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sinodo fiorentino, come poteva un romano pontefice, senza peccare nella custodia delle chiavi depositate da s. Pietro in sua mano, delegare i primi, anzi i suoi ufficii nel concilio ad un uomo deputato colà per duce degli stessi Francesi, e che mostrava da loro in ciò non difformi sensi? Onde al cardinal medesimo sarebbesi forse renduto grave il sentirsi in necessità o d'esser disleale al pontefice di cui divenisse rappresentatore, o di parer disleale al re di cui era venuto rappresentatore. Que' consigli di temperamento che per avventura sarebbon sufficienti al debito di buon prelato, non bastare all'obligazione di fedel Legato. Per tanto sapendo il pa

pa, che la più onorata, e però la meno ingiuriosa repulsa è il prevenire, e così impedire col fatto opposito la domanda, come prima intese la morte del Mantovano, così dichiarò nuovi Legati del concilio (1) i cardinali Morone e Navagero. La ragione che allora il mosse a que' due, fu, che rimanendo fra gli antichi Legati due solenni teologi, come il Seripando è

(1) Gli Atti Concistoriali a' 7 di marzo 1563.

l'Osio, e un eminente canonista, come il Simonetta, abbisognava ne' nuovi più di prudenza e di sperienza civile, che di scienza: e le due prime doti non discompagnate da qualche lustro della terza rilucevano a maraviglia nell' aggiunta coppia, e più intorno agli affari ecclesiastici nel Morone: il quale però fu destinato alla legazion del concilio, come già menzionammo, fin la prima volta che a voto dinunziossi per Trento da Paolo III. Onde congiugnendosi in lui parimente la più stretta confidenza del pontefice per l'identità della patria, per l'antichità dell' amicizia, e per la reciprocazione de' beneficii, cadeva in acconcio che a lui altresì per la priorità della porpora toccasse la preminenza del magistrato.

Quantunque studiasse il pontefice di tanto accelerar e celar (1) la deliberazione, che preoccupasse tutti gli ufficii a favore del Lorenese, tal che la mattina immediata dopo l'annunzio di Trento, essendo venuti i cardinali per celebrità di cappella, e non ammoniti al solito di (1) Lettera del signor dell' Isola al re a' 7 di marzo 1563.

destinata congregazione, egli uscì nella stanza dov'erano raunati, e publicò i nuovi eletti: nondimeno tutto ciò gli fu poco. Imperò che presentendone qualche odore il cardinal della Bordisiera, penetrò al pontefice la stessa mattina innanzi al fatto: e gli pose avanti le congruenze di commetter quella condotta al Lorenese per l'autorità, per la dottrina, per la pietà, per l'accortezza, per la perizia, e per la grazia presso tutte le corone, e tutte le nazioni cristiane. E con tanto maggiore spirito usò queste ragioni quel cardinale, quanto più glien' era bisogno per fare apparire che, intendesse di persuadere: imperò che avendo altre volte il papa statuito di comunicare a lui quella legazione, potea sospettarsi che o la concorrenza o l'invidia gli rendesse poco appetibile l'elezion d'un altro francese. Dal papa gli fu risposto, ch' essendo venuto il cardinal di Loreno come capo d' una parte, non conveniva dargli una presidenza, la qual richiedeva sopra ogni cosa ed affetto ed opinione di non parziale.

Un di avanti a questa elezione il cardinal Osio ebbe lettere dal cardinal Bor

romeo (1), onde intese che nella sua diocesi allignasse qualche eresia: e propose mediante il Visconti al papa, che gli fosse mutata la legazion di Trento in quella di Pollonia, dove assai più avrebb' ei conferito alla Chiesa, che nel concilio. Ma n'ebbe egli la repulsa per titolo della sua necessaria presenza in Trento.

Prima che avvenissero queste cose, avea finalmente il pontefice rimandato il Gualtieri: avendo premesse alla partita di lui (2) per corriere le osservazioni da se notate, come accennossi, alle richieste dei Francesi, affinchè i Legati potessero con minore indugio in proporle soddisfare alla fretta che ne mostravano gli oratori: ma rimettendo interamente l'affare al giudicio degli stessi Legati, e dichiarando di consigliare, non di prescrivere: la qual dichiarazione raffermò egli anche dipoi, quando essi gli comunicarono alcune lor considerazioni a quelle sue note, ed ei per ciò nuovamente significonne il suo

(1) Lettera del Visconti de'6 di marzo 1563. (2) Tutto sta nelle sudette lettere del cardinal Borromeo a' Legati, de'17, de' 21 e de' 25 di febraio 1563.

parere. In breve, tutte le lettere che venivano a' Legati dal papa in queste materie, contenevano, o rimessioni, o querele, che di sì fatte rimessioni non procedessero ad uso. E specialmente nella morte del Mantovano rispondendo (1) il cardinal Borromeo ad una lettera particolare del Seripando, espresse con maniere gravissime il gran dispiacere che si recava al pontefice con voler da lui le ordinazioni per qual si fosse accidente, il pregiudicio che ciò apportava per la lunghezza, la quale era poi cagione di tutti i disturbi, e l'infinito suo desiderio, che operassero nel futuro secondo il proprio lor senno. Una simile rimessione recò ad essi il vescovo di Viterbo (2) intorno al decreto sopra la residenza. Onde i Legati, che in ciò avrebbono amato meglio l'aver sicurtà di esecutori, che autorità di arbitri, se ne rammaricarono.

Giunse il Gualtieri a Trento il giorno quinto (3) di marzo, e trovò in mala tem

(1) A'10 di marzo 1563.

(2) Lettera de' Legati al card. Borromeo agli 8 di marzo 1563.

(3) Appare da una de' Legati a' 6.

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