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l'ostentarsi per gran campione dell'autorità pontificia, venisse, per non sapere, a pregiudicarle ed a legarla: il che niente più rilevava che si facesse o con un laccio, o con altro, purchè insolubile. Onde s'offeri, che se i presidenti volevano, avrebbe ottenuto che Spagnuoli e Francesi concordevolmente si fossero soscritti a cotal sentenza. Ma ciò non diceva il cardinale perchè il desiderasse, avendo egli men duri sensi intorno a quella obligazione. E i Legati, i quali, toltone il Simonetta, erano alieni dallo Stella, non tralasciarono di sferzarlo in ciò appresso al pontefice nell' instruzione data al Visconti.

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Più altamente lagnavasi il cardinale per quello che intendeva nelle lettere di Roma: ciò era, che Pio dopo la morte del re Antonio avesse deliberato di trarre in lungo il concilio, con isperanza, che fra tanto egli quindi si partirebbe, tornando in Francia alla participazione del governo. Là dove il cardinale, tutto bramoso che 'l papa lo riputasse necessario, e lo sperasse giovevole, adirandosi di tali concetti ripugnanti ad ambedue queste condizioni, diceva, che ciò era un far dis

scorso à rovescio: però che in tal avvenimento i prelati francesi, privi di capo, sarebbonsi uniti agli spagnuoli, formando un corpo maggiore e più formidabile: al quale per avventura sarebbonsi accostati parecchi italiani. Anche uno degli ambasciadori veneti gli avea confermato, che 'l sospetto verso di lui era insanabile. E finalmente il duca di Guisa avealo ammonito con suoi caratteri da parte della reina, esser lei avvisata, che 'l papa avesse statuito di sicurarsi del cardinale col veleno o in Roma, dove intendea d'invitarlo, o eziandio in Trento. Onde il gran cancelliere, uomo avverso alla sede apostolica, lo stimolava ad operar sì fattamente, che quest' odio del papa non fosse indebito. Ma nelle calunnie interviene come nelle tragedie, che la soperchia atrocità dell'invenzione, levando la verisimiglianza, muove spesso in vece dell'orrore il riso. Ed appunto col riso quella enormità dal Gualtieri fu confutata, e quel riso senza più valse di purgazione. Anzi già il Lorenese avea rivelato in credenza quest' avvertimento mandatogli in nome regio col ritorno dell'ambasciador Fabri, al cardinal

Seripando (1): aprendogli, essergli imposto, che si tenesse lungi da Roma quantunque chiamato dal pontefice, che si guardasse dal tossico, e che, se vacassé la sedia durante il concilio, non andasse al conclave, e procurasse che 'l papa non fosse creato prima che si stabilisse una vera e perfetta riformazione.

Due lamenti rimanevano al cardinale di fatti certi, e non di relazioni dubbiose. L'uno, che i Legati non si fidavano di lui ne'segreti: a che fu risposto dal Gualtieri, che non gli avevano. Ma in verità il Mantovano, a cui portava il cardinal di Loreno più amore ed onore, saria stato prono ad allacciarlosi con qualche maggiore ufficio d'intrinsichezza, se non avesse temuto, che l'acquistarsi per confidente il forestiero gli rendesse diffidenti i colleghi. L'altra materia dei suoi rammarichi fu, che quel suo modello di canone, da cui avea succiata con la speranza un' immensa gloria, fosse con si aspre censure riprovato dai canonisti. Coi quali era egli volonteroso di ragionare,

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(1) A' 12 di dicembre 1562, come tra le memorie del cardinal Seripando.

ma i Legati per quel tempo non riputarono acconcio d'esporre i lor consiglieri a contesa con uomo tanto maggiore d'autorità, e acceso dalla passione: la quale il rendeva ardente di conferire, non per vaghezza di ritrovar la verità come incerto, ma per fidanza di palesarla come maestro: secondo quell'amor di se stesso, che ai disputatori di pari ed ai giucatori promette sempre la vittoria.

Avevasi procacciata il Gualtieri (1) la corrispondenza del presidente Ferier, uomo che anche nel divino assai regolavasi dall'umano. Questi nelle guerre avvenute con gli ugonotti avea sostenuto gran danno: ed era entrato in isperanza, che 'l papa nel ristorasse: onde per acquistare con lui merito, andava comunicando qualche segreto al Gualtieri. Gli notificò per tanto, che 'l Drascovizio s'era doluto coi Francesi, perchè negli affari del concilio non osservassero quella unione con Cesare che avean promessa, e specialmente nell'articolo della residenza; il quale a sua maestà era a cuore sopra ogni stima. I

(1) Molte lettere del Gualtiero al cardinal Borromeo, specialmente de'21 di dicembre 1562.

Francesi avean risposto, che ove l'instanza si fosse fatta in nome dell'imperadore, sarebbonle stati aderenti, quantunque dal re non ne avessero special commessione. Allora il Drascovizio, al quale mancava la facultà di ciò, aveagli pregati, che almeno facesser opera coi lor vescovi affinchè nel dir le sentenze condannassero l'opposta parte. Ma inverso di ciò i ministri di Francia: che non potevano regolare l' altrui coscienze. Per questo, e per tutti gli altri accidenti disse il Ferier al Gualtieri, esser lui d'avviso che niun pro si potesse sperar dal concilio, se non si trasportasse in luogo dove assistesse il pontefice: bisognando a dissolvere que' vapori grossi, e a quietar quei contrarii venti, la presenza del maggiore e più efficace luminare. Ma di ciò per quell' ora non si fe stretto negozio.

Venne di Roma in questo tempo una lettera del cardinal Borromeo al Lorenese (1), che valse molto a riconciliarlo. Ella gli significava, che 'l papa in sua compiacenza avea conceduto l'arcivescovado

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(1) Appare da una del Gualtiero al cardinal Borromeo a'26 di dicembre 1562.

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