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nirvi, posto il bisogno di guardar la Germania con la presenza. Ringraziar esso il pontefice dell' altre benigne offerte; ma l'andarvi lui con poca spesa, e con picciola comitiva, parergli disconvenevole alla dignità imperiale. Anzi far mestiero in tal caso, che seco menasse i principali prelati della Germania ; il che in quel tempo sarebbe stato assai disconcio alle chiese loro. Senza che, malagevolmente gli avrebbe egli potuti indurre ad un concilio fuor d'Alemagna. Ben prometter lui a sua santità, che come prima il potesse, non ostante l'incomodità del dispendio, così anderebbe a renderle quest' ossequio di pigliar da lei la corona.

A ciò il Legato quietossi, o disperato di muover l'imperadore, o contento che l'imperadore non uşasse altri sproni a muovere il papa: essendo assai più solleciti gli uomini di schifar il male, che bramosi di conseguir nuovo bene: e per ciò provandosi massimi fra' piaceri si del corpo, sì dell'animo involto nel corpo, quelli che sono in verità medicine.

Le mentovate materie furon suggetto di molte raddoppiate risposte per amen

due i lati. Ma perchè nelle scritture vicendevoli si pone assai di superfluo, e si tralascia molto di necessario; l'uno e l'altro de'quali non si discerne se non all'aperta luce del colloquio, efficacissimo strumento alla conclusion de' più intrigati negozii; desiderò il Legato di trattare a presenza ed a voce coll'imperadore: si veramente che non v'intervenissero i consiglieri; i quali per mostrar zelo ed accortezza, sempre intrecciavano nuove difficultà; contra il fine d'ogni trattato, che è la concordia. Avea posseduto il cardinale per altri tempi assai della grazia, e della stima di Ferdinando, presso cui era dimorato molti anni come nunzio di Paolo III, assistendo alle diete più celebri, e più operose tenute per affari di religione. E di poi nella corte romana erasi da lui sempre mostrato parziale affetto e in generale verso la casa d' Austria di cui era suddito, e in particolare verso la persona, e gli affari dell' imperadore: onde benchè taluno si fosse ingegnato in questi ultimi anni di renderlo odioso a quel principe, quasi da'consigli di lui procedesse la gelosia, e la strettezza di Pio nell'ope

ra del concilio; per tutto questo non s'era mai estinta nell' animo dolce di Ferdinando l'antica benivolenza. Ed aveva cominciato a darne segno nella risposta renduta al papa (1) sopra l'annunzio delle due nuove legazioni imposte a quel cardinale, cioè presso il medesimo Cesare, e nel concilio: riscrivendo con forme di singulare allegrezza, non aver potuto il pontefice deputare uomo nè più grato a se per l'antica famigliarità, nè più riputato da se per l'esperienza del suo sapere, e del suo zelo: sì che da questa elezione dicea di promettersi il desiderato ristoro dell' afflitta cristianità. Diè poscia l' imperadore nuove dimostrazioni d'un tale affetto verso il Legato nel primo ricevimento, uscendogli incontro (2) un miglio fuor della terra Indi fu agevole al Morone col valor della lingua sgombrare ogni caligine, se pur qualche velo ne rimaneva, e ritornare affatto nella primiera confidenza, la quale in ogni trattamento è il più valido ordigno per convenire. E ciò allora sperimentossi. Era sempre dispiaciuta al Legato la

(1) A' 28 di marzo 1563.
(2) Atti del Paleotto.

incominciata forma di maneggiare i negozii, non solo come prolissa ma come pericolosa, commettendo (1) successivamente l'imperadore ad un consiglio di suoi teologi l'esaminazione di varii punti che andavano a ogni ora nuovamente insurgendo fra gli articoli trattati col cardinale nelle scritture scambievoli date e ricevute. E benchè il Legato si procacciasse aiuto dall' opera d'alcuni più zelatori fra quella congrega, e specialmente dello Stafilo e del Canisio; nondimeno, oltre alla difficultà di strigner conclusione intorno alle materie proposte, sempre vivea con ansietà che non s'eccitassero quistioni tempestose e sediziose, come sopra l'autorità del pontefice. Per tanto giovandosi dell'antica e rinovata confidenza, significò all' imperadore, che quello non era modo per venire in accordo, secondo che portava desiderio sua maestà si per la bontà del suo animo bramoso della publica quiete, sì per l'amicizia ch'ella aveva

(1) Tutto sta in una piena relazione del Legato al card. Borromeo scritta da Trento il dì 17 di maggio 1563, e nell'altre scritture passate fra lui e l'imperadore da noi allegate.

col papa. Queste vie che usavansi, non solo non condurre, ma contrariare a un tal fine. Volersi dunque conferire immediatamente fra la maestà sua e'l Legato, il quale fidavasi, che posta la somma equità e sapienza di lei, le avrebbe fatto sentire che'l pontefice concedeva quanto poteva: ciò che si dimandava più avanti, nè pur esser conforme all'intento di sua maestà: onde ella bene informata, avrebbe goduto di quella che allora le spiaceva quasi durezza. Non fu restio l'imperadore di soddisfare in ciò al Legato: nè questi ne trasse gli effetti minori della speranza: imperò che ristretti a solo a solo in un lungo e segreto ragionamento, concordarono in ciò che segue.

Che si troncassero le quistioni superflue, e particolarmente quelle in cui non s'avevano per avversarii gli eretici.

Che si lasciasse a tutti i padri la piena franchezza della sentenza. Il che Cesare promise eziandio di quelli che rappresentavano in concilio la sua persona.

Che si resistesse alle digressioni, e si riscotesse da' parlatori la modestia, sopra che parimente l'imperadore diè cer

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