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egli dopo il medesimo Cristo era capo della Chiesa in terra. Contuttociò dover la santità sua difender ben sì l'autorità pontificia; per cui di nuovo offeriva tutto il suo vigore, ma difenderla di tal modo, che si conoscesse, nient'altro cercarsi in ciò fuor che la gloria di Dio, l'aumento della fede, e'l pro della Chiesa.

Tutta questa lettera, sì com'era piena di forme libere e significanti, così nel principio, nel mezzo e nel fine sentivasi mollificata con parole di scusa, di riverenza, di sommessione, e specialmente serbava illesa da qualunque leggerissimo cenno sì la persona, sì la balia del pontefice, anzi d'amendue ragionava con infinita osservanza. Diceva quivi l'imperadore, d'aver separata la presente epistola dall'altra, però che sapeva che quella sarebbe andata per molte mani. Non aver egli scritta questa di suo carattere per non affaticare con la scabrosa forma di esso gli occhi del papa; ma ben avervi adoperate un ministro fidatissimo, e la cui penna egli usava ne' più gravi segreti. Pregar ei la santità sua, che per opera d' un simigliante ministro gli desse risposta. In fine ag

giunse alcune linee della propria sua mano con espressione di grand' amore ed ossequio, iterando quivi l'invito a Trento.

Il pontefice rispose di tal concetto. Saggiamente ammonirlo sua maestà, che pensasse al vicino transito di questo mondo. Tenervi egli fissa la mente; e fra gli altri apparecchi per quel terribile viaggio attendere con sollecito studio alla riformazion della Chiesa a se confidata da Cristo. Dir vero sua maestà, che montava inestimabilmente al bene del cristianesimo la retta e candida elezione del papa. Sopra ciò aver fatte i concilii e i pontefici passati sì sante e si savie leggi, che nulla parea potervisi aggiungere. Nondimeno per diradicarne ogni reo uso, essersi da lui promulgata dianzi una nuova Bolla, di cui gli mandava copia. Che volentieri avanti di statuirla avrebbela comunicata col sinodo, publicandola poi con approvazione di esso; ma di ciò essersi trattenuto per la sperienza delle passate discordie, la quale gli avea predetto, che a gran fatica sarebbesi quivi mai nulla conchiuso in affare di tanta mole, di tanti capi, e di tante considerazioni: onde il rimetterla al con

cilio non sarebbe stato farla esaminare, ma si arrenare. E'l medesimo rispondeva intorno all'altre riformazioni della corte, le quali però dicea, non ordinarsi da lui senza il parere d'assaissimi ed eccellentissimi uomini. Alla Bolla prenominata se ora il concilio volesse dare la solenne approvazione, sarebbegli a sommo grado. Non pensar egli a nuova elezione di cardinali: ma quando vi si fosse disposto, avrebbe studiato di scegliergli con quelle doti le quali in essi la maestà sua ricercava: e che di ciò il Legato Morone avrebbe con sua maestà pienamente ragionato. Esser materia di giusti voti, che lo stesso a proporzione s'osservasse ne' vescovi; ed a questo aver già provveduto il concilio con suo decreto, del quale avrebbe egli curato l'adempimento, imponendo alle chiese uomini meritevoli, e facendo inquisire con diligenza nella lor preterita vita e ne❜lor costumi, e non meno dando opera che si formassero con più rigore i consueti processi.

Di ciò che apparteneva alla residenza aver sè desiderato che'l concilio determinasse, e destinato d'approvare le sue de

terminazioni: ma fin allora essersi contrastato assai, e decretato nulla per la diversità de' pareri. Or egli aver in animo che, o fosse dichiarato, la residenza essere di legge divina o di umana, ella s'osservasse inviolabilmente da tutti, eziandio da que' cardinali a cui erano commesse le chiese in amministrazione: perciocchè ne vedeva la necessità, principalmente in quel tempo, mentre quasi in ogni provincia si diffondeva la contagione dell'eresia, e al gregge di Cristo facea mestiero la presenza de' suoi pastori.

Voler egli un'intera libertà nel concilio, nè mai aver comandato, che non si fermasse quivi nulla non intesone il suo giudicio: esser nondimeno talora avvenuto che in alcune cose più ardue i Legati l'avessero domandato del suo consiglio, nè averlo egli potuto o dovuto loro negare. Che niente ciò contrariava alla libertà, anzi, che non sarebbe stato nè sconvene vole nè insolito, che 'l concilio stesso ricercasse del parer suo la sede apostolica, prima cattedra della Chiesa, e maestra della verità. Nè risultar veruna apparenza di due concilii dall'apparire il concilio con

giunto col suo maggiore, più di quel che nell'uomo appaian due corpi per vedersi le membra unite ed ubbidienti al capo. Nulla parimente disdire, che'l pontefice, per dare il consiglio richiestogli da' Legati, il volesse da cardinali di gran senno e di gran dottrina, spezialmente non intendendo egli, che i suoi consigli ponessero al concilio necessità d'abbracciarli.

Ringraziavalo per l'offerta d'ogni sua più efficace difesa in sostegno dell'autorità pontificia intorno alla quale scriver sua maestà molto piamente e secondo l'intenzione ancora del papa, mentre ricorda

va, non doversi lei mantenere e custodire se non ad onore di Dio e a ben della religione.

All'invito per Trento ripeteva succintamente ciò che avea discorso con più larghezza nell' altro Breve.

Il vero è, che queste due lettere del pontefice all' imperadore furono preparate ma non mandate, parendo che la materia vasta e dura a digerire avesse mestiero d'esser concotta pian piano dal calor vitale del fiato. Onde in vece loro il (1) papa

(1) A' 20 di marzo 1563.

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