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mutare o constituire ordine diverso da quello che 'l papa gli ha decretato.

2. Se sia utile per la Chiesa, che 'l concilio debba trattare, e determinare gli affari senza la direzione del papa, e della corte

romana.

3. Se, morendo il papa in tempo di concilio, l'elezione tocchi a’padri.

4. Se, trattandosi di cose appartenenti a pace, e tranquillità della republica cristiana, convenga agli ambasciadori de principi il dar parere giudicativo; benchè lor non convenga ciò sopra i dogmi.

5. Se possano i principi levar dal concilio i loro oratori e prelati senza far partecipi di tal deliberazione i presidenti.

6. Se'l papa possa rimuovere o sospent dere il concilio senza far partecipi di tal deliberazione i principi, e specialmente Cesare.

7. Se sia ben fatto che i principi s' intromettano affinchè in concilio sieno trattate le cose più necessarie, e profittevoli.

8. Se gli oratori de principi abbiano facultà di sporre per se stessi al concilio le commessioni de lor signori.

9. Se si possa tener modo che i padri sien liberi tanto inverso del papa, quanto

degli speciali lor principi, nel dare i pareri in concilio.

10. Se si possa trovar maniera, che per cagione del numero non avvenga alcuna fraude, o violenza, o torcimento dal vero.

11. Se debbano in concilio trattarsi cose appartenenti o alla fede, o alla riformazione senza precedente esaminazion de periti. 12. Se paia congruo che Cesare intervenga al concilio.

Si fatti articoli dieron sospetto a' presidenti, che Cesare intendesse di stender le mani in quel che non è di Cesare, ma di Dio. E però il cardinal Seripando confortò il papa ad opporsi forte, ed a scriver all'imperadore un Breve simile a quello che avea scritto Paolo III a Carlo V l'anno 1544 contra il recesso di Spira: e s'offeriva quasi egli a formarne il dettato. Ma l'animo di Ferdinando tutto mansueto e pio rendea poco ragionevole questo timore: e'l Delfino, che n'era esperto, affidava non temerariamente i Legati. Avevano con tutto ciò gran gelosia i ministri pontificii in Ispruch di ciò che dovesser trattar insieme i Tedeschi e i Francesi intorno a' prefati articoli: benchè per quanto e là

T. X.

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si scoperse, e in Trento si ritrasse (1) da que' Francesi i quali solevano esser di lingua più sdrucciola, e per quello che 'l cardinale medesimo avverò in fede di gentiluomo; egli ed i suoi nulla furon messi a parte di questo esaminamento, nè d'altro addomandati, se non che, mostrando un giorno l'imperadore in presenza del re a' teologi francesi la libreria ch' ivi tenea, fe loro interrogazione familiarmente: se giudicavano degno di concessione l'uso del calice. A che risposero liberamente di no. E l'imperadore, volta la faccia verso Massimiliano, soggiunse a' medesimi quel versetto del salmo: quarant anni fui pros simo a questa generazione, e dissi:› sempre questi errano di cuore: denotando che l'impeto delle sue preterite instanze non era proceduto da intrinsica inclinazione, ma da estrinseco sospignimento.5

Volle Cesare, che venisse colà il conte di Luna, e che parlasse col cardinale a fine di trovar modo che quegli potesse intervenire onoratamente al concilio. Il che

(1) Tutto appare da lettere, e scritture del Visconti al cardinal Borromeo del primo di marqdorid

zo 1563.

desideravasi dagli stessi Francesi non meno che dal pontefice, benchè mossi da contrarie speranze: imperò che stimavano essi che 'l contenditore nell'ordine del sedere sarebbe loro concorde in quello del camminare, avendo il conte moderne commessioni dal re d'andare unito non pure con gl'imperiali, ma co' Francesi in procurar la riformazione: e specialmente di attribuire assai all'autorità del cardinal di Loreno. Nel quale per ciò congiugnendosi lo studio della causa nazionale con la vaghezza dell' onor particolare, dopo aver trattato de' partiti col conte, ne spinse con fretta corriere in Francia.

Ritornò il cardinale a Trento il di penultimo di febraio (1). E sì come di quello di cui molti sono curiosi, e molti consapevoli, presto si sparge la contezza, subito cominciò a dileguarsi il timore degli effetti che dovesse produrre (2) quella propinqua congiunzione di stelle grandi: ascoltandosi, che Cesare, affatto lontano da' consigli tumultuosi, e dal procacciar (1) Il Diario.

(2) Lettera del Modonese al cardinal Morone de' 27, e de' 28 di febraio 1563.

la pace del cristianesimo con nuovo rompimento, s' era contenuto in mostrare la sua pietà, offerendosi di venire al concilio, se al cardinale fosse paruto opportuno, e pregar ginocchione i padri di compatire, e di sovvenire all'infinite calamità del mondo cristiano.

Ma di tutto ciò apparve più chiara luce dal primo ragionamento del cardinale co' Legati. Ritrovò egli oppresso di grave infermità il Mantovano: alla quale, preparata già prima dagli anni, e dall'immense fatiche del corpo e dell'animo, aveva (1) aggiunta l'ultima disposizione una improvisa tramontana, mentr' egli si trovava in campagna con intempestivo scemo di panni, secondo un certo quasi fato de' ricchi, di morire spesso per difetto o d'alimento, o di vestimento. Fu tantosto il cardinal di Loreno a visitarlo: e l'altro, all'uso de' malati, che, cercando sollevamento, in ogni nuovo oggetto se'l fingono, ne dimostrò maravigliosa consolazione. Anche l' Osio stava mal disposto, ma si leggiermente che ammetteva negozio.

(1) Lettera del Foscarario al cardinal Morone de' 25 di febraio 1563.

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