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santa riformazione: in cura della quale non avrebbe mancato mai per quanto potesse un buon papa ed un buon cristiano.

Avere il pontefice renduti alieni da se gli animi del clero e de' prelati di Spagna ne' sussidii conceduti a sua maestà dell'entrate ecclesiastiche e però tanto più acerbo essere in lui stato il senso di rimaner da lei derelitto.

Il riducimento degli eretici, per quanto di bene il concilio adoperasse, mal potersi sperare senza l'unione a ciò de'signori cattolici.

Che la rimessione al concilio, la quale sua maestà primieramente desiderava dal canto della Francia, sarebbe stata sopra modo giovativa: ma in contrario i Francesi nulla parlar fin allora del sentenziarsi ne' dogmi: anzi parlarne solo per impedirlo. Sapere il pontefice, che sua maestà pienamente intendeva ciò ch'egli cortamente accennava. Che per tanto ogni ufficio di lei sopra ciò e col re di Francia e con altri sarebbe opportuno.

Ch' egli avrebbe molto innanzi rimesse tutte le riformazioni al concilio, se avesse conosciuto che si dovesser quivi conchiu

dere ed approvare: ma predicendogli per quel tempo il contrario le presenti divisioni, averne egli cominciata l'opera, e con ciò invitati i padri a imitarlo, ponendosi in cuore di riformar da capo coll'aiuto del concilio anche le statuite riformazioni: ma che ciò non poteva farsi duranti colà le discordie.

Aggiugneva, che alcuni col gradevol nome di riformazioni aspiravano a fini di loro interesse, specialmente intorno alle leggi del conclave: onde s'egli fosse morto della prossima infermità, com'era stato in avventura, sarebbonsi creati due papi, l'uno in Trento dal concilio, l'altro in Roma dal collegio, con ruina del cristianesimo; a che sua maestà dovea tener

mente.

Le parole: proponenti i Legati: essere state poste senza pur sua saputa dal sinodo stesso, approvate di concordia in una congregazion generale, e poi nella prima sessione con ripugnanza di due soli. Che in buona verità, se tal forma si fosse poi osservata, non sarebbono germogliate le dannosissime contese per quistioni non proposte da' Legati, ma da' vescovi, e tol

lerate dagli uni per non impedir negli altri quella che alcuni chiamavano libertà. Ora, poichè il re, e molti principi volevano sì fatta libertà, la quale al fine non sarebbe se non una disciolta licenza, egli, quanto era a se, rendersene contento: ma che ben si traeva fuori di colpa per qualunque pregiudicio che ne ridondasse a sua maestà: come fin a quell' ora sarebbe avvenuto, s'ei non avesse ripugnato con forte mano in suo acconcio; volendo intendere di varie concessioni sopra materie ecclesiastiche in profitto del re, le quali volentieri sarebbonsi rivocate in concilio da' vescovi spagnuoli.

La residenza esser voluta da se più che da ogni altro; e però aver già dinunziato eziandio a' cardinali che aveano chicse, l'andarvi.

Intorno all'uso del calice; esercitando egli la solita confidenza di parlare con sua maestà, non ritenersi dal dire, che gli pareano domande opposte: che a tutti fosse libero di proporre: e insieme che s'impedisse dal papa la suddetta proposizione, la qual Cesare, il re di Francia, e'l duca di Baviera aveano determinato di portare

in mezzo per loro ambasciadori, eziandio contra il voler de' Legati. Intorno al fare egli la concessione, essere ito procrastinando. Prenunziarglii principi ruine grandi ove ne desse la repulsa : e specialmente, che i loro sudditi, per altro cattolici, se questo fosse lor negato da Roma, il prenderebbon da per se stessi, congiugnendosi con gli eretici: da' quali in si fatti casi erano costretti a rinegar la religione.

Che sopra questi e sopra molti altri affari sarebbesi concordato di leggieri fra il papa e'l re, ove avessero potuto ragionarne senza interposite persone; e che parimente di gran pro sarebbe stato l'unirsi a parlamento il pontefice coll'imperadore, dovendo pur questi ricever da lui la corona.

Per sicurtà del continuamento averne già il re un Breve, un altro il Vargas: che un simile ne manderebbe egli al marchese di Pescara. Per tanto essere in balia di sua maestà il farlo presentare a' Legati quando le piacesse; e così terminar la faccenda. Nel che il papa venne a significare, che non volea rimaner debitore al re d'una condiscensione di cui nè gli caleva punto, nè il re per effetto vi s'era piegato in gra

zia sua, ma di Cesare. Ed è consueto, che ogni 'debito d' obligazione sia grave alla naturale alterigia degli uomini, e massimamente de' principi: ma poi quello paia insoffribile, a cui soscrivendosi, par loro di non divenirne laudevoli come grati, ma dispregevoli come ingannati.

Cosi erano disposte le cose, quando il Legato Morone eletto per nuovo principal reggitore s' avvicinava al concilio. E benchè fosse noto per voce universale (1), che egli prima di fermarsi in Trento dovea passare ad Ispruch; pertuttociò non intendendolo i Legati dalle lettere di palazzo, nol potevano affermare senza rischio di mostrarsi errati e leggieri. Onde eleggevano per men rea la condizione d'esser creduti o poco prezzati dal papa nella comunicazion degli affari, o troppo cupi in dissimularla con darsene a veder per incerti. Ed appunto in simil concerto fecero di ciò una tacita doglienza, quando risposero al cardinal Borromeo; il qual finalmente l'avea loro significato insieme con la seguita partenza d'ambedue i colleghi.

(1) Lettera de' Legati al card. Borromeo del 1 d'aprile 1563.

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