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de alla sua puerizia dalla strenua difesa della pietà, e'l cui precipuo studio in tutta la vita doveva essere l'ornar, e l'amplificar la religione, si farebbono tali proposte che fosser congiunte alla vera gloria di Dio, al perpetuo ben della Chiesa, ed alla maggior dignità della sede apostolica.

Com' ebbe termine il favellare dell'arcivescovo, così ripiglio con grave eloquenza il presidente Ferier, amplificando i pregi del cardinale. Dalla legazione di uomo si grande, e sì necessario in Francia alla corona fra que' tumulti, apparir la religion del re, e la sua stima verso il concilio. Poter sua maestà, qualora volesse, in tre giorni quietare le sue provincie, come divotissime d'inclinazione al principe lor naturale: ma non tanto cercar egli le cose sue, quanto della cattolica religione, e del pontefice massimo: per difesa della cui dignità ed autorità non dubitava di spender tutti i tesori, e d'arrischiare il regno e la vita. Venne all'instanza della riformazione. Disse, non chiedere il suo re se non ciò che avea chiesto il gran Costantino a' padri del concilio niceno. Tutte le sue petizioni

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contenersi o nella divina Scrittura, o nelle antiche constituzioni de' concilii, de'pontéfici, e de' padri. Di queste il re cristianissimo, primogenito della Chiesa, domandar la restituzione in integro, secondo il parlar de' giuristi, appresso di loro i quali Cristo avea creati legittimi pretori. E di ciò ricercarli sua maestà, non in virtù della clausola generale; ma per le parole espresse di quell'editto divino é perpetuo, contro al quale non fu nè sarà mai luogo ad usucapione o a prescrizione. Illustrollo con ingegnose applicazioni di esempii tratti dalle divine lettere. Affermò, che senza questo indarno si ricorreva all' affinità, alla singulare amicizia, alla incredibile liberalità del potentissimo, e grandissimo re cattolico: indarno s'invocava l'aiuto del sommo pontefice, della republica veneta, e de'duchi di Loreno, di Savoia, e di Toscana. Senza ciò, esser fallace alla salute il cavallo. Quelli che pe rissero, perirebbono bensì per propria lor colpa, ma perirebbono a'padri: e dalle mani de'padri sarebbe richiesto conto del sangue loro. In ultimo disse, che innanzi di venire alle speciali domande, gli pre

gava di terminar con prestezza le cominciate disputazioni, acciò che si desse agio a prendere in trattato suggetti molto più gravi e più necessarii, e finire il concilio a gloria di Dio.

Erasi avanti prenunziato a'presidenti (1) quello che'l Ferier aveva in apparecchio d'esporre e perchè da taluno erano stati ammoniti i Legati di non introdurre sì fatta usanza, risposer eglino, essersi da loro già promesso di compiacere in ciò all'ambasciadore. Ma non riputarono o necessità, o decoro il multiplicar nuova risposta particolare ad esso in nome del sinodo. E però il segretario, rivolto ad amendue gli oratori francesi, disse: che 'l concilio avrebbe diligentemente considerate le cose proposte dalle signorie loro illustrissime, e che a convenevol tempo risponderebbe.

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Continuando il Gualtieri la conversazione col cardinal di Loreno, il trovò non solo (2) informato dell'ombre non mai di

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo ai 19 di novembre 1562.

(2) Lettere e cifere del Gualtiero al cardinal Borromeo de' 25, e de' 26 di novembre 1562....

leguate a pieno fra gli altri Legati e'l Simonetta, ma sinistramente disposto verso di questo nel quale, diceva egli, era ridotto il segreto, e la confidenza del pontefice, disanimandosi i colleghi per vedersi in Roma spesso battuti. Non essere contento quell'uomo di sol prevalere nell'opinione d'amorevole verso il papa, se oltre a ciò non introduceva opinione contraria degli altri. Nel che era il cardinal di Loreno reamente avvisato, imperò che vedesi a quel tempo una liberissima confidenza in Pio del Mantovano a pari del Simonetta. Bensi al Seripando e al Varmiese, come a persone più di scuola che di negozio, si comunicavano parcamente quegli affari che non erano di lor professione. Anzi, quanto è al cardinal Simonetta, si come il terrore è frutto della suspizione, fu (1) ripreso dal papa quasi troppo dominato da un tale affetto, che frange la virtù necessaria per altamente operare. Aggiunse il cardinal di Loreno al Gualtieri, in Roma troppo esser pregiati alcuni giovani canonisti del concilio,

(1) Cifera del cardinal Borromeo al cardinal Simonetta de' 5 di dicembre 1562.

i quali, estimando di servire al pontefice, gli nocevano, con provocare or gli Spagnuoli, or i Francesi. E qui lamentossi della gran festa che tali uomini aveano fatta alla voce poc' anzi sparsa del suo distornato venire. Per verità erano giunte novelle al cardinal Simonetta da Milano (1), che gli abati di Francia albergati da quello di sant'Ambrogio, avessero favellato per modo intorno a' pensamenti del Lorenese, ed all'unione della sua schiera con gli Spagnuoli e con gli Alamanni, ch'erasi non poco nudrita la precedente e natural sospezione di quel Legato: persona non meno facile a palesarla, che a conceperla, e con cui convenivano quasi tutti coloro, i quali mostravano maggior zelo verso l'autorità del pontefice, o perchè chi ama teme, o perchè chi ostenta l'amore, ne ostenta per argomento il timore. Il Gualtieri s'ingegnò d'addolcire nel Lorenese lo stomaco inacerbito verso il cardinal Simonetta: e insieme confortò il cardinal Simonetta a visitar lui, e ad introdursi nell'amor suo per quelle vie

(1) Lettera e cifera del Gualtiero al cardinal Borromeo de' 19, e de' 25 di novembre 1562.

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