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gnuoli parea stare in cavaliere sopra tutte le loro macchine; e però con essi era sempre riuscito a difesa invitta: come potersi far questo, essendosi quella forma statuitä in sessione? Non vedere il conte, che sarebbe ciò stato, non pur trarre a dubbio le cose già stabilite, del che nulla più abborriva sua maestà, ma rivocarle; con porgere ardimento agli altri di chiedere innovazioni più gravi, e di sconvolgere e mandar a ruina quanto s'era edificato: al qual preparato torrente era l'unico ritegno quell'argine che fosse disdetto di quistionare sopra il già decretato? Senza che, quanta confusione, quanta lunghezza cagionerebbe l' esser lecito ad ogni testa di si ampla, e di sì varia moltitudine il costrignere che si dicessero le sentenze sopra gli strani appetiti, e trovati del suo cervello? Finalmente come accordarsi questa domanda del re con la professione di favorar la sede apostolica; la qual riceverebbe quindi un'alta percossa e nell'autorità, e nella riputazione? L'ambasciadore, come sentissi, così mostrossi convinto dalla forza delle ragioni: alla quale un uomo intendente, e sincero non sa resi

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stere nè in cuore, nè in volto. Ed avvedutosi di ciò il Legato, avvengachè il conte pur si scusasse coll'ordinazion fissa del re, che gli lasciava i meri ufficii d'esecutore: nondimeno rincorossi, non ignorando esser raro e difficil caso, che un uomo di spirito non affatto servile s' affatichi ardentemente per quel che stima disconvenevole, e nocevole al suo signore. E però il più valido comandamento per fargli porre in effetto la volontà del principe, è imprimergli lo stesso parere del principe: quando a niuna podestà più si suole ubbidire che all' intelletto proprio. Si venne dunque fra loro a proporre varii temperamenti. E imbracciando il Legato contra gli assalti dell' impeto il saldo scudo dell' indugio, prese spazio finchè avesse trattato con Cesare, e conosciuta la sua mente.

Partito l'ambasciadore, furono dal cardinale l'arcivescovo di Granata e'l vescovo di Segovia, ch'erano i più riputati fra gli Spagnuoli, e i più duri nelle contese. E come è uso di chi è stato in discordia con gli officiali vecchi, il mostrare ottima disposizione verso i nuovi ; affermarono essi, confidarsi di lui som

mamente: a segno che 'l Granatese gli disse, che dove a se fosse paruto che la coscienza l'obligasse a dissentire dai più, l'avrebbe quetata con rimetterla a quella del cardinale. Questi, facendo in suo cuore il giusto diffalco all' offerta, rispose con ugual cortesia: rallegrandosi di vedere in quella significazione, che anche i più contrarii cercassero darsi a vedere amorevoli; il che (discorreva egli) almen sarebbe valuto acciocchè contrariassero rimessamente. Con tal saggio de'negozii, e degli animi mosse da Trento per Ispruch il nuovo Legato.

Non minor sollecitudine diede a'colleghi un' altra lite degli Spagnuoli pendente davanti a loro, che la dianzi narrata la qual moveasi contro di loro. Era essa l'antica intorno alla preminenza dei luoghi co' Francesi. Cominciò a strigner l'affare (1) il conte di Luna dopo la partenza del cardinal Morone: ed in somma propose, che ove non avesse potuto ottener grado sopra l'ambasciador di Francia, sarebbesi renduto contento di sedere

(1) Lettera de'Legati al card. Borromeo de' 19 d'aprile 1563.

rincontro ad esso o dall' una parte o dall'altra ad elezione dello stesso francese: ma protestando che perciò non s'intendesse pregiudicato alle ragioni del suo signore: ed anche avrebbe accettato altro sito che gli assegnassero i Legati, pur che tale ch' ei non si manifestasse per inferiore. Se poi gli fosse dinegato ogni luogo in cui potesse star con dignità del suo principe, aver egli commessione di presentare all'assemblea le lettere regie, e incontanente partirsi. E non era ciò simulazione a fin di conseguire miglior partito, ma verità; essendosi nel re per senso del suo consiglio mutata quella disposizione di non curar vane cerimonie, la quale aveva egli prima significata al pontefice. I Legati, inteso ciò, discorsero fra di loro, che pel nuovo accordo stabilitosi in Francia con gli ugonotti, quanto scemava ne' Francesi il bisogno degli Spagnuoli alla tutela della süstanza, tanto sarebbevi cresciuta verso di loro la durezza nelle gare dell' apparenza. E d'altro lato giudicavano che non convenisse di far alienare il re cattolico: il cui favore più d'ogni altro era di mestiero al

concilio; possedendo egli somma autorità non solo co'prelati di Spagna, ma con molti italiani. Onde se i Francesi ricusassero i mentovati compensi, ne' quali sembrava che pure si riserbasse loro qualche segno di maggioranza; inclinavan l'animo a non impedire l' assenza di tali, la cui presenza, come diceano, recava al concilio quanto di splendore, altrettanto d' inquietudine. Ma di tutto ciò scrissero in cifera al papa; e da lui attendevano le direzioni.

In questo tempo accostandosi il dì prenunziato per la sessione, ch' era il ventesimo secondo d'aprile, e veggendosi (1) la necessità di prolungarla, quando nulla era conchiuso, e due Legati mancavano; gli altri due presenti divisarono fra loro, che si potesse destinare a quell'opera il di terzo di giugno, che sarebbe il quinto nella settimana di Pentecoste al qual tempo facean ragione di poter essere in acconcio. E significarono (2) questo loro intendimento a tutti gli ambasciadori, al

(1) Lettera de' Legati, e del card. Borromeo de' 22 d'aprile 1563.

(2) Il dì 20 d'aprile.

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