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Per intendimento di che, e di molte cose che seguiranno, cade in acconcio di far sapere (1), che i Senesi avean preso tedio del governo spagnuolo sotto il Mendozza: quasi egli col titolo di tenerli quieti, gli volesse tener soggetti. Ed era in verità quel ministro notato di soverchia alterigia, per cagion della quale aveva ancor gravemente irritato il papa, facendo battere per leggiera occasione il bargello di Roma: sì che l'imperadore, informato di questi modi, si dispose, non andò molto, a richiamarlo. Ma fra tanto sì come la specie non essendo fuori de'suoi individui, non s'ama (2) e non s'odia se non per cagione de' suoi individui: i Senesi, scontentati del Mendozza, avevano cominciato ad abborrire in comune il reggimento degli Spagnuoli. Di che avvedutosi egli, s'era posto in cuore d'assicurarsi de' loro denti col morso d'una cittadella, incominciandone l'edificazione. Ma essi, gelosi della

(1) Vedi specialmente l'Adriano nel lib. 9, e il Cini nella vita del G. duca Cosimo.

(2) Vita del cardinal Santacroce, e lettera del cardinal Dandino al cardinal Capodiferro de' 6 di agosto 1552.

natia franchezza, aveano cacciata e la guernigione spagnuola, e la fiorentina che serviva agli Spagnuoli, e i ministri di quell'opera: abbattendo nell'abbattimento di essa, al contrario di ciò che intendevano, la carissima lor libertà. Per ciò fare i Senesi contra gli Spagnuoli erano ricorsi al solito antidoto de' Francesi. Onde eccitatosi gran tumulto in Italia, e presso allo stato ecclesiastico, il papa fin sul principio di queste turbolenze avea mandato Legato a' Senesi per comporli il cardinal Mignanello lor cittadino, allegando al collegio (1) esempii di Leone, e d'altri pontefici che aveano fatto un simil onore a quella signoria. Dipoi esasperandosi le rotture, deputò due (2) Legati. L'uno fu il cardinal di Sermoneta, confidente a' Francesi, per indurre a quiete il cardinal di Ferrara, e'l signor di Termes, capi di quella parte in Italia. L'altro fu il cardinal della Cornia suo nipote, fratello

(1) In una congregazione concistoriale a' 13 di agosto 1552, come negli Atti Concistoriali.

(2) Nel concistoro de' 29 di maggio 1553, come negli Atti Concistoriali: e l'instruzioni sono fra le scritture de' signori Borghesi.

d'Ascanio che militava per gli Spagnuoli, indirizzandolo al duca di Firenze, perchè egli altresì concorresse ne' consigli pacifici. Più oltre, il papa medesimo passò a Viterbo (1), città confinante al Senese, lasciando la custodia di Roma al cardinal de Cupis, come a Legato, ed insieme al duca d'Urbino eletto da lui per capitano general della Chiesa con soldo annuale di trenta mila scudi (2). Ma tutti i ricordati ufficii riusciro a nulla per far sì che nei Senesi la troppa gelosia della libertà non gli traesse in servitù, e che ne' Francesi l'avidità d'entrar in Siena per difensori non desse agli avversarii opportunità di occuparla come signori.

Parimente nulla i conforti del papa mossero il re a non imitare nell' emulo quella soverchia fidanza delle prosperità presenti, la quale dianzi aveva condotto questo a divenirgli di superiore inferiore. Per tanto la risposta d'Arrigo fu: ch' egli

(1) Lo determinò nel concistoro de' due di giugno 1553, come negli Atti Concistoriali.

(2) Tutto sta ampiamente nell' instruzione data al vescovo Delfino nunzio al re de' Romani, da recitarsi appresso.

avrebbe consentito alla pace senza entrare in condizioni (1): che quand' anche desse soddisfazione a Cesare, non poteva assicurarsi d'una stabil concordia, e però non gli parea buono d'offerir cosa speciale, ma d'udir le richieste dell'altro. Cesare per converso non diffidava del suo valore, della sua potenza, e della sua fortuna, dalle quali aveva già ricevuto in que' giorni qualche notabile effetto nell'antidette conquiste, prima di Teroana tosto bruciata e distrutta, e appresso, di Edino (2) nella cui difesa cadde per un colpo d'artiglieria il duca Orazio (3) Farnese genero d'Arrigo, e poi rimaser prigioni molti gran cavalieri. Onde perchè (4) il re usciva personalmente a campo con oste poderosissima, l'imperadore altresi gli andò

(1) Tutto sta in una risposta fatta dall'imperadore al Legato Dandino l'anno 1553.

(2) A' 19 di luglio 1553, come nel Diario del maestro delle cerimonie e del Legato, e più ampiamente in due sue lettere de' 20 di luglio al cardinal del Monte, ed al papa.

(3) A'16 di luglio dello stess' anno.

(4) Lettere del cardinal Dandino al papa, e al Legato di Francia, e ad altri, segnate neʼgiorni 2, 16, 20 e 26 di settembre 1553.

incontro, benchè non si congiugnesse di persona all'esercito, come a non sì grosso di corpo che gli si confacesse un tal capo. Ma tra pochi giorni senza veruno memorabil successo tornò il re alle frontiere di Francia, e l'imperadore a Brusselles. Fra tanto per ostentazione di maggior coraggio nel maggior rischio, alla bassa offerta rispose Carlo con un' alta domanda. La qual fu, che si restituisse tutto l'occupato all'imperio, a'duchi di Loreno, e di Savoia, e a se nella Fiandra: si riponesse il duca Ottavio nella piena ubidienza della sede apostolica si rimovessero le milizie francesi dal territorio di Siena e a se fossero risarciti i danni fattigli nel mare finchè l'ambasciador di Francia risedeva appresso di lui, nè gli s'era dinunziata la guerra: riserbandosi di metter fuori altre condizioni nel processo del trattato. Proposte che a fine di esser accettate da' Francesi richiedeano appunto due sconfitte campali, quali sostennero dagli Spagnuoli dopo molt' anni. Onde per quell'ora la risposta di Francia fu il troncamento del negozio col silenzio. Il pontefice richiamò i Legati, perciò che

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