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pera il cardinal di Loreno: imperò che il di avanti gli ambasciadori veneti gli avevano significata una funesta novella (1) scritta loro dall'ambasciadore della republica in Turino, ciò era, che 'l duca di Guisa, fratello del cardinale e sostegno della sua casa, fosse stato ferito sotto ad Orliens nella schiena a tradimento con pericolo della vita. Quest' annunzio stordi si fattamente l'animo del cardinale, che quantunque intervenisse all'adunanze de' teologi ed all'altre funzioni col corpo, vedevasi nondimeno che suo mal grado gran parte dell' animo stava altrove: nè bastava tutto il velo della costanza, perchè non gli si leggesse nel volto la sospensione e l'agitamento del cuore. Fu indi a poc'ore divolgata dagli stessi veneti per nuove lettere lor sopraggiunte la morte ancora del duca, seguita dopo l'infermità di sette giorni. Ma questa seconda voce si procurò di tener lontana dall' udito del cardinale per non tormentarlo con un dolore per ventura immaginario, quando non so

(1) Appare da una de' Legati al cardinal Borromeo degli 8 di marzo, e da due del Gualtiero degli 8 e de' 9, e dal Diario de'10 di marzo 1563.

pravveniva confermazione del fatto per altro lato. Nondimeno, secondo che la fama publica s'apre l'entrata da mille parti, non si potè impedire che anche di ciò non gli pervenisse qualche susurro. Stando allora il cardinale in questa mal idonea disposizione, a' primi ragionamenti del Gualtiero rispose si mozzo (1) e svogliato, come se poco il gradisse: di che poi ripensando avvedutosi, mandò a scusarsi. Ed egli però s'astenne dall'entrar per quel tempo in ogni altro argomento che dilettevole, ed acconcio a divertir la mente del cardinale dal noioso pensiero: sol tanto aspergendovi di publici affari, quanto conferisse alla varietà, sommamente opportuna per non affisare (2). Ma poco indugiò ad aversi certitudine del fatto per uno spedito messaggio. Ed in essa egli mostrò franchezza maggiore che avanti nel dubbio o perchè questo avesse preparato l'animo al colpo, e disfogato in gran parte il dolore nel timore, o perchè l'uomo

(1) Appare da una scrittura del Visconti al cardinal Borromeo degli 8 di marzo 1563.

(2) Lettera del Gualtieri al cardinal Borromeo a' 9 di marzo, e de' Legati del dì 11 di marzo 1563.

ritien volentieri l'affezione al ben posseduto finchè ritien la speranza di conservarlo, ma abbandonato da questo affetto, abbandona quello per quanto può, e solo cerca sollevamento ed onore dalla fortezza. Per tanto in ricever la sventurata certezza, gettatosi ginocchione disse rivolto a Dio: Signore, avete lasciato in vita il fratello colpevole, e levatone l'innocente. Non mancò il Gualtieri d'assicurarlo, che 'l papa avrebbe adoperata tutta l'autorità per sostegno della sua benemerita casa. A che non meno concorse con le dimostrazioni onorevoli la reina, collocando (1) nel giovane duca figliuolo del morto tutti i governi del padre, e dando sollecite commessioni, che fosse ben guardata la vita del cardinale (2). Imperò che attribuivasi l'opera a' signori di Ciattiglione, e specialmente al cardinal di quella famiglia già divenuto ugonotto. Per la solenne cui privazione il Lorenese avea fatte, e rinovò in quell' accidente fervide instanze, ma come per zelo, non per nimistà: là

(1) Appare da una del Gualtieri al card. Borromeo de' 13 di marzo 1563.

(2) Lettere del Gualtieri de'9 e de' 13 di marzo.

dove il pontefice se n'era tenuto per lasciare al reo l'uscio aperto di ritirarsi onoratamente dal precipizio. E di fatto l'uccisore, ch'era un privato gentil uomo ugonotto, nell'esaminazion giudiciale disse d'avere operato per commessione di Guasparre signore di Ciattiglione grande ammiraglio e fratello del cardinale. E benchè di nuovo esaminato poscia variasse, questo sospetto concorse a que'sanguinosi avvenimenti ne' quali fe maggior guerra all'ammiraglio il duca già morto, che non avea fatto vivo. Standosi adunque allora fra tali suspizioni, poteasi temere che i medesimi signori, per torre si gagliardi nemici alla loro setta, e per deliberare da emuli si potenti la loro famiglia, insidiassero anche alla vita del cardinale, non meno a loro formidabile nella toga, che già il fratello nell' arme. Ma egli disse al Gualtieri, che di ciò non era umana custodia che assicurasse: onde conveniva non vivere in troppa sollecitudine di vivere, ma lasciarne la cura a Dio, il quale ne ha il dominio. Per tanto passò nel colloquio dal privato rischio della sua persona al publico della Francia: e dopo molte

parole fu conchiuso tra loro, che bisognava constituire il principal fondamento nel re cattolico, pregandolo a dichiarare di voler essere come tutore del cognato pupillo ed abbandonato. Là dove alcuni, i quali non posson credere in chi possiede stato altra regola d'operare che la ragion di stato, spargevano ch'egli fosse per approvare alla reina d'Inghilterra il procurar l'antico possesso di Cales riguadagnato alla Francia dall'ucciso duca di Guisa, e per confortare alla cedizione il consiglio regio, sotto color che sarebbe stato ciò bene speso per comprarne al re in sì debole età, e fra le turbolenze intestine la pace esteriore. Ma, come si vide, nè i pericoli della sua nazione, nè i lutti della sua famiglia distraevano il cardinale dal pensare agli onori della sua persona: o sia, che non ha forza verun oggetto fuor di noi a disgiugner l'animo nostro da noi: o sia che ne' gran dolori s' infiamma la cupidità de' piaceri, quasi di medicina.

Prima che pervenisse novella de'due Legati aggiunti, erasi (1) parlato in Tren

(1) Cifera del Gualtieri al cardinal Borromeo degli 8 di marzo 1563.

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