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rebbe riuscito ad estremo scandalo delle genti oltramontane, quando saprebbono, che i cattolici non potevano accordarsi intorno all'autorità papale. Senza che, aversi cagion di temer protesto; e non semplice, ma forse con appello ad altro concilio più libero, e secondo quell'asprezza di forme che suol dettarsi dallo sdegno. Potere anche da tal discordanza seguire lo scioglimento del sinodo, al quale i Legati dichiaravano di non voler mai consentire senza mandato espresso, e soscritto dal pontefice: imperò che prevedendone essi gravissime sciagure alla Chiesa, non comportava ragione che tutta la colpa cadesse sopra quei che non v' avean cooperato, anzi ripugnato: come coloro, i quali, se non potevano essere autori del bene sommo, ricusavano d'esser ministri delle ruine. Ordinasse dunque il pontefice per tempo, o che accettassero quel partito il qual pareva lor buono, o che, rifiutandolo, lasciasser correre ogni altro male. Scorgersi l'unione degl' imperiali, dei Francesi, e degli Spagnuoli, si per l'uniformità delle petizioni fra gl'imperiali e i Francesi, come per la condiscensione de

gli Spagnuoli al voler de' Francesi nel capo della residenza dopo tanti strepiti, e tante dichiarazioni: ond'era verisimile, che i Francesi vicende volmente sarebbonsi conformati al voler degli Spagnuoli in altre materie. Narravano, ch'essi Legati con tale speranza d'accordo aveano quella sera de' quindici nella universale assemblea e d'universal consentimento prescritto alla sessione il di quarto di febraio: e quivi essersi statuito congiuntamente, che da loro si scegliessero alcuni per assettare il decreto della residenza. Aver loro in cuore d'eleggere i due cardinali, di Loreno, e Madruccio. Il secondo, quantunque giovane, esser dotato di sapere, di prudenza, e di molta affezione al pontefice: onde l'opera di lui non poteva essere se non savia, e giovevole in quegli affari. In questa contenenza riscrissero al cardinal Borromeo.

La suddetta denunziazione pe' quattro di febraio (1) era stata proposta dal Mantovano con brevissime parole, come si fa ne' suggetti che dispiacciono e a chi gli

(1) Il Diario a' 15 di gennaio 1563.

dice, e a chi gli ode: e tutti vi avevano consentito, salvo Antonio Ciurelia da Bari vescovo di Budoa. L'altra deliberazione di rimettere ad elezione de' Legati i correttori del decreto, non aveva sentito contraddittore.

Al pontefice la recitata lettera de' Legati, nella prima sua parte intorno alle considerazioni venute di Roma, sembrò pungitiva a segno (1), ch' egli col ritorno colà del Visconti fece ammonire essi e'l segretario Olivo di scriver si placidamente, che ciò si potesse leggere nelle congregazioni romane senza turbar l'orecchie degli uditori. Ma la medesima lettera dei Legati non andò scompagnata da un'altra scritta da loro a Roma poche ore appresso (2), che trasmutava tutto il sembiante del negozio: imperò che la sera stessa il cardinal di Loreno avea chiamato a se il Paleotto, e significatogli: che per quanta diligenza egli avesse posta co'suoi prelati, e co' suoi teologi, non gli era sortito l'in

(1) Appare da una del Visconti al cardinal Borromeo a' 3 di febraio 1563.

(2) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo ai 16 di gennaio 1563.

durli all'accettazione di quel decreto, e di que' canoni.

Ricusavano che nel decreto si mettesse, i vescovi aver luogo dependente dal papa: opponendo che nell'Ordine per certo non dependevano, e nella giurisdizione ciò era dubbioso.

Oltre a questo, nel canone divisato nuovamente per settimo non ammettevano il dire, che 'l papa abbia podestà di reggere la Chiesa universale, pregiudicando ciò alla sentenza negante, ch'ei fosse superiore al concilio: e però doversi in vece di, Chiesa universale porre, tutti i fedeli, e tutte le Chiese.

In terzo luogo, volevano, che nell' altro canone fosse dichiarato in aperto modo: essere instituiti da Cristo i vescovi: non aggiugnendo quelle parole: assunti per autorità del papa, ma semplicemente, assunti dal papa.

Finalmente non consentivano che fosse detto, essere il pontefice a Pietro uguale nell'autorità del reggimento: imperò che dove è maggiore la santità, ivi, dicevano, è altresì maggiore l'autorità: e per tanto alcune cose poteva Pietro, le quali negavansi

a' successori, come il dettare libri cano, nici.

Queste malagevolezze non furono esposte (1) quella sera così distintamente dal cardinale al Paleotto: ma solo scusossi egli d'essersi prima confidato sopra il potere, essendosi fatto a credere, che si come aveva appagati i più dotti, così gli sarebbe avvenuto con gli altri: il che poi all'esperimento per qualunque sua industria non era seguito: lasciando tuttavia egli speranza di trovar compenso.

Per questa novità i Legati, fermato il corriere che stava in punto di porsi in sella, congiunsero al primo il secondo annunzio. Ed appresso a ciò i cardinali Osio e Simonetta vennero a conferenza (2) col Lorenese per condurre ad esecuzione lo stabilito davanti: ma nulla più ne raccolsero che una sincera confessione del parer suo per la parte del sì, e della sua impotenza a rimuovere e i suoi Francesi, ed altri dalla fermezza del no. E'l di vegnen

(1) Gli Atti del Paleotto insieme con la prenominata lettera de' Legatí.

(2) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 18 di gennaio 1563.

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