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posto al Visconti, che intorno al primo l'informasse di ciò che'l papa aveva seco proposto. Nel secondo gli rispondesse, che sarebbesi lasciato guidare da' suoi consigli. Sopra il terzo gli dimostrasse, che l'indugio del pagamento era stata opera di que'ministri, i quali non desideravano questo soccorso alla causa cattolica: da che per altro le condizioni richieste dal pontefice non solo apparian giustissime, ma facilissime, il che tutto avrebbe compreso il cardinale ad un cenno, come perito degli affari, e degl'intelletti del suo paese. Nulladimeno, che'l papa ultimamente ne aveva lasciata correre una gran parte.

Recò insieme il Visconti grate risposte a molte domande fatte si da' Legati o in comune o in particolare, come dal Lorenese e da varii vescovi, e non meno da Martino Mascaregna oratore di Portogallo per cui gli fur consegnate due lettere, l'una del papa, e l'altra del cardinal Borromeo, ove si porgevano ringraziamenti vestiti d'onorevolissime forme pel sommo suo studio in procurar la concordia del sinodo, e in sostenervi la dignità

della sede apostolica. E di vero non era lode la qual non gli fosse debita a questo nome. Anzi dopo le mentovate lettere mandate dal pontefice, e non pervenute ancora in Trento, se n'era in lui accresciuto il merito. Imperò che fervendo il contrasto intorno a quel canone principalmente, in cui stabilivasi la podestà del papa sopra la Chiesa universale, fu (1) egli insieme co'suoi teologi per tre giorni continovi a confortare i Francesi, che vi assentissero. E in particolarità Diego (2) Payva, e'l dottor Comano, mandati dal re di Portogallo al concilio, formarono alcune erudite scritture in vantaggio dell'autorità pontificia, le quali con ampia commendazione furono comunicate da' presidenti al cardinal Borromeo: ed altrettanta ne ricevettero da' teologi di Roma e dal papa (3). Onde ne furon riportate in suo nome agli autori quelle speziali grazie, che

(1) Lettera del Foscarario al cardinal Morone de' 28 di gennaio 1563.

(2) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 28 di gennaio 1563.

(3) Lettera del cardinal Borromeo a' Legati dei 6 di febraio 1563.

son significatrici non pur di cordiale affezione, ma d'alta estimazione: la qual vale oltre modo per rendere altrui l' affezione de' principi non sol gloriosa, ma fruttuosa.

I Legati per ogni parte vedevano avviluppati i nodi ch'essi studiavan di sciorre. Intorno alla quistione degli oratori il cardinal di Loreno diè lor contezza (1) essersi egli ristretto con gli ambasciadori francesi, e con quegli altri pochi, i quali eran quivi del consiglio reale, ed aver tutti conchiuso: ch'essendo il re pupillo, non si potea consentir da'ministri a veru na mutazione, la qual mettesse in forse il suo antico possesso di preminenza. Che quanto era maggiore l'autorità d'un concilio ecumenico, tanto più ei ne avrebbe comunicata all' esempio che ivi si desse. I continuati meriti del re cristianissimo con la Chiesa non sostener che da lui fossero ricevute minori o men aperte onoranze in questo, che ne'sinodi precedenti da' suoi antecessori. Ogni luogo che lo spagnuolo tenesse o diverso dal consueto di seder sotto a' Francesi, o non

(1) Lettera de'Legati al cardinal Borromeo ai 7 di febraio 1563.

inferiore a tutti gli ambasciadori (nel che ritiravansi dalla durezza preterita) e così evidentemente anche ad essi, renderebbe torbido il chiaro, e però sarebbe una spezie di spogliamento. Il che avrebbe costretti gli ambasciadori a partirsi, con pericolo di romper quell'unione fra' due re la qual era si necessaria a'presenti bisogni della religione. Doversi allora special rispetto al re Carlo da quell'assemblea della Chiesa in rimunerazione de'travagli che sua maestà sofferiva in gran parte per mantenimento della Chiesa. Concorrere a favor loro l'autorità del prudentissimo senato vineziano, il quale in si fatta lite avea giudicato dover egli conservare il re di Francia nel suo possesso, lasciando che fra tanto amendue le parti facessero sperienza delle loro ragioni.

Rimasero tanto più dogliosi (1) i, Le gati di tal risposta, quanto maggiori speranze avean date loro i nunzii di Spagna, e'l cardinal Borromeo degli ottimi ufficii che'l re Filippo spenderebbe co' suoi prelati, perchè il concilio camminasse a buon

(1) Appare da una de' Legati al cardinal Borro meo del 1 di febraio 1563.

fine, e serbasse i suoi diritti alla sedia romana: ben veggendo essi che tali ufficii, applicati per altra lingua che d'un ́ambasciadore, sarebbono come una buona spada in una debol mano.

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Nè più d'agevolezza trovarono per la concordia delle materie disputate. Furono gli oratori francesi a dir loro, che convenia proporre il decreto intorno alla residenza accettatosi nel convento tenuto innanzi a'due cardinali. Tale essere stata l'usanza di tutti i concilii, portare all'assemblea generale ciò ch'erasi stabilito nelle congreghe speciali così riputarsi ancora da'cardinali predetti. E quest'ultino era verità, facendosi a credere il Lorenese e'l Madruccio, che i Legati rimanéssero di porre a partito quel decreto perchè ne antivedessero l'approvazione. Essi, intenti per l'un lato a ritener la preminenza di dare, e non ricever quivi legge da qual si fosse personaggio particolare, e per l'altro a giustificar le loro azioni, risposero con generali forme agli ambasciadori, che avrebbono soddisfatto all'ufficio loro e di poi andarono tutti insieme al cardinal di Loreno per dargli ad inten

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