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inimici : i quali cantavano già il trionfo, e possedevano la palma, se'l duca, spignendo la retroguardia con la schiera dei Guasconi e degli Spagnuoli, e reintegrando il combattimento, non l'avesse loro tolta di mano. E perchè il dolce impedisse più tosto che medicasse l'amaro, un corriere che innanzi era stato spinto col tristo annunzio della rótta, fu antivenuto dal messaggiero della vittoria. La qual maggiormente fu conosciuta profittevole, perchè si riseppe che la reina, con appetito femminil della pace, s'era abbassata a condizioni vergognose e dannose, le quali, da lei segnate il dì avanti a quel della pugna, arrivarono all'esercito appunto quảndo si combatteva: onde rimasero cancellate col sangue degl' inimici. Andò presentemente il cardinal di Loreno a darne contezza a'Legati e senza intervallo tutto il concilio tornò in chiesa, mutò le preghiere in ringraziamenti, e dopo questo ufficio renduto a Dio, tutti si congratularono col cardinale.

Nè si tenne il concilio in quelle tumultuarie significazioni d'allegrezza: ma compiacendo all'instanze del cardinale, ne

aggiunse altre più ragguardevoli (1). Datosi agio conveniente di dodici giorni al Belcari vescovo di Metz, uomo preclaro nell' eloquenza, ebb'egli il concilio per auditorio d'una magnifica orazione (2) in laude de' vincitori, applaudendo alle publiche prosperità nel domestico lutto, cóme colui che aveva perduto Gilberto Belcari suo nipote nel conflitto. Offerse la stessa mattina un solenne sacrificio di grazie il cardinal di Loreno, e dipoi tenne a convito i cardinali, gli ambasciadori, e molti prelati. Ma per usare insieme la debita gratitudine a quelli che avevano comperata la vittoria alla religione non solo con avventurare, ma con dare la vita, i quali erano molti in numero ed egregii in condizione, fu celebrata a loro sovvenimento il dì appresso da Lodovico di Presté, vescovo di Meaux, una messa di requie, assistendovi tutto il concilio.

Infrattanto eran passati i quindici

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 4 di gennaio 1563, e Atti di Castel S. Angelo a'10, ed agli 11 di gennaio, e Diario negli stessi giorni.

(2) L'orazione leggesi nella raccolta degli Atti spesso allegata, impressa in Lovagno l'anno 1567.

giorni prescritti a stabilire il termine per la futura sessione (1). Vedevasi la necessità di prorogar nuovamente, ma dubitavasi di trovar durezza ne' padri : onde, come suol farsi nelle deliberazioni più for zevoli che gradevoli, i Legati vi chiamarono il cardinal di Loreno, perchè, approvando egli in privato consiglio ciò che appena cadeva in consiglio, poscia in publico ne agevolasse l'effetto, e ne difendesse gli autori. Confermati dunque i presidenti col suo parere, fecero che'l Seripando, benchè presente il Mantovano, proponesse di nuovo: come, rimanendo ancora molti a dire, e però non potendosi antivedere quando precisamente sarebbesi in appresto di celebrar la sessione, riputavasi ben fatto il dilatar questo spazio ad altri quindici giorni, fra' quali senza fallo e tutti sarebbonsi uditi, e le cose mostrerebbon tal faccia, che ne apparisse con certezza il giorno possibile per quell'atto. E così fu statuito, con farsi la prorogazione quinta. Alla quale tutti consentirono

(1) Il Diario, ed una de'Legati al cardinal Borromeo, e un'altra dell'arcivescovo di Zara nell' ultimo di dicembre 1562.

T. X.

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semplicemente: salvo, che il Guerrero disse, convenire a'Legati provvedere al gran getto del tempo onde cagionavasi questa necessità di prorogazioni, col partire il concilio in classi, ed a ciascuna commettere il suo lavoro particolare: facendo assai più speditamente ciascuno ciascuna cosa, che tutti tutte.

Continuavansi le assidue congregazioni, quando finalmente gli ambasciadori francesi il di terzo di gennaio portarono (1) a' Legati le aspettate loro domande e le lessero, mandandone copia la mattina appresso, ed affrettandone incredibilmente la proposizione: con affermare, che'l re sarebbesi rimesso al giudicio del sinodo. I Legati preser agio a deliberare: e lo stesso giorno parlarono dopo la congregazione al cardinal di Loreno, ristrignendosi a tre punti.

Il primo fu d'interrogazione, se tutte quelle richieste facevansi di suo parere. Il secondo, di maraviglia, come, avendo lui promesso, che avanti di proporle al concilio, il tutto sarebbesi comunicato al

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo a'4 di gennaio 1563.

pontefice, ora gli ambasciadori così frettolosamente gli spronassero alla proposizione. Il terzo, di preghiera, che non si divulgassero, finchè non se ne intendesse la mente del papa. Ma questa preghiera riuscì più veramente a querela, che già molte copie ne andassero per le mani.

Il cardinale con le più fine maniere di gentilezza, e di candidezza rispose. Al primo, che alcune di quelle petizioni non gli piacevano e ch'egli l'avrebbe aperto nell'assemblea il giorno seguente, ove il giorno seguente gli convenisse di pronunziarne il giudicio. Se poi altri il domandava, perchè non le aveva impedite essendo egli del consiglio segreto reale, ed avendo autorità sopra gli ambasciadori, dava in risposta che tale autorità erasi da lui mandata ad opera in caso di necessità maggiore, nel vietar che gli oratori non proponessero nè cose più dure, come il toglimento delle annate, nè altre pregiudiciali alla religione: che simile avrebbe fatto per innanzi sopra tutto ciò che offendesse la coscienza; contro alla quale non sarebbe andato mai, eziandio se il re gliel avesse comandato. Ma che non essen

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