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visavasi, che voleva non perdonarsi nella riformazione al medesimo suo primogenito. Apparecchiarsi colà una convocazion di teologi, dalla quale poteasi temere assai: per ciò che se que' pochi avessero approvato all'imperadore come lecito e pio alcun fatto verso di se appariscente, posto innanzi dal consiglio de' ministri, e creduto profittevole alla Germania, egli sarebbesi tenuto sicuro in coscienza. E però in mal punto andare allora colà i Sorbonisti. Aversi gran ventura, che fra' teologi convocati fosse Pietro Canisio della compagnia di Gesù, uomo, com'egli il nomina, di grandissima bontà e dottrina, e gran difensore dell' autorità pontificia: ma potersi aver timore, che questi per poco sarebbe solo. Del cardinal di Loreno esser quivi altissima estimazione, e avidissimo aspettamento: sì che, apparendo in lui gli stessi concetti gagliardi sopra il riformar la Chiesa, rendersi credibile, che scambievolmente si conformerebbono nel parere, e si prometterebbono unione nell'operare. Taluno (accennava egli per avventura il Delfino) opporre a' ministri cesarei contra quella da loro si domandata

riformazione, la malagevolezza che si farebbe incontro nel mandarla ad effetto per ogni luogo, massimamente in Germania. A ciò essi dar tre risposte. La prima, cosi egli scrive: che i gesuiti hanno ormai dimostrato in Germania quello che se ne possa sperare in effetto, poichè solamente con la buona vita, e con le prediche, e con le scuole loro vi hanno ritenuta e vi sostentano tuttavia la religion cattolica; onde non è dubbio che quando si facessero molti collegii e molte scuole onde si potessero avere molti operarii, se ne caverebbe frutto incredibile: ma bisogna cominciare una volta. La seconda: che essendosi cagionata ogni ruina della Chiesa da' peccati de' suoi ministri, e bisognando al ristoro molta misericordia di Dio, questa non poteva impetrarsi senza loro emendazione e penitenza, che che poi facessero gli altri. La terza: ch'essendo buono il riformar la sua propria vita, dovea ciò farsi, posto eziandio che non ne venisse altro frutto. Dopo aver esposti il Commendone i sentimenti del suo giudicio, aggiugneva: essergli stato commesso alla sua partenza dal Delfino, che confortasse i Legati a star di franco animo; però

ch' egli avrebbe provveduto, e preveduto, e prenunziato sì fattamente, che non sarebbe sopravvenuta veruna piena senza aversi tempo di fabricare gli argini per ritenerla.

Il pontefice, ansio di quel colloquio fra l'imperadore e 'l cardinal di Loreno, aveva (1) segretamente e caldamente richiesto il Mantovano, ch'egli altresì o con dignità di legazione speciale per cui mandavagli i Brevi, o come primo Legato del concilio, o in semplice forma come parente sotto titolo di prestare ossequio in quella vicinità, ne andasse all'imperadore: riputandolo esso per tale, che coll' autorità si estrinseca della casa e della congiunzione, come intrinsica della virtù e del senno, e col vigore dell' affezione e del zelo, potesse valere del più forte parapetto a tutti gli assalti che fosser dati all' animo di Ferdinando contra la sede apostolica, e contra il concilio. E per muoverlo a quell'impresa, oltre a stimolarlovi con lettere

(1) Lettere del cardinal Borromeo al Mantova

no, con alcune linee di mano del papa de' 10, e dei 13 di febraio 1563, e Brevi per la sua legazione all'imperadore, e al re de' Romani.

iterate del cardinal Borromeo, avevale avvalorate, secondo ch'egli talora soleva, con aggiunte efficacissime di suo carattere, esprimendo quivi una sublime stimazione dell' uomo, e un intenso desiderio dell' opera. Ma il cardinale se ne ritrasse: o perchè una tal macchina non potesse comparire onorevolmente in sì riguardevol teatro senza l'operoso accompagnamento di grandi arredi, o più tosto perchè, sentendosi consumato dalle diuturne fatiche, e quasi udendo nell'animo gli occulti annunzii della propinqua morte, non ebbe lena per quella inchiesta. E, forse a fine di non mostrare che 'l ritenesse pigrizia o risguardo privato, mutò i suoi precedenti concetti: e disse, che, posta l'andata del Commendone, era superfluo ancora lo spinger colà il Legato Osio: di che prima era stato consigliatore.

Giunse il cardinal di Loreno ad Ispruch il di sedicesimo (1) di febraio: e partissene a' ventidue, essendovi arrivato il cardinal Madruccio l'ultima sera della sua stanza. Ebbe onori e carezze d'accogli

(1) Tre lettere da Ispruch d'Antonmaria Graziani al Commendone de'16, 19, e 21 di febraio 1563.

menti superiori al costume. Mentr' egli colà dimorava, si fece la conferenza (1) prenominata de' teologi in Ispruch: toccarono le prime parti al Canisio, a Federigo Stafilo, e al confessore della reina de' Romani. Il vescovo delle cinque chiese v'assistea come presidente. Furono proposti loro varii articoli, e 'l Graziani, segretario allora quivi rimaso del Commendone, di cui poscia descrisse elegantemente la vita, essendo amico del Canisio, ed avendolo aiutato a scrivere intorno ad essi i pareri suoi prolissamente dettati secondo il costume delle scritture tedesche, significò al suo padrone, che tali pareri, a suo avviso, eran formati con molta pietà e prudenza: e di parecchi, sì per la notizia che n' ebbe, si per la memoria che potè riserbarne, mandò un sommario succinto.

Furono di poi alterati i predetti articoli, e ridotti a' dodici seguenti.

1. Se il concilio, raccolto legittimamente col favore de' principi, possa nel processo

(1) Oltre alle suddette lettere del Graziano, due del vescovo di Modona al Morone de' 18, e de' 22 di febraio, ed una del Visconti al cardinal Borromeo de' 22 di febraio 1563.

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