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con rispondere, che questo negozio, non appartenendo alla fede o alla riformazione, non toccava al concilio, ma solo al papa. Contrariamente il cardinale fu sempre saldo in raffermare: il pontefice aver più volte risposto, ch'eransi rimesse da lui quelle materie dell'annate, e delle prevenzioni, ed ogni altra cosa al concilio e quindi esser nata la deliberazione di farvi convenire i prelati di Francia. Ricordarono i Legati in questo suggetto delle annate (1) al presidente Ferier, che essendo già egli mandato a Roma dal re per quell' affare, glie n'era stato quivi dato a vedere si buon diritto, ch'esso l'aveva approvato. E'l cardinale confermò di averlo udito un giorno parlare a conformità di ciò nel consiglio

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Sopra che è da sapersi che'l papa di reo si constituiva attore (2): dolendosi agramente, che in Francia si fosse fatta una tal novità in pregiudicio suo, e del

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(1) Sta in una risposta della recata lettera dei 16 di novembre.

(2) Lettere del cardinal Borromeo a’Legati in comune a' 25 di novembre, e al Mantovano a' 5 di dicembre 1562.

T. X.

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collegio contra l'esempio di tutte l'altre nazioni, contra la ragion comune, e contra i medesimi concordati: e che quantunque il re poi, esprimendo queste ragioni, avesse con un suo privato decreto (1) cassato quell'editto, e promessane la più solenne e stabil rivocazione in poco di giorni, con tutto ciò non era di questa mai seguito l'effetto. Aver egli dall' attual pagamento del sussidio trasmesso levate via tutte l'altre condizioni, quantunque ragionevoli, perchè difficili; e solamente ricercato, che al dono suo andasse avanti la dovuta e promessa restituzione altrui, o per ordinazione del parlamento, o anche del solo re, ma in forma più sussistente. Onde pareva strano che i regii, in vece di farne l'adempimento, si richiamassero della domanda. In tal modo si giustificava il pontefice.

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Ma tornando noi al parlamento del cardinale: conchiuse, ch'egli non pensava di dover dire o far cosa la qual dispiacesse al papa, nè a' Legati; non aven

(1) Segnato nel Bosco di Vincenne a' 23 di luglio 1562, e mandato dal papa a’Legati a' 25 di novembre.

do a portare in mezzo se non ciò che fosse onesto in se, e salutare alla Francia. E che per dar più certa prova della sua volontà, desiderava che i suoi trattati prima d'esser proposti nella congregazione, si comunicassero a' presidenti, o anche al pontefice con la messione d'alcun prelato; imperò che non dubitava che in fine si rimarrebbe d'accordo. I Legati a ciò risposero che 'l cardinale sarebbe strumento attissimo di concordia fra loro, e gli ambasciadori francesi ; poichè, convenendo ad accordare una differenza qualche mezzano che partecipi dell' uno e dell'altro estremo, egli partecipava degli ambasciadori la nazione, di essi la dignità.

L'instruzione (1) che recò il Lorenese dalla corte, era tale. A' travagli 'di quel reame per discordanze di religione dopo maturi consigli non trovarsi più efficace medicina che una buona riformazion della Chiesa così particolare in Francia, come universale nel cristianesimo, risecando dal culto di Dio le superstizioni, emendando le cerimonie, e ciò che potea cagio

(1) Nell'allegato libro francese.

nar nel popolo inganno, o nocumento; correggendo i costumi delle persone sacre, e maggiormente provvedendo alla forma dell'elezioni per maniera, che in quanto era possibile, cadesser in uomini degni, e idonei a insegnare con la dottrina, e a edificar coll' esempio. Il cardinale nel principio non calcasse molto su la riformazione della corte romana, acciò che il pontefice non si movesse quindi per avventura a sciorre il concilio, prima che se ne cogliessero gli altri frutti. E però che molte volte quando s'era parlato di riformar la prefata corte, il papa aveva risposto, che si volea fare il medesimo in quelle de' principi laici, togliendone i rei usi pregiudiciali alla Chiesa; il re aver prontezza d'emendar la sua in ciò che vi si trovasse malfatto: ma innanzi di prender, ne veruna deliberazione, convenire avvisarnelo, affinchè potesse appresentar sue ragioni, e specialmente i privilegii ottenuti con tanto merito da' suoi maggiori. Intorno a' particolari capi della riformazione opportuna in Francia, esserne à sufficienza informato il cardinale, e con lui l'arcivescovo di Sans, e'l vescovo

d'Orliens i quali tutti avean luogo nel consiglio privato regio, e però ben sapevano ciò che quivi più volte s'era discorso: oltre all'instanze da loro udite negli stati generali d'Orliens, e oltre alla cognizione ch'era di ciò in ogni vescovo per l'esperienza della sua propria diocesi. Intendevasi per arcivescovo di Sans Niccolò Pelvè, benchè fin allora non fosse stata dal pontefice ammessa la risegna di quella chiesa in suo favore fatta dal cardinal di Guisa. E vescovo d'Orliens era Giovanni di Morvelier, uomo assai riputato in Francia.

In quanto s'apparteneva alle materie che pareano congiunte per qualche modo alla dottrina, si domandasse l'uso del calice per tutto il regno.

L'amministrazione de' sacramenti in lingua francese.

Nelle chiese parrocchiali, e non nelle collegiali o nelle monacali, il catechismo in francese e publiche preghiere simigliantemente in francese.

La concessione al popolo di cantare al tempo del vespro i salmi voltati nello stesso linguaggio, ma prima veduti da' ve

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