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te fu egli a confermar, lo stesso a tutti i Legati, ea comunicar loro, segnatamente le quattro difficultà menzionate..

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Di ciò i presidenti rimasero forte pensosi. Qualcuno de' capi avvisavansi che di leggieri si potrebbe aggiustare; in altri vedevano più arduità. Ma rimanevan saldi nell'opinione, prima doversi tentare ogni opera, che finire alle rotte. Però diedero cura al Castagna, al Boncompagno, al Facchenetti, al Paleotto, e al Castello che facessero le considerazioni opportune sopra i quattro punti: e di poi comunicaronle al cardinal di Loreno (1), ed anche agli ambasciadori, pregandogli a promuovere la concordia coll'autorità degli ufficii appresso i prelati, e colla, prudenza dei consigli appresso gli stessi Legati. Dura condizione di chi si vede fra due, o di iattura, o di rottura, e vede nella rottura una gran iattura.

Fra tanto deputarono (2) i due cardinali per acconciare il decreto della resi

(1) Appáre da lettere de' Legati al 'cardinal Borromeo a' 24 di gennaio 1563.

(2) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo ai 24 di gennaio 1563

T. X.

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denza, con balla di chiamare altri in aiuto a loro elezione. E i chiamati furon quat tordici, varii di nazione, ed eccellenti di sapere. Quivi il(1) cardinal di Loreno, vago della glória d'inventore, recò in mezzo di non pensato una forma di decreto diversa da quella ch'era stata innanzi proposta da Legati nelle congregazioni. E nel proemio venivansi quivi a specificare assai tritamente le funzioni del vescovo per altro si ritenea da parole che potes sero pregiudicare a questa o a quella delle sentenze litigiose. E incredibile (2) la fatica spesa da que' due cardinali, e spe cialmente dal Lorenese ch' era capo del l'affare, per accordar l'infinita varietà delle opinioni e de' sensi: tanto che più d'una volta disperò della sua pazienza. Un giorno occorse disturbo tra esso e l'arcivescovo d'Otranto, e poi maggiore tra questo arcivescovo e quel di Granata, con cui quel d'Otranto avea si spessa contrarietà, ch'ella parea prorompere in gara.

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 19, e de' 21 di gennaio 1563.

(2) Appare in due de’Legati al cardinal Borromeo de' 21, e de' 25 di gennaio 1563., cont

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H caso (1) avvenne in tal modo. L'arcivėscovo d'Otranto avea ripreso, che in quella proposta forma si specificassero le par ticolari cure de' vescovi, e con ciò si mettessero a campo nuove quistioni in vece di levar le antiche: e più innanzi, mentre quivi si pronunziava, che 'l pascere e gli ufficii episcopali erano di mandamento divino, si venisse a dichiarar la residenza appartenere a ragione divina: la qual di chiarazione sapeva egli ripugnare alla mente de' più, nè a quella congrega es sersi data podestà di fabricar nuovo de creto, ma d'assettare il già formato dai presidenti. A ciò ch'egli affermava intorno alla mente de' più, s'oppose il cardinal di Loreno, negando il fatto: onde convenne che 'l segretario andasse a pigliar la som ma de' profferiti giudicii: dalla quale ri manendo verificata l'affermazione dell'arcivescovo, anzi trovatosi che picciol numero avea chiesta la dichiarazione, il cardinale, ad uso de' grandi ove si veggono stretti nel disputare, s'infiammò rispondendo:

(1) Appare da una de'Legati al cardinal Borromeo de' 24, e de' 25 di gennaio, e da una dell'ar civescovo di Zara de' 25 di gennaio 1563.

che anch'egli aveva il sommario degli altrui ragionamenti, e che fra la nota sua e quella del segretario era molta la differenza: che quello non era buon modo per notare i pareri. E passò a riprender, che vi fosse un sol segretario, dovendo avervene più, e di più nazioni. Ma l'arcivescovo si fermò nel suo detto. Successivamente il Guerrero in suo luogo sostenne quella distinta espressione delle cure episcopali come dicevolissima: anzi solo spiacergli essa in quanto non era più ampia. E aggiunse, che chi diceva, non esser di comandamento divino il pascere, e gli altri ufficii episcopali, diceva eresia. Di che quel d'Otranto alterato, richiese, che i cardinali costrignessero alla modestia i parlatori, altrimenti che anch'egli l'avrebbe deposta: che si professava per buon cattolicò a pari d'ogni uomo che stesse, al mondo: e che non sarebbe più intervenuto in quella congregazione. Ripigliò il Granatese, che ben si poteva profferire una erésia senza essere eretico: in quella maniera che sarebbesi innocentemente affermata eresia da chi avanti alla dichiarazion della Chiesa avesse negato che lo Spirito

santo proceda ancor dal Figliuolo: la qual ragione, benchè salvasse l'altro dall' impietà, nol salvava dall'ignoranza. Con tutto ciò il cardinal di Loreno, mostratosi appagato per la risposta del Guerrero, non fece altro movimento. E chi volesse assolverlo da parzialità, potrebbe credere che ei non avesse per conveniente nè avanti, di reprimere, nè da poi, di riprendere un segnalato arcivescovo di nazione emula della sua. Onde quel d'Otranto si ritirò da tali adunanze, e con esso ancora quel di Tortosa, che simile avea qualche querela col Granatese. Ma l'uno e l'altro instanza de' Legati poi ritornovvi..

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I più scrupolosi intorno a quel decreto erano il prenominato arcivescovo d'Otranto, il Castagna, e 'l Boncompagno. Il Marino rimase in forse. Ma comprovandolo tutti gli altri, ch'erano la maggior parte, il cardinal di Loreno, e 'l Madrucciolo portarono a' Legati, rendendo loro ragion distinta d'ogni parola, e mostrando che non ve n’avea veruna la quale importasse, che la residenza sia di legge divina, più che si facesse il decreto promulgato nel concilio fino in tempo di Paolo III. Poscia

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