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to di questa futura elezione; la quale pensandosi che sarebbe d'un solo, altri predicevanla nel cardinal Morone, altri nel Cicala. Contra il primo aveva riferiti il cardinal di Loreno al Gualtieri molti biasimi dell'imperadore: del secondo mostrava sinistra credenza propria, come impressagli dalle relazioni d'alcuni prelati per la fama da noi antidetta, che i suoi consigli impedissero in Roma le deliberazioni migliori. Ma il Gualtieri con destra forma erasi ingegnato di farlo ricredere, acciò che ogni elezione che per ventura seguisse d'alcun di que'due, il ritrovasse coll'animo ben disposto. Nel resto il cardinale riteneva il suo parere, che convenisse al papa l'avvicinarsi a Trento con ispignersi a Bologna (1): maggiormente che alla morte del Legato Gonzaga era sopravvenuta in que' giorni una gravissima infermità del Seripando. Imperocchè diceva, esser vano il pensare ad opera di qualche pregio e prosperità co'due Legati che rimarrebbono. Ma queste eccezioni da lui date a' presidenti sani, e a'car

(1) Lettera del Gualtieri al cardinal Borromeo de' 9 di marzo 1563.

dinali che potevano di leggieri venir surrogati al morto, o all'infermo se morisse; non tanto tendevano a risospignere in dietro altrui, tirando il pontefice ad accostarsi, quanto a portare innanzi se stesso, il quale o per appetito di procacciarsi gloria, o per zelo di giovare alla cristianità, era avidissimo d'esser piloto di quel navigio. E perchè a tal fine faceva mestiero purgar nel papa la sospezione verso i principi congiunti col cardinale, e verso la sua stessa persona; per l'uno e per l'altro usava tutti i suoi argomenti. Intorno al primo, testificavano egli ed i suoi più intimi un'ottima volontà dell'imperadore, dalla cui bocca narrò al Gualtieri l'arcivescovo di Sans aver sentito dire, che se dal pontefice gli fosse cavato un occhio, l'avrebbe mirato di buon guardo con l'altro. Ma più diligenza poneva egli nel secondo, come in più valevole al suo intendimento. Ed o fosse per gran fortezza, o per gran religione, o perchè, si come scrisse il Gualtieri (1), la mestizia nell' animo del Francese non riceve al

(1) Lettera del Gualtieri al cardinal Borromeo de' 13 di marzo 1563.

bergo più d'una notte, o perchè un intenso affetto nuovo smorza il precedente; mostrava tanta giocondità quanta mai si fosse veduta nel suo trattare avanti alla moderna sciagura. E facendosi vedere tutto applicato agli affari del concilio, significò al Gualtieri (1) non esser buon consiglio quello del papa di constituir egli si severe, e si assidue riformazioni della corte. Meno assai richiedere i principi. Nė sua santità riputasse per avventura questo modo opportuno, quasi tale che le lasciasse in libertà di ridurre poi a suo talento la strettezza a larghezza: imperocchè, fatte da lei una volta quelle rigide leggi, si formerebbono in ciascun regno prammatiche corrispondenti con lo spezioso titolo di conformarsi alla disposizion del papa: nè ad esse poi sarebbe permesso il derogare. Essere più acconcia una riformazione più mite, ma decretata coll' autorità del concilio; della quale ciascuno rimarrebbe appagato. Lo stesso (2)

(1) Lettera del Gualtieri al cardinal Borromeo de' 13 di marzo 1563.

(2) Scrittura del Visconti col segno degli 8 di marzo 1563.

avea detto al Visconti; aggiugnendo, non dover sua santità temere, che con questa si volesse annodar la sua podestà, non essendo pensiero di verun principe, che fosse disdetto al papa il dispensare intorno a quelle ordinazioni, quando gli venisse nell'animo che ben fosse. Ma in questo medesimo punto ragionava con varietà, molto a lui consueta (1) e negli affetti, e ne' detti. Così studiava egli nell' ostentazione di tali sensi, pe' quali Pio dovesse sperar grati effetti della legazione a cui aspirava. E perchè al suo desiderio il più duro intoppo era la gelosia del papa; non finava in que' giorni di lamentarsi, che sua santità non volesse una volta deporre la sinistra credenza, ch' egli tramasse il distruggimento della corte romana: per ciò nulla fidar a se i Legati in Trento; nulla a' suoi ministri il pontefice in Roma. Rincalzava tuttavia per la venuta d'esso a Bologna quasi bramandolo veditore insieme, e direttore delle sue operazioni: benchè di poi significasse, che per lettere sopravvenute a se di Francia, intendeva

(1) Appare questa natura del Lorenese da moltissime lettere del Gualtiero.

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ch'ella non sarebbe accetta colà, quasi indirizzata a porre in servaggio il concilio: onde, acciocchè i principi la comprovassero, convenir prima stabilirne con loro i futuri effetti: nel che pareva che mirasse ad offerir la sua opera come gran beneficio. E finalmente disse al Gualtieri, che a lui sovveniva un modo per finire in un mese con soddisfazione il concilio, ma che nol poteva dire per venti giorni. Ed anche al cardinal Simonetta porgea (1) speranza, ch'egli ed i suoi prelati di Francia sarebbonsi ridotti a cose onde il pontefice fosse contento.

Riputava in questo mezzo, che grand'aura di favore e d'applauso per innalzarlo al governo del sinodo sarebbe surta, se apparisse che l'assemblea dopo si aspri litigii convenisse nelle sue invenzioni, e nelle sue proposizioni. Ricercò (2) per tanto i Legati, ch' esponessero alle sentenze de' padri il decreto della residenza, com'egli l'aveva dato lor puntalmente,

(1) Appare da una risposta del cardinal Borromeo al Simonetta de' 9 di marzo 1563.

(2) Due de' Legati al cardinal Borromeo degli 8 e de' 14 di marzo 1563.

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