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quello d'Otranto, come d'abilità eccellente, e soprammodo bramoso di servire al papa, il Grassi, come dianzi mandato da sua santità al medesimo cardinale, il Gualtieri per un simigliante rispetto, benchè il fin della sua messione parea che il rendesse allora più profittevole in Trento: ma conchiudeano, che il Visconti stimavasi più di tutti acconcio, per la special confidenza del pontefice in lui, la qual facea di mestiero in chi dovesse udire, e riportare dalla bocca di sua santità l'intimo del suo cuore.

Il di appresso a questi trattati fra i presidenti e'l cardinal di Loreno, venne egli alla generale (1) assemblea: la qual essendosi prima ragunata con gran concorso di persone straniere tiratevi dalla curiosità, furono elle poscia escluse, e si propose dal segretario sommariamente si ciò che il cardinale avea destinato di voler dire, sì l'esempio della regia lettera, sì la preparata risposta. E, qual è la na

(1) Oltra agli Atti di Castello, e a quei del Paleotto, e al Diario a' 23 di novembre, una de'Legati al cardinal Borromeo, e due altre dell'arcivescovo di Zara, e del Modonese lo stesso giorno.

tura di quelle comunità ove molti sanno, e tutti credono e vogliono far credere di sapere, anche in tali ben premeditate parole di cerimonia non mancarono opposizioni e disputazioni. Indi a pigliare il cardinale dalla sua casa, furono mandati il patriarca gerosolimitano, gli arcivescovi d'Otranto e di Granata, e i vescovi della Cava, di Coimbra, di Viterbo, e di Salamanca. Quand' egli entrò, i Legati scesero da' gradini del seggio loro ad accoglierlo. E di poi assisi i padri, e circondati da una corona immensa di popolo, si fero innanzi a'Legati gli oratori di Francia e Lansac, il più degno, presentò le lettere regie scritte in francese e rivoltate in latino (1), nel quale idioma furon lette da capo solennemente dal segre tario.

Era l'inscrizione francese: a'santissimi e reverendissimi padri congregati in Trento per la celebrazione del santo concilio ma in latino più chiaramente dicevasi: congregati nel sacrosanto concilio di Trento. Esponea quivi il re le avversità

(1) Nell' una e nell'altra lingua sono stampate nel mentovato libro francese.

del suo regno, delle quali non doversi attendere il riparamento se non dalla divina misericordia: le diligenze del morto re suo fratello e sue per l'adunazion del concilio: le necessità dell'indugio ad inviarvi i prelati: e due rispetti di mandarvi il cardinal di Loreno, l'uno, però ch'egli, non dimenticando il dovere della sua professione, aveva chiesta più volte licenza di convenirvi, l'altro, però che essendo allevato da giovinetto ne' più segreti affari della corona, sapeva gl'intimi fonti delle presenti miserie. Confortava il re i padri a una commendabile e santa riformazione, con restituire ciò che per malizia degli uomini e per ingiuria dei tempi era scaduto nella Chiesa. Di che non solo avrebbono rimuneratore Iddio, ma debitori tutti i principi, e tutti i principati, e laudatori tutti i futuri. Ultimamente pregavali di dar fede al cardinale, come avrebbono data al re stesso.

Poichè fu letta l'epistola, cominciò il cardinal con una eloquenza di stile, e con una graziosità d'azione che rapi ed inteneri generalmente gli uditori. Mise avanti agli occhi le sciagure della Francia, nate

per li corrotti costumi di tutti gli ordini, per l'ecclesiastica disciplina affatto mancata, per l'eresie non soppresse, e per li si lungamente trascurati rimedii da Dio instituiti. Non perdonarsi alle chiese : farsi strage de' sacerdoti mentre stavano abbracciati agli altari: calpestarsi i sacramenti per ogni parte innalzarsi i roghi degli ornati ecclesiastici, e le pire dell'immagini sacre abbattute: ardersi le antichissime librerie, ardersi i publici archivii: spezzarsi gli altari : trarsi quindi, bruciarsi, e gittarsi ne' fiumi le reliquie de' santi, e con esse i disotterrati corpi de'pontefici, de' re, e degl'imperadori essere bestemmiato il nome di Dio, scacciati i pastori, interdetti i sacrificii, sprezzato il re, ammutite le leggi. Ammoni gli oratori degli altri principi, che le disavventure, le quali allora potevan essi oziosamente rimirar nella Francia, proverebbonle con tardo pentimento nelle loro patrie, se quel propinquo regno col suo cadere le traesse nella ruina. Non però mancare a tanti mali le speranze nell'egregia indole del re pupillo, negli ottimi consigli della reina madre e del re di Na

varra, e nelle forze saldissime de'baroni. Ma la spada vincitrice immergersi finalmente nelle proprie lor viscere, onde non potersi confidare in più salubre argomento, che nell'aiuto il qual si chiedeva da quel sacrosanto sinodo, e dalla Chiesa universale congregata legittimamente nello Spirito santo. Due cose principalmente ricordare a que' padri il re, per l'osservanza che portava al concilio, e per la molestia che gli recavano quelle discordie di religione: che ad ogni potere si fuggissero nuove liti ed infruttuose controversie: che si ritraessero i principi dal muover l'armi. Avere il re Arrigo, nella sua morte raccomandata la pace: averla desiderata il re presente e la reina, secondo la convenienza dell'età, e del sesso. Questi consigli esser veramente riusciti ad infelice successo; ma infelicità maggiore potersi temere, se tutto il cristianesimo s' immergesse nel pericoloso golfo d'una guerra, e s'avventurasse a perir tutto in uno stesso naufragio. Venne poi alle richieste della riformazione, mostrandone la necessità per mantener la Chiesa, e massimamente la Francia. Ridisse quel

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