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E primieramente, che intorno alla stanza, egli approverebbe ciò che avesse approvato l'imperadore e'l re cattolico suo cognato; ma pregava il papa a considerare, che Trento pareva mal atto, e per l'incapacità d'albergar tanta moltitudine quanta si divisava che vi dovesse convenire, e per l'incomodità del clima, e del suolo testificata da' suoi prelati che vi avean dimorato in tempo di Paolo III: e massimamente perchè non vi sarebbono mai concorsi i protestanti, senza i quali non si potea tenere un concilio di piena salute a tutta la cristianità. Molto meno doversi pensare a convocarlo in forma che si levasse la sospensione fattasi sotto il pontefice Giulio perchè ciò sarebbe un voler presupporre le decisioni già quivi prese, ed alle quali i protestanti non erano stati uditi; sì che inverso di essi questa nuova convocazione parrebbe opera di vanità e di scherno. Nè il re intender qui d'entrar difensore di queste loro difficultà come giuste, ma solo di porre nella considerazione al pontefice, che senza il loro consentimento non s'otterrebbe il precipuo frutto del concilio, ch'era il riunire

e pacificare la Chiesa. E ben sapersi, che a quell'ultimo riducimento fattosi nel pontificato di Giulio, molti gran principi avevano ripugnato. Al presente il re di Spagna avergli significato, che accetterebbe quella mansione la qual paresse buona all'imperadore, come tale in cui dovesse convenire tutto l'imperio: e che però esso re di Francia avea mandato a Cesare il vescovo di Rennes a fin di sentire il giudicio suo. Fra tanto di varie terre che nominavansi, parere a se che la città di Gostanza fosse la più comunemente approvata perciò egli proporla al pontefice, il qual si credeva che nella determinazion del luogo non porrebbe cura ad altro che all'universal soddisfazione. Essere Gostanza presso a Milano; onde per quella via potrebbe sua santità riceverne frequenti novelle, ed anche ad ogni uopo senza gran disagio andarvi personalmente. E perchè sua beatitudine avea dichiarato non piacerle il sinodo nazionale che il re destinava, l'abate doveva in ciò dimostrarle, non esser questa nè cosa inusitata, nè illecita; perciò che essendo i vescovi della Francia consiglieri del re, poteva

sua maestà convocarli, qualora il sentiva opportuno, a fin d'udirne il parere. Non per tutto ciò essersi mai pensato a far novità veruna senza l'espressa autorità del pontefice, massimamente nelle leggi ecclesiastiche e nella dottrina : intorno alla quale il re avea tal fermezza e certezza, che nè pur gli cadeva nell'animo doverne colà seguir mutazione, ma che solo conveniva stabilire la maniera d'insegnarla, e d'esplicarla. Nondimeno, che quando alla santità sua non era in grado una tale assemblea nazionale, ed offeria senza indugio la generale, il re se ne sarebbe astenuto, purchè in effetto l'adunazion di questa non si prolungasse per modo, che sua maestà fosse costretta ad altra più sollecita provvisione, già da se impromessa, e della quale i prelati aveano però conceputa speranza.

A questa scrittura presentata dall' abate al pontefice, fu risposto con un'altra ; ; in cui con saggia tolleranza si tenne il papa di rinfacciare in difesa degli accusati antecessori quel che veniva a incolpar i principi: cioè, che la prima convocazione s'era fatta da Paolo con mille stenti, e

prorogata molt'anni per voglia loro, i quali chiedevano il concilio lontano, ma quando il vedevan propinquo, lo ricusavano e che lo stesso Paolo due volte aveva tenuti lungamente i Legati prima a Vicenza, indi a Trento in vano per difetto de' vescovi dependenti dalle corone: che la terza volta i prelati erano venuti a Trento in picciolissimo numero, e specialmente i francesi, de' quali anche tosto se n'era partito alcuno: che la traslazione a Bologna erasi fatta per necessità repentina senza notizia del papa, e quasi d'universal consentimento: che'l re di Francia l'aveva dipoi approvata: e che finalmente il concilio s'era quivi disciolto col parere del medesimo re per le fierissime opposizioni di Cesare che alla riassunzione in Trento ordinata da Giulio il re solennemente avea consentito e che dipoi s'era mutato di volontà, perchè il papa non avea voluto comportare ch'egli introducesse le sue milizie in un feudo della sedia apostolica e che al sinodo avea ripugnato il re allora, quantunque in verità quel contrasto d'armi non potesse recare verun ostacolo alla sicura venuta e dimo

ra in Trento de' vescovi francesi: tanto essere stato lontano Giulio dal mendicare scuse a dissolverlo, che non attendendo le protestazioni del re, l'avea proseguito, finchè le forze de' luterani aveano messi in fuga non sol tutti que' vescovi, ma poco dipoi lo stesso imperador Carlo V. Nulla di ciò volle rispondere il papa, come tanto noto che il rammemorarlo valeva più tosto a puntura che a discolpa, nè conferiva all'affar presente. Ma disse: che non era suo peso il giustificar le azioni de'predecessori: ch'egli certamente avrebbe operato in forma, onde non soggiacesse ad una simile imputazione: che concorrendo lui con sua maestà in conoscere il bisogno della prestezza, non sapea veder luogo dove più speditamente potesse il concilio convocarsi, che in Trento, perciò che di tal modo troncandosi tutte le disputazioni, era agevole con una parola il toglier la sospensione, quando altre volte già in quella stanza avevano consentito tutti i principi cristiani, eziandio i protestanti. E sopra ciò fu data copia all'abate d'una risposta fatta dianzi ad altra scrittura mandata intorno allo stesso dall'im

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