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viaggio; nè bastando quel numero di milizia ordinaria per tenere a segno gl' inquieti, non vedevasi altro spediente che torre ad ogni uno l'arme. Il che dapprima non potè riuscire; perciocchè il cardinal di Loreno fra le presenti suspizioni della sua vita volea la famiglia armata, nè s'appagava d'una guardia di publici alabardieri che i Legati gli profferivano; e ciò che 'l cardinale chiedeva per giusta gelosia di salvezza, domandavano altri per superstiziosa gelosia di grandezza. Il signor di Lansac riputava, convenirsi all'onore del suo ufficio il mantener questo privilegio senza veruna limitazione di numerosità; e senza pur dare in iscritto i nomi de' veri perchè si potessero distinguer da'simulati suoi familiari: onde nè altresì gli Spagnuoli consentivano a disarmarsi: nè trovavasi partito: ed eransi già per sei giorni tralasciate le congregazioni. Quando finalmente i Legati chiamarono tutti gli ambasciadori; e mostraron loro, che se volevano concilio in Trento, convenia che volessero pace in Trento, e che, ove gli animi sono accesi, non v' ha maniera d' aver la pace, salvo con levare lo

strumento della guerra, cioè l'arme. Dunque non essere acconcio tempo di custodir tenacemente que'privilegii, i quali in altre condizioni valeano a far pompa, allora a far sangue. E perchè sol tanto dura la pertinacia nel vano, quanto non si conosce che noccia al sodo, essendo contro all' animo di tutti gli oratori, che 'l concilio si sciogliesse, convennero in questo: che per loro dignità ad essi, e a un numero diffinito di servidori fosse lecito di portar armi; si veramente che se ne desse al magistrato la nota co' nomi, e co' distinti segnali non soggetti ad inganno: che il medesimo si concedesse fuor d'ogni limite, poste le speciali e forzanti ragioni, al cardinal di Loreno, ma con obligazione della medesima nota: alla famiglia di ciascun altro fosser disdette. E si come la più forte proibizione in ciò che suol desiderarsi per decoro, è l'esempio de' maggiori; così i Legati cominciarono l'osservazion della legge dalle loro famiglie. Con questo smorzaronsi i tumulti; e'l seguente giorno de'sedici si ripigliarono i conventi. E molto conferi poi alla stabilità della quiete un editto imperiale; che chiunque fosse

trovato in quistione, andasse sbandito da Trento.

Non si cessava pertuttociò dal negozio, mentre cessavasi dalle adunanze. Era tornato (1) il Drascovizio dalla corte cesarea; ed avea recata a' presidenti una lettera scritta loro da Ferdinando a' tre di marzo, e la copia d' un'altra indirizzata al pontefice; pregandogli l'oratore a spender con sua beatitudine i loro ufficii sopra le contenute domande. Aspettavano essi dopo un tal colloquio d'Ispruch, e dopo tanti consigli di ministri e di teologi, un parto più grande, e per avventura più formidabile: ma nè il Drascovizio aggiunse nulla in voce sopra ciò ch' esprimessero le scritture, nè queste in somma contenevano, se non, dopo una general querimonia, quattro capi speciali. La querimonia era: che 'l sinodo non procedesse coll' ordine sperato da' principi, e necessario a' cristiani; che in molti mesi non si fosse celebrata sessione ; e che in vece d'adoperarsi i padri per la riconciliazione de' disuniti, s'udisse disunione e contenzione fra' pa

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo de' 9 di marzo 1563.

dri stessi con grave scandalo de' fedeli: a che l' imperadore pregava sua santità di prestar compenso.

Il primo de' particolari capi recava innanzi udirsi fama, che si pensasse a dissoluzione o a sospensione del concilio: a che forse potere avvenire che fosse spinto il pontefice dalle prefate turbolenze: ma Cesare per la sua filiale osservanza significargli, che a se tutt'altro ne pareva. Che quindi sarebbesi cagionata in molti disperazione, in molti vilipensione, in moltissimi scandalo; interpretando ciò come fuga dalla trattata riformazione. Esser da ciò per seguire un gran rischio, che i popoli quasi in naufragio non si gittassero alla tavola de' sinodi nazionali, stimati sì nocevoli alla religione da sua beatitudine, e per contrario si domandati e ridomandati da tante provincie.

Il secondo capo conteneva una forte instanza, che in concilio si desse piena franchezza, per cui fosse lecito agli oratori ed a' vescovi il proporre ciò che lor fosse avviso per mantener la religione e l'ubbidienza dovuta a sua santità, e per l'utile de' regni particolari: e che non me

no si godesse di questa franchezza in dir le sentenze; ordinando l'opere in forma, che si potesse deliberare senza ricorrere altrove, volendo significare, a Roma. Tali esser gli esempii de' maggiori: nè, mentre gli animi de' cristiani stavan si ulcerati e turbati, convenire alterarli con introduzione di novità.

Il terzo esprimeva un sollecito studio della riformazione. Qui supplicava Ferdinando al pontefice con maniere di gran riverenza a farsi certo ch' ei ciò non diceva per derogare o alla sapienza, o alla probità singulare di sua beatitudine, o alla sua maggioranza ed autorità: in cui difesa era presto d'esporre il regno e la vita; ma solo perchè, essendosi da lui udite varie relazioni di cose le quali avrebbon potuti far alienare gli animi dalla sede apostolica, erasi stimato debitore di significargliele, come figliuolo di lei primogenito e avvocato della Chiesa, acciocchè con la sua prudenza e coll' invocazione dell'aiuto divino vi si provvedesse; a che offeriva egli ogni sua possibil cooperazione.

L'ultimo esponeva, che leggendosi nell' istorie, aver più volte recato gran

T. X.

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