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chiesa. In trattar della terza cagione mentovata di sopra, disse, che, se ai cardinali in Francia per l'obligazione della residenza fosse disdetto lo stare appresso del re, é l'essere del suo consiglio, gli affari ecclesiastici rovinerebbono. Volersi cancellare quelle parole apparecchiate nel decreto, dove approvavasi, per giustificare l'assenza, la chiamata dei vescovi dal pontefice, purche essi non avessero procurato di esser chiamati. Render ciò un suono offendevole. Ma in vece di questo doversi cacciar da Roma e dalle corti dei re quei vescovi che vi dimoravano a fine di lor proprio acquisto. Soggiunse, che molti ordini pareano a lui opportuni sopra le provvisioni de' beneficii, e sopra le qualità non solo de' vescovi, ma de'minori curati, le quali cose montavano più che la residenza: con tutto questo, per non uscir dal tema, serbar lui ad altro tempo il parlarne. In discorrendo de' privilegii che fosse in pro di concedere ai vescovi residenti, annoverò fra essi la facultà (1) d'assolvere eziandio dai casi contenuti nella Bolla no

(1) Lettera del Visconti al cardinal Borromeo de' 10 di dicembre 1562.

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minata, in coena Domini: protestando che nol diceva per fine che ne scemasse punto l'autorità pontificale; ma perchè era certo, che coloro i quali commettessero si fatti peccati in Francia, non anderebbono a Roma per l'assoluzione, onde tornava in meglio il poterla essi ricever quivi, che il lasciarglivi morir senza,

Non minor lunghezza (1) usavano i padri nei lor pareri sopra il nuovo decreto della residenza, di quella che avessero dianzi usata sopra l'instituzione dei vescovi. Ciascuno biasimava questa lunghezza nel dire altrui, ma ciascuno vi cooperava nel suo. I Legati osservavano un parchissimo uso della podestà, imitando Iddio che permette i peccati, per non ristrignere altrui la franchezza dell' arbitrio. Il cardinal di Loreno, fraudato dalla speranza del seguito universale che avanti s'avea promesso, imputava ciò a vizio de' contraddittori; dicendo esser lui venuto con opinione di trovare (2) un con

(1) Parlano di ciò tutte le lettere al cardinal Borromeo in que' giorni.

(2) Lettere del Visconti al cardinal Borromeo a' 14, e a' 7 di dicembre 1562.

cilio migliore, e non ostinato. Ma come niun crede la superfluità nel suo dire, cosi nè ancora l'ostinazione nel suo sentire: onde ciascuno ha per ostinati i contrarii, come inflessibili dal falso, per costante sè, come fermo nel vero. Ora il cardinale mostrava di queste maniere tanta abominazione, e ne faceva si tristi augurii, che al segretario Pagnano, quando prese commiato per andare a Milano a festeggiar Natale coi suoi, commise, che riferisse al marchese di Pescara, non solo da questo concilio non potersi sperar buon effetto, ma qualche scisma. Ch'egli e i suoi Francesi erano poco stante per dipartirsi, ma protestando innanzi, come prima ne fosse data loro cagione.

Affliggevansi di tali discordie molti uomini pii, considerandovi il disonore della Chiesa cattolica. Altri, penetrando più a dentro, scorgevano in queste permissioni di Dio un' aperta confermazione della medesima Chiesa, il cui articolo fondamentale, e divisorio da tutte l'eresie è il conoscere un capo visibile, e soprano della religione: imperò che l'esperienza dimostrava a che starebbe il governo ec

clesiastico s'ei fosse tolto da un capo, e constituito in podestà di tutti i vescovi franchi e non dependenti; quando eziandio allora che sottostavano a un capo, seguiva tanta confusione, perchè il capo, condescendendo al tempo, esercitava in loro la podestà rimessamente.

Sopra il decreto erano tre le principali sentenze (1). Alcuni desideravano la dichiarazione, che la residenza fosse di ragione divina: ma il numero e 'l fervore di questi era assai scemato; non perchè molti nol riputassero vero, avendo saputo il Visconti (2), che tenutasi dal cardinal di Loreno un adunanza di teologi sopra quell'articolo, aveano conchiuso per questa parte: ma perchè veggendosi la necessità di rimetter le ragioni legittime dell'assenza al giudicio del pontefice, ben s'intendeva, che tal diffinizione farebbe gran rumore, e picciolo colpo.

Altri non voleano, che si passasse ol

(1) Lettera del Visconti al cardinal Borromeo e del Foscarario al Morone de' 14 di dicembre 1562, ed altre lettere di quel tempo.

(2) Lettera del Visconti al cardinal Borromeo a' 17 di dicembre 1562.

tre a quanto erasi stabilito in tempo di Paolo III, solo aggiugnendovi le speciali

escusazioni.

La terza opinione approvava il decreto nella forma proposta, ma con richiedervi ciascuno tante e si varie mutazioni, che quasi ogni parer di costoro proponeva un decreto particolare.

Il cardinal di Loreno diceva al Gualtieri cose mirabili intorno agli stimoli che riceveva dai prelati spagnuoli (1) per unirsi con loro: e fin raccontava ringraziamenti che taluno avea fatti al vescovo di Metz per la predetta libertà usatasi in parlare da quel prelato. Aggiugneva, che l'ambasciador Fabri, già tornato dalla corte, aveva portate novelle commessioni di proposte dispiacevoli a Roma; e ciò quasi per isdegno delle condizioni, sotto le quali il pontefice avea mandato in Francia coll'abate Nichetto il sussidio de' centomila scudi, Prometteva con tutto ciò, ch'egli avrebbe impedite così fatte domande. Ma suspicossi che 'l cardinale con amplifica

(1) Varie lettere, e cifere del Gualtieri al cardinal Borromeo de' giorni 7, 9, 10, 12, e 13, di dicembre 1562.

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