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nel cambiamento de' riti, del quale nulla è che rechi più di pericolo, e che tolga più d'autorità alla religione. In altra parte si scorsero anzi appetibili che possibili, e non adattate alla condizione degli uomini quali gli fa la natura, ed allo stato del mondo che portavano i tempi di che poi diede prova la stessa Francia, secondo che intenderassi più innanzi. La precipua cauzion de' Legati fu (1), che nel trattar di quei punti dove parea che si ponessero vincoli alle mani del papa, non s'intoppasse nella sediziosa quistione della maggioranza tra lui e'l concilio. E sopra ciò in precipuo luogo fe lungo ragionamento il Mantovano col Gualtieri nell' accommiatarlo. Anzi dicono (2), che fra l'altre petizioni apparecchiate dagli oratori, e distornate dal cardinal di Loreno e da'vescovi francesi, fosse la seguente, la qual tendeva ad abbattere la monarchia: che le constituzioni fatte da'concilii non ca

(1) Appare da una de' Legati al cardinal Borro meo a' 9 di gennaio 1563.

(2) Lettere del Foscarario al cardinal Morone a' 4 di gennaio, e dell'arcivescovo di Zara al cardi nal Cornaro a'7 di gennaio 1563. 0

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dessero sotto dispensamento. Quasi di tali dispensamenti non sieno gli stessi principi i più spessi, e i più incontrastabili chieditori. Ma non è nuovo che altrui spiaccia una cosa nell'universale, e ch'egli insieme la voglia ne'casi particolari: il che interviene anche in uomini non rei, nei diritti della giustizia distributiva, e della punitiva.

Risaputosi dal papa, che'l cardinal di Loreno avea nominato per messo delle sue ambasciate a Roma il Gualtieri (1), e che questi accettava di buon talento quella fatica, non pure approvò come attissima la sua persona, ma stimò che potesse far doppio uficio recando insieme le significazioni de' presidenti. Onde pigliò libertà col Visconti di rivocarne la chiamata, se non si fosse partito. Ma era egli già in cammino, ed arrivò il dì penultimo dell'anno (2). Fu leggiera opera ad esso con l'autorità della sua testimonianza e colla efficacia della sua lingua lo sgombrar dal

(1) Lettera del cardinal Borromeo a'Legati ai 26 di dicembre 1562.

(2) Lettera del cardinal Borromeo a' Legati de' 30 di dicembre 1562.

papa ogni nuvolo verso i Legati (1), se pur v'era il che Pio sempre negò in tutte le lettere sue o del cardinal suo nipote. E di questo sereno suo animo diè non solo argomenti espressi al Visconti con le parole, ma più fra pochi di al primo Legato con gli effetti. Imperò che nella festa dell'Epifania, giorno fausto a se come anniversario della sua coronazione, tenne una general congrega di cardinali, e ne aggiunse (2) loro due di prima grandezza. L'uno fu Federigo Gonzaga nipote del cardinal Ercole, e fratello del duca: e nell'atto del dichiararlo si stese molto in commendare (3) i meriti di quel Legato, e i pregi di quella casa. Il novello porporato, a differenza del cardinal suo cugino detto Gonzaga, e del zio chiamato, di Mantova, prese la dinominazione (4) dall'altro stato fraterno, di Monferrato, fin

(1) Lettera del Visconti a' Legati de' 2 di gennaio 1563.

(2) Atti Concistoriali, e lettera del Visconti ai Legati de' 6 di gennaio 1563.

(3) Appare dalla risposta del Mantovano al pontefice a'15 di gennaio 1563, che è fra le scritture raunate dal Musotto.

(4) Il Diario a' 2 di marzo 1563.

chè, morendo il zio, succedette nella sua. Il secondo promosso fu Ferdinando de'Medici figliuolo del duca di Fiorenza, che dianzi ne avea perduto un altro ornato della medesima dignità, come raccontammo. E ben gli ossequii di Cosimo verso la sede apostolica, e i giovevoli uffici che per sostegno di essa faceva egli continuo co' vescovi suoi dependenti, meritavano si fatta retribuzione: la quale fu tanto maggiore, quanto il figliuolo era minore, nè sopra l'undecim'anno. Ma per avventura concorsero a muovere il papa i lampi che già vedevansi nel fanciullo, di quell'alto spirito e di quel raro senno ond' egli poi e in qualità di cardinale die sommo splendore alla corte romana, e in podestà di granduca recò segnalato onore all'Italia.

La promozione di Federigo fu significata dal pontefice al cardinal suo zio con lettera affettuosissima di propria mano, e di questo senso (1): che non avea potuto egli più indugiar di promuovere il suo nipote, parendogli ormai troppa lunghezza e cosa indegna, mentre il zio tollerava

(1) Lettera del pontefice al Mantovano a' 7 di gennaio 1563.

T. X.

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tante fatiche e molestie per servigio di Dio, della sede apostolica, e dello stesso pontefice. Quivi alla stess' ora gli apriva il suo animo di passare in breve a Bologna per usare ogni sforzo d'acconciar gli affari del mondo, o almeno per fare aperto al mondo, che da lui ciò non rimaneva o fosse per via d'un'onesta riformazione, o per qualunque altro argomento. E sperava che da vicino potrebbono meglio conferire insieme, e provvedere. Così scrisse il pontefice: ma fors' egli intendeva con ciò non tanto d'accostarsi al concilio, quanto di tirare soavemente, e con grado de' padri a se in Bologna il concilio. Eragli stato esortatore di ciò il cardinal Seripando, e di poi lo stesso presidente Ferier, come a'suoi luoghi s'è scritto, e poscia il cardinal di Loreno v'avea mostrata disposizione (1), tra per bene del sinodo, a cui speravasi pacifico ed avventuroso compimento con questa nuova unione al suo capo, e per una tal vaghezza di più maestevol teatro alla luce de' suoi talenti. Onde il pontefice, appigliatosi a

(1) Lettera del Foscarario al cardinal Morone a' 17 di dicembre 1562.

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