distornato il re da questo consiglio, e proffertogli con celerità il rimedio più valido, e più canonico,

del concilio generale. Lieto il re d'una tale offerta, mandò a Roma per la conclusione di quest' affare l'abate di Manna suo consigliero con una instruzione da comunicarsi al pontefice (1). Si commetteva quivi all' abate: che sommamente commendasse la santità sua di così pia intenzione, per cui adempimento gli offeriva il re ogni prontezza del suo favore, e del suo reame: e che insieme l'incitasse alla sollecitudine, facendogli sentire con riverenza e sincerità, che s'era veduto i pontefici antecedenti aver proposto, e convocato il concilio per mera sembianza: da che appena raunato, e concorsivi tutti i principi, per ogni leggiera occasione l'avean disciolto. Ciò non credersi della santità sua, anzi, che con la celerità in congregarlo, e con l'opere susseguenti fosse per tener lungi dagl'intelletti quella sospezione. Per desiderio del buon successo pigliarsi libertà il re di recar innanzi alla sua santità ciò che gli pareva acconcio rimettendone al sapere, ed all'autorità di lei la determinazione.

(1) Sta in un libro dell' instruzioni già dette nell'archivio Vaticano.

« IndietroContinua »