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una scelta di valenti campioni retti da un prestantissimo capitano qual era Giosuè, e tuttavia se non gli si metteva la pietra sotto i piedi, se non tenea la verga, e se Aaron ed Ur non gli sostenevan le mani per tutto il giorno, egli avrebbe perduto: come vedevasi, perciò che qualora Moisè abbassava le mani, prevalevan gli Amalechiti. Non mancare al re Carlo fortissime schiere e di sudditi, e di confederati, non mancare un saggio e magnanimo capitano, qual era il duca di Guisa, aiutarlo il senno della prudentissima madre: ma non aver altro Aaron, nè altro Ur, i quali gli supponessero il sasso a' piedi, e gli sostenesser le mani, che i padri del concilio. Esser loro i veri successori d'Aaron. Ciò che abbisognava a Moisè per la vecchiezza, abbisognare al re per la fanciullezza. La pietra che doveva supporsi a'suoi piedi per sostentarlo, esser la salda base dei loro decreti. Per istabilir questa pietra avere il re mandate agli ambasciadori le sue petizioni date da essi agl'illustrissimi Legati i quali, secondo loro promessa, tántosto le proporrebbono. Aspettarne il re cupidissimamente il giudicio de' padri.

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Nulla quivi domandarsi particolare alla Francia, ma sol comune a tutta la Chiesa. Ove paresse ad alcuno, essersi tralasciate le cose di maggior momento e di maggior necessità, pensasse che studiosamente avèvano incominciato dalle più leggiere per farsi grado alla proposta delle più ponderose. Aver essi pigliato consigliatamente il principio da ciò che fosse di più agevole esecuzione, alla quale se non ponesse le mani il concilio avanti a disgregarsi, griderebbono i cattolici, riderebbono gli eretici, e si direbbe che i padri tridentini sapevano assai, ma non volevano far nulla: che aveano addossate ottime leggi agli omeri altrui, avendo essi ricusato di toccarle pur con un dito. Fosse loro in mente la dottrina de' Legisti : che quella legge la cui ragione è antica, non solo pon regola all'opere future, ma eziandio alle preterite. Taluno vituperare in quelle domande i Francesi quasi d'impietà, però che diceva d'odorare in esse qualche senso comune agli eretici. Questo dagli oratori stimarsi indegno di risposta: rispondessero i padri per loro se'l giudicassero conveniente. Ed usò quella forma ch'è nél

cantico d'Ezechia: rispondi per me: ch'io patisco forza. Altri richiedere in esse moderazione e questi parere che dicessero qualche cosa, mentre ricordavan loro le regole della prudenza, il cui uso è sì necessario alla vita. Ma darsi a costoro due risposte. L'una, il detto di Cicerone contra ciò che afferma Neottolemo appresso Ennio doversi filosofare, ma brevemente: Erra, il corregge Tullio, chi desidera temperamento, mediocrità, e modo in una cosa ottima, e tanto migliore quanto maggiore. L'altra risposta contro a quei tiepidi moderatori, esser ciò che dinunzia lo Spirito santo: comincerò a vomitarti : deh fossi tu o caldo o freddo. Si recassero in memoria i padri ciò che avesse fruttato la moderata emendazione fattasi nel sinodo di Gostanza, o nel seguente (significando quello di Basilea) il cui nome voleva egli tacere per non offender le dilicate, e tenere orecchie d'alcuni, e nei seguenti di Ferrara, di Fiorenza, di Laterano, e nel Tridentino primo: o vero, per parlare secondo quelli i quali volevano che fosse uno stesso concilio, ciò che avessero fruttato i decreti tridentini

di diciott'anni addietro. Quanti regni fra tanto si fossero separati dalla Chiesa cattolica. Non trattarsi qui sopra la salute de' soli Francesi : misurassero gl' Italiani, e gli Spagnuoli i proprii lor pericoli dagli altrui mali. A chi essere di maggior pro il farsi una vera e soda emendazione, che al vescovo romano, pontefice massisommo vicario di Cristo, successore di Pietro, e che avea suprema podestà nella Chiesa? Conchiuse, che sarebbesi più disteso in questi conforti, se non avesse conosciuto, che i padri erano spontaneamente incitati allo stesso corso. Onde finì con ringraziarli della pia lor volontà verso il re e la Francia.

mo,

Avea ricusato il Ferier di comunicare (1) innanzi a'Legati la sua orazione, perchè se le apparecchiasse adattata risposta; ma solo eransi da lui predette al segretario alcune di quelle cose che preparava, ed altre taciute. V’ebbe chi la riputò vantaggiosa al pontefice, imperò che, sì come l'orecchio spesse volte s'abbaglia,

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo, ed altre apportate del Visconti, e del Foscarario agli 11 di febraio 1563.

e talora ode col desiderio, dissero e scrissero, ch'ella gli aveva attribuiti que'titoli di podestà de' quali si quistionava. Ma nell'orazione poi consegnata in carta questi non si trovarono. E perchè a ciascuno il men verisimile de' passati accidenti dubbiosi pare che sia l'aver sè fallito, il Visconti (1) ed altri con esso, che in voce, e in lettere avevano ciò narrato, stimarono che la copia si fosse alterata dal primo originale. Ma sinceramente parlando, non ha sembianza di vero, o che il Ferier senza veruna special cagione usasse quelle parole che dianzi avea si agramente impugnate a nome di tutto il regno, o che di poi ardisse di commetter falsità si notabile, della quale potea rimaner convinto da dugento testimonii superiori ad ogni eccezione. Più intimamente considerarono fin da principio quel parlamento i Legati, avvisandosi che a grand'arte sotto i fiori d'una umile, e riverente favella vi fossero ascoste molte nocive ortiche.

Il segretario, com'era uso, avea for

(1) Lettere del Visconti al cardinal Borromeo de' 15 di febraio 1563.

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