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con maggiore autorità del Pagnano, sì come quegli ch'era mandato immediatamente dal re, e per effetto più a fine d'informar lui, che di servire il conte di Luna, la cui venuta si mostrava ogni di più lontana ed incerta. Ora il Gastelù, come avviene a'non esperti ne' primi giorni, bevuti i concetti i quali trovo ne'più della sua nazione, diceva, che'l concilio non era libero interamente pe'trattati che facevano gl'Italiani. Quasi gli Spagnuoli e i Francesi tra loro se n'astenessero: e quasi i trattati non dimostrassero più tosto che levassero la libertà: non si procurando mai con ragioni o con preghi la voce di chi ha serva la lingua. Esaltava egli il Granatese come si riputato dal re, che vacando l'arcivescovado di Toledo avrebbevi promosso lui. Ma non andò molto che'l Pagnano gli cominciò ad instillare altri sentimenti. Nè mancavano dottori principali spagnuoli che fossero canali per cui si trasmettessero acque più limpide e insieme più dolci in quel regno, e specialmente Guasparre Cardillo di Villalpanda quivi procuratore del vescovo d'Avila.

T. X.

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Ma più di tutti rivolgeva a se i pensieri e le cure l'imperadore avvicinatosi al concilio. Aveva già dichiarato il cardinal di Loreno (1) a'Legati, che dalla reina avanti alla sua partenza gli era stato commesso di visitarlo; ma che la sua lontananza non sarebbe stata oltre a dodici giorni. Di poi loro aggiunse, che l'imperadore stesso per lettere del vescovo delle cinque chiese il chiamava sollecitamente a fine di trattar seco affari ch'assai montavano benchè il Seldio, ministro principale di Cesare, negasse (2) al Commendone quella chiamata. Onde i Legati, avvisandosi che Ferdinando avrebbelo fatto consapevole delle significazioni a se recate dal Commendone, fecero consiglio di prevenire con informarnelo essi, o per addolcirlo con pegni di confidenza, o per non innacerbirlo con dimostrazione di diffidenza. E di tutto questo ammonirono il Commendone, acciò che osservasse uniforme tenore nel trattar seco. Il cardinale, o per

(1) Lettere de' Legati al cardinal Borromeo degli 8, e 11 di febraio 1563.

(2) Appare dalla relazione del Commendone da allegarsi.

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mantenersi libero con la generalità, o per riscuotersi di qualche dispiacere col tormento della gelosia, o per avvantaggiare di pregio con usare il contegno solito dei potenti, cortamente rispose (1) loro che dovunque fosse, non mancherebbe al suo dovere. Mosse egli a' dodici di febraio (2) nella seconda parte del giorno, tardando a quell'ora per udir la mattina Simone Vigor teologo francese di chiaro nome, e che al nome corrispose con la prova. Seco menò per comitiva d'onore e d'opera insieme il meglio de' vescovi e de' dottori di sua gente.

Appena partitosi il cardinale, ritornò (3) di Roma il vescovo di Nola, colà mandato al pontefice dal Mantovano per ringraziarlo della porpora collocata nel nipote,

(1) Altra lettera de' Legati al cardinal Borromeo degli 11 di febraio 1563.

(2) 11 Diario a' 12, e due del Foscarario al cardinal Morone, e dell'arcivescovo di Zara al cardinal Cornaro a' 15 di febraio 1563.

(3) Si partì con lettere di credenza del papa al Mantovano, e del cardinal Borromeo a'Legati il dì 3 di febraio: e la risposta alle sue ambasciate sta in lettere de' Legati al cardinal Borromeo degli 8, e degli 11 di febraio 1563.

come avanti si disse: e in parte dalla sua voce, in parte da lettere venute a'Legati in que'giorni, ritrassero, tale esser la mente del papa. Che non voleva nè traslazione, nè dissoluzione del concilio: di che inestimabilmente allegraronsi. Che non sarebbesi egli spinto a Bologna, senza ch'essi gli significassero, parér loro le circustanze opportune. Che avrebbe atteso con vivo studio alla riformazione da essi raccomandatagli assiduamente. Che sopra le petizioni de' Francesi eransi considerate insieme le note fattevi in Trento e intorno a tutto ciò mandavansi alcune osservazioni, acciò che i presidenti da capo ne scrivessero il loro giudicio, e si potesse poi render la maturata risposta. Che'l papa volea lasciare al concilio molta podestà e specialmente porre in balia di esso il torre l'impedimento de' matrimonii per vincolo di sangue nel quarto grado. Che la prorogazione gli era forte doluta, nondimeno che, considerandone le cagioni, l'aveva approvata come prudente. Ma non così l'essersi deputati il cardinal di Loreno e'l Madruccio intorno al decreto della residenza, facendogli sceglitori di quei

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prelati che si chiamassero a tal consiglio. Parergli ciò un esempio di pregiudicio all'autorità de' Legati, tanto più pericoloso inverso del futuro, quanto in personaggi maggiori, ed insieme di maggior soggezione inverso del negozio presente, ponendo i Legati in necessità o di seguirli nella deliberazione, o di offenderli con la riprovazione, sì come l'avea mostrato l'esperimento. Ma i Legati si schermirono quanto era al fatto, dicendo, ch' ogni altro spediente avrebbe portato maggiore sconcio: per ciò che o eleggevansi tanti dell' una opinione quanti dell'altra, e ciò saria stato un deputarli al contrasto, non all' accordo: o facevasi disagguaglianza, e tosto sarebbonsi alzate le grida. Là dove ponendosi la faccenda in mano di que'due cardinali, pareva che la prudenza ne prenunziasse felice riuscimento, quando il Lorenese in dicendo la sentenza aveva già dichiarato, non riputar ei per acconcio, che si diffinisse, la residenza esser prescritta dalla legge divina: e 'l Madruccio nel giudicio era buono, nella volontà ottimo. Sopra il futuro, assicurarono il papa, che ciò non interverrebbe altra volta,

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