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e del suo viaggio, di fatto convenne proporre le divisate emendazioni all' assemblea, innanzi che'l primo presidente v'intervenisse. Ma palesando il Lorenese la vera cagione della sua inquietudine, cominciò col Navagero dalle lodi del morto cardinal di Mantova: da cui disse che eranglisi fidati i negozii quanto il più gli era stato lecito: là dove gli altri Legati non avean fatto segno d'esser di lui stimatori più che d'un semplice vescovo. Promettersi egli trattazione diversa dal Navagero e per converso assicurarlo, che oltre a' rispetti della coscienza, quei della sua persona, e della sua casa non gli avrebbono mai permesso il tralasciare alcun servigio della sede apostolica, senza però dimenticarsi e del bene della sua patria, e de' mandati del suo principe.

All'ultima parte il Navagero rispose. Esser lui dispostissimo a crederla, perciò che le ragioni le quali poteano spingere il cardinale a star unito con la sede apostolica, erano si forti e si manifeste, che non pur un signore cotanto accorto, ma occhio assai men perspicace avrebbe saputo vederle. Quanto poi era alla pri

ma parte, essendo egli l'ultimo di grado, e d'autorità fra' colleghi, poco avere in balia di promettere a nome suo proprio: ma ben confidarsi che tutti sarebbon concorsi a compiacerlo ed onorarlo. Non lasciò il Lorenese di tener alto in questo ragionamento il credito del suo potere, mostrando, aver egli legata un' intima confidenza e con gl' imperiali, e con gli Spagnuoli, e con gl'Italiani. E specialmente disse, che tra' Franzesi e'l conte di Luna era somma concordia, ed esser già eglino convenuti insieme intorno al luogo: onde niuno si fidasse di poter trarre quindi l'esca per accenderli a dissensione. E veramente ingegnaronsi i Francesi di nudrire (1) a tutta lor possa una tal credenza, facendo veder convitato prima dal cardinal di Loreno, e poi anche dal signor di Lansac il conte di Luna con ogni dimostrazione d'amorevole onoranza. Ma l'effetto poco stante fe manifeste due cose che questa unione era al contrario di quella ch'è fra le parti dei corpi gravi fuori del lor luogo, le quali

(1) Lettere del Visconti al cardinal Borromeo degli 8 e de' 10 di maggio 1563.

stanno unite sì veramente che ciascuna fa impeto contro all' altra per andarle sotto e che i pontificii non pure non aspiravano a seminar male fra' ministri di que' due principi, ma che a sommo stento poterono distornar que' mali che soprastavano al publico da questa lor controversia.

Il papa senti con piacere, che 'l cardinal di Loreno aprisse quest' uscio di pratica, e di fidanza al Legato Navagero, perciò che aveva inteso prima di ciò dal Visconti (1), e poi dal Musotto, che egli era adombrato, e infastidito del Gualtieri. Onde fe scrivere a' presidenti, che, tralasciato questo mezzano, procurassero la corrispondenza de' predetti due cardinali senza interposita persona. E di vero non potea fra' Legati commettersi ad altri che al Navagero quest' opera, essendo i due antichi in poca estimazione, e in minor soddisfazione del Lorenese, e'l Morone nulla accetto a lui e si come ad offenditore, e sì come a vinto, avendone il cardinal di Loreno sinistramente

(1) Appare specialmente da una del Visconti al card. Borromeo de' 19 d'aprile 1563.

parlato, quasi di nocivo consigliatore al pontefice negli affari del concilio, ed essendogli stato emulo perditore nell' inchiesta della presidenza. Alla qual mala disposizione s'era aggiunto novellamente un (1) rapporto venuto al Lorenese dal vescovo di Rennes ambasciador di Francia presso l'imperadore: che 'l cardinal Morone gli avesse detto, i ministri francesi dolersi a torto de' Legati, che'l concilio non fosse libero, quando essi più veramente tenevano in una dura servitù i loro prelati, sgridandoli qualor non seguivan del tutto la volontà degli oratori, e chiamandoli a spesse congreghe nazionali di che molti vescovi francesi aver fatto con lui richiamo. La qual accusa il Lorenese avvisavasi che tutta ferisse lui, come duce di quello stuolo. Per contrario il cardinal Navagero, indifferente d'affetti e di patria, puro d'ogni tintura delle antecedenti gare e contese, riputatissimo in probità ed in senno, e discretissimo nel negozio, pareva una quinta essenza di varie doti, unica a

(1) Lettera del Gualtieri al cardinal Borromeo de' 30 d'aprile 1563.

render fisso questo mercurio. E alla buona introduzione di così fatta domestichezza intervenne ben ad uopo il ritorno del Musotto, il quale, (1) trattato con singulare umanità dal pontefice, e ritrattene risposte ottime nella sustanza delle proposte, condite con parole onorevolissime verso il cardinale, portò relazioni che assai mitigarono del suo acerbo, e soddisfecero generalmente a tutti i Francesi.

Fra tanto al cardinal di Loreno venne opportunità di fare un ufficio accettevole ed onorevole insieme. Gli giunse una lettera scritta al concilio dalla reina Maria di Scozia sua nipote, e già moglie dell'ultimo re di Francia: ond' egli chiese di presentarla in una general congrega, si come ottenne il giorno decimo di maggio (2). Ivi la reina scusava la sua impossibilità di mandar vescovi al sinodo: e prometteva ubbidienza perpetua ad esso ed alla sede

(1) Lettere del Gualtieri al cardinal Borromeo de' 30 d'aprile, e de' 3 di maggio, ed altre del Visconti allo stesso in que' giorni.

(2) Lettera de' Legati al card. Borromeo de' 6 e de' 10 di maggio 1563, e Diario a'10 di maggio, ove è registrata la risposta del concilio al cardinale.

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