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star che sua maestà dicesse di rimettersi al giudicio del papa, de' Legati, e d' alcuni altri; imperciocchè la sola fama, che la maestà sua portasse tal sentimento, sarebbe assai per suscitare gran turbolenze, delle quali alcuni spiriti avidamente prendevano ogni occasione.

L'altro esser la dichiarazione da sua maestà richiesta delle parole: proponenti i Legati. Che ciò sarebbesi giustamente domandato, se i Legati trascurassero di proporre le petizioni venute da varii principi ad acconcio de' loro stati: ma che cessandone questa necessità, cessava insieme ogni ragione d'insistervi. Che tal dichiarazione sarebbesi interpretata per una coperta mutazione, il che non poteva accadere senza molto disturbamento insieme ed avvilimento del sinodo. Nè le parole, sì come allora sonavano nel decreto, richiederla, quasi pregiudiciali al diritto de'principi, però che in esse davasi potestà di proporre a' Legati, non toglievasi agli oratori. Nel resto, se ad essi oratori ella espressamente s'aggiudicasse, come potersi la medesima negare a' vescovi? Dal che sua maestà ben vedeva

quanta confusione in tanta moltitudine risulterebbe.

L'ultimo essere intorno alla Bolla del conclave, sopra la qual sua maestà facea nuova instanza, che si proponesse al concilio. Non convenir che 'l pontefice sommettesse al giudicio altrui ciò ch'egli maturamente, e col parere di solennissimi uomini avea stabilito, specialmente essendo i padri del concilio poco o nulla esperti di quell'opera non meno ardua che singulare. Non essersi di ciò mai trattato ne'sinodi, se non presente il pontefice: nè potersi far questa innovazione senza gran pregiudicio della sede apostolica, oltre all' allungamento, alle contenzioni, e a'rischi che ne sarebbon divenuti. Se la maestà sua riputava, non provvedersi in quella constituzione agl'impedimenti che mettevano i principi, e giudicava buono che fosse proposta qualche ordinazione in concilio sopra ciò che essi toccava, facesse quello che la prudenza le dettasse.

Aver voluto il cardinale porre in mente alla maestà sua queste cose, perchè forte gli pesava che quella sua legazione non dovesse pienamente soddisfare a lei,

T. X.

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e al pontefice: e desiderar sè oltre modo che sua maestà esercitasse anche nelle materie già dette la pietà esercitata nel rimanente da lei verso la sede apostolica, e'l pro comune, il quale pendeva in massima parte dalla felice riuscita del concilio, e questa dall'unione fra 'l papa e sua maestà ne' voleri e ne' pareri.

Vide umanamente l'imperadore la ricordata lettera: e udì sopra gli stessi argomenti il Delfino. Dietro a ciò riscrisse il giorno immediato decimoterzo di maggio con molta laude si del Legato, si del nunzio: assicurando il cardinale che con niun uomo vivente di miglior grado che con esso avrebbe conferito di quegli affari.

Intorno alle congreghe da deputarsi per rispetto di nazioni, essersi ciò da lui proposto al cardinale, perch'esso gli avea domandato consiglio sopra l'abbreviamento. Non aver sè inteso che uno o due inglesi fossero d'autorità uguale a trenta d'altre regioni, ma, che dopo l'opera de' deputati ella si portasse al sinodo, e secondo le più voci s'accettasse o si rifiutasse. Fra tanto se ne traesse questo profitto, che le nazioni più scarse d' interve

gnenti, ma più bisognose di medicina, e perciò più esperte del male, non credessero sè neglette nelle deliberazioni. E tutto questo aver egli messo avanti per maniera di consigliare, non di volere.

Delle parole, proponenti i Legati, essersi da lui veramente desiderata l'espressa dichiarazione: ma che per dimostrare al Legato la volontà di compiacerlo, rimaneva contento di riserbarsi la facultà di far comunicare a'presidenti quelle richieste ch' egli giudicasse a ben del suo stato: e udito lor senso, dov' egli perseverasse in desiderar la proposta, ed essi (ciò che non isperava) ricusassero il farla, potessela mandare ad effetto per suoi ministri: il che similmente agli altri principi intendea riserbato.

La Bolla del conclave piacere a se mirabilmente: nè altro richiedervi se non che'l papa ne stabilisse con fermezza l'esecuzione, e che insieme si provvedesse, com' erasi fatto intorno a' cardinali e a'lor conclavisti, anche intorno a' ministri de' principi, e al popolo romano. Il che s'avvisava che ottimamente si potesse adoperare in concilio.

Finiva con parole di grand' amore e sommessione verso il pontefice: al cui giudicio, sì come anche a quello del sinodo e d' uomini meglio di se intendenti, dichiarava di sottoporre ogni suo concetto.

La predetta risposta di Ferdinando fu lo stesso giorno de' tredici e data al nunzio, e da lui recata al cardinale, ch' era passato a Motera, terra non lungi da Ispruch. E a lui soddisfece, però che intorno ad usare generalmente le nazioni in aver consiglio, parevagli ciò non pure nulla dannoso, ma profittevole per tenerle contente, e per agevolare in tutte l'accettazion del concilio: purchè non si volessero indistintamente agguagliare nell'autorità del far decisioni per abbassare il vantaggio dell'italiana. La facultà di proporre che si permettesse agli oratori con le limitazioni ammesse da Cesare, parevagli equa, e sapea, non dispiacere al pontefice. E ciò che apparteneva allo stendimento della Bolla, intendea non riuscire ad alcun pregiudicio del papa, ma più tosto a gravamento de' principi, a' cui ambasciadori avesse il concilio accomunate le pene. Ond' egli senz' indugio rispose

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