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mate le parole da rispondersi. E perchè in quel barlume datogli a voce dal Ferier gli era apparsa qualche ombra di torva faccia, le avea composte per modo, che totalmente si riferissero alle lettere del re, e nulla al ragionamento dell' oratore: giudicando che la più grave, la più cauta, e insieme la più mite risposta sarebbe stata il non dargli risposta. Finita dunque l'orazione, uscirono gli ambasciadori, e rimasero i padri ad aver consiglio della risponsion divisata alle lettere regie, la qual era dettata in si fatti sensi: congratulavansi col re della vittoria : ringraziavanlo della significazione: anima vanlo a proseguire l'impresa, chiudendo le orecchie a' velenosi consigli di tali, che avendo per misura di tutte le deliberazioni l'umana utilità, il sollecitassero ad una pace la qual non fosse vera pace: affermavano che'l concilio fra tanto darebbe opera e all'emendazione generale di tutta la Chiesa, e alle provvisioni particolari opportune alla Francia, nè sofferirebbe mai, che in se altri con ragione ricercasse la diligenza e l'industria, non potendosi dimenticare del proprio suo debito, e per qual cagione col

l'autorità del santissimo pontefice Pio IV si fosse colà raunato.

Il Lorenese, che fu il primo a dir suo parere sopra questa risposta, diello in tal senso. Il rispetto e de' suoi genitori, e della sua patria, e della sua famiglia tanto congiunta con la reale, richieder da lui, ch'egli alcuna cosa aggiugnesse all'esposizione degli oratori. Rammemorò l'esempio di Roboamo, che, pregato d'alleviare alquanto il gravissimo giogo imposto dal padre, nel qual caso i popoli gli promettéan perpetua ubbidienza, prese spazio tre giorni a deliberare: e poi abbracciando il consiglio più tosto de' giovani che de' vecchi, diè la repulsa, e ne seguirono molte calamità. Confortar egli per tanto i padri a rimettere alcuna cosa del loro diritto, acciò che e'l regno di Francia, e tutti i cristiani rendesser loro piena ubbidienza. Essere già passati i tre giorni, il primo de'quali era stato quando s'erano fatte loro le prime instanze per parte del re al venir degli ambasciadori : il secondo, quando eransi rinovate al giugner di lui: il terzo essere il presente nel qual elle si replica vano. Non dir lui: obe

dite al re nostro Dio il guardasse da ciò. Pregare il re, e supplicare : e però il cardinale esortargli ad alleggerire il giusto dolor di sua maestà, ed a ritrovar compenso di ridurre a migliore speranza le anime turbate d'alcuni. Se più s'indugiava, ruinerebbe la Francia, traendone questa ruina tant'altre, ch'era d'orrore il pensarvi. Doversi al re la risposta coll'opere onde, intanto approvar egli quella delle apprestate parole, in quanto poi tosto la seguitassero i fatti conformi. Ed allegò quel verso: promissis dives quilibet esse potest. Il re cattolico, il pontefice, e molti principi aver dato soccorso alla Francia; ma il re, la reina, e'l regno attender da' padri il precipuo aiuto.

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Molti parlarono nella medesima sentenza intorno al procedere all'opera con istabilir le riformazioni: ma i più con un semplice, piace, approvarono la risposta: ed ella fu data qual recitammo.

In quel convento, appresso di ciò si propose d'eleggere i padri a raccogliere i corrotti usi, ed a preparar l'altre cose per venire all'effetto di quella riformazione che gli oratori chiedevano. Ed essendo

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ciò generalmente approvato con rimetterne l'elezione a' presidenti, il Ciurelia (1) vescovo di Budoa, invanito del recente applauso alle sue giullerie, e non distinguendo tra il dilettare, e l'esser lodato, quando gli toccò la volta, disse poco saviamente quelle parole del Savio: ogni cosa è vanità. Onde i Legati s'accesero a scriver di lui una lettera ignominiosa, particolare al cardinal Borromeo affermando ch'erano costretti a fare per dignità del concilio quel che non aveano mai adoperato davanti. Gli raccontarono i buffoneschi suoi motti, e la sua contumacia alle ammonizioni. Porger egli a molti suggetto di ridere, a molti, e specialmente agli oltramontani, di contristarsi, che si profanasse quasi scena di comedia un luogo si grave, si santo, e si reverendo. Alla prudenza, e all'autorità del pontefice appartenere il recar riparo allo scandalo con la degna animavversione. Così essi. E'l papa non fu lento a ordinare contro alla protervia dell' uomo tal disciplina, da fargli mutar l'importune risa in lagrime:

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo degli 11 di febraio 1563.

rispondendo, che, ove non trovasser luogo alcune più coperte maniere di quindi rimuoverlo da se proposte, il mandassero via (1) espressamente, come scandaloso, e poco degno di quel consesso. Ma dovendo (2) esserne esecutori gli stessi Legati, cominciarono a sentire quella malagevolezza al fare che non si prova al dire: e stimarono ad animo quieto minor male qualche biasimo di languidezza, che qualunque tenue ombra di violenza. Però, sconsigliando il papa di ciò di che poc' anzi avevanlo consigliato, riscrissero che il ridurre ad effetto i modi a loro proposti di gastigarlo, si trovava difficile, e che non ve n'essendo altri, meglio giudicavano il contenersi in una piacevole riprensione.

E veramente avean essi maggior necessità di spender le cure in placare i grandi, che in gastigare i piccioli. Il Visconti al suo ritorno avea ritrovati di tristo animo i cardinali di Loreno e Ma

(1) Lettera del cardinal Borromeo a' Legati dei 20 di febraio 1563.

(2) Lettera de'Legati al cardinal Borromeo del primo di marzo 1563.

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