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sustanziali. Anzi il cardinale fe segno, che alle parole congiugnerebbe l' opere, astenendosi dai conventi, ne' quali sì fatte inutili disputazioni si proseguissero. Disse ancora di voler mostrare al Gualtieri le sue instruzioni: accennando contenervisi qualche domanda disconveniente; ma che avrebbe significata la maniera onde il papa soddisfacesse di leggieri alla Francia, e interrompesse una certa inclinazione che si scorgea ne' più di quel regno, a partirsi dall' ubbidienza della sede apostolica. Propose, che a fine di stabilir quietamente i canoni, e di celebrar la sessione il dì prenunziato dei ventisei, i presidenti chiamassero lui per la chiesa gallicana, due Spagnuoli per la ispana, e chi loro fosse a talento per la italiana: i quali fermassero i predetti canoni di concordia. Promettersi lui, che i Francesi nulla contraddirebbono all' opera sua; e che lo stesso con qualche industria si potrebbe ottenere dall'altre nazioni. Riferì, che gli Spagnuoli assiduamente il combattevano affinchè si giugnesse loro; eziandio con venire eglino a leggergli i pareri da essi apprestati per l'adunanza.gi

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Mentre il cardinale rimase indisposto, non durò lungamente la pausa delle congregazioni, avendo pregato modestamente egli medesimo (1), che per lui non si ristesse. La prima adunanza fu spesa in assegnare (2) i luoghi ai nuovi prelati: e come i litigii surgono più fra parenti che fra stranieri, venne contesa di grado tra (3) Girolamo della Souchiere francese, abate di Chiaravalle, che dal seguente pontefice fu promosso al concistoro dopo iterata repulsa della sua umiltà, con guiderdone tanto più onorevole, quanto più violento, e tra gli abati della congregazione Cassinese; apportando per se l'uno, che gli altri non erano contenuti nell'antica religione di san Benedetto, ma nella congregazione di santa Giustina confer mata all'età moderna da Eugenio IV, e che però la famiglia di Chiaravalle gli superava d'antichità: a che aggiugneva altre prerogative degli abati Chiaravallesi,

(1) Lettera dell' arcivescovo di Zarade? 19 di novembre 1562.

(2) A' 16 di novembre, come in una lettera del Modonese al cardinal Morone in quel giorno. (3) Atti del Paleotto.

T. X.

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non concedute ai Cassinesi. Ma per loro si rispondeva, che l' alterazione fatta in tempo d' Eugenio era accidentale: nella sustanza ritenere essi la regola di san Benedetto: ed anche agli altri argomenti rendevano forti soluzioni. Per la decisione della differenza sarebbe convenuto disaminare molte Bolle ed altre vecchie scritture, opera di gran tempo, e allora di gran travaglio: onde i Cassinesi deliberarono di onorare il francese; essendo finalmente figliuoli tutti d'un padre, e avendo quel di Chiaravalle, si come tale, recate lettere raccomandatorie dal suo presidente agli abati Cassinesi. I quali assai più di onore acquistarono per tal cedizione giovevole in quello stato al bene della Chiesa, che non avrebbono acquistato con una vittoria di fumo. Nell'altre congregazioni i Legati ebbero cura di (1) procedere con lentezza per fare al Lorenese questa dimostranza di estimazione: maggiormente ch' egli ne mostrava il desiderio non a titolo odioso di fasto, anzi aggradevole di

(1) Lettera de' Legati del dì 19 di novembre 1562.

modestia, per trarre diletto e profitto dall'altrui dottrina.

Lo stesso giorno de' ventidue, nel quale andò a parlargli il Gualtieri, era stato a visitarlo (1) il cardinal Seripando a nome comun de' Legati, per significargli distintamente il principio, il processo e'l presente stato del concilio. E discendendosi a ragionar della controversia allora fervente sopra il settimo canone, l'avea di ciò informato a pieno, e domandatogli consiglio: arte efficacissima per ottenere insieme l'aiuto. Egli, mostrando un cordial zelo della quiete, e una singulare osservanza al pontefice, gli avea proposto il mentovato partito, il qual poi con qualche varietà per agevolarlo fu da lui replicato al Gualtieri, di deputare due per qualunque nazione. Ma il Seripando erasene ritenuto con dirgli, che sua signoria illustrissima non conosceva ancora ben quelle teste, e come poco fossero scambievolmente arrendevoli : benchè in verità ciò che spiacque al Seripando nella proposta, fu l'aprirsi un uscio alla manie

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo ai 23 di novembre 1562.

ra di procedere per nazione. L'altro allora avea ripigliato che ove sì fatto modo non potesse sortir effetto, il meglio sarebbe fare opera, che quel litigio del tutto si sopprimesse. Dopo questo colloquio fra'l cardinal Seripando e quel di Loreno, i Legati insieme raccolti aveano conchiuso, che quel primo partito non s'accettasse a verun modo: e che il Seripando nuovamente fosse a mostrarne al cardinal di Loreno l'impossibilità.

Avea questi nel predetto ragionamento replicato al Seripando il suo pensiero, esposto prima a tutti i Legati: che si comunicassero al papa con la messione di alcun prelato i capi della riformazione desiderati da lui, e che lo stesso prelato ritornando a Trento riferisse poi la mente di sua santità in ciascun di essi avanti di proporli nella congregazione. Ma i Legati si sostennero dalla risposta fin a tanto che ne intendessero la volontà del pontefice: e molto meno vollero farsi sceglitori del messo. Ben proposero al cardinal Borromeo alcuni i quali furono l'arcivescovo di Lanciano, come adoperato laudevolmente in simile ministerio altra volta,

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