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NELL'ANNO MDCCCXXXVIII

DESCRITTA

DA ANTONIO NIBBY

PUBLICO PROFESSORE DI ARCHEOLOGIA NELLA UNIVERSITA' KO-
MAVA, MEMBRO DEL COLLEGIO FILOLOGICO DELLA Stessa uni-
VERSITA', E DELLA COMMISSIONE GENERALE CONSULTIVA DI
ANTICHITA' E BELLE ARTI, SCRITTORE INterprete di LIN-
GUA GRECA NELLA BIBLIOTECA VATICANA, SOCIO DELL'ACCA-
DEMIA ROMANA DI ARCHEOLOGIA, DELL'ACCADEMIA DELLE BEL-
LE ARTI DI S. LUCA, DELL'ACCADEMIA REALE ERCOLANESE DI
NAPOLI, DELL'ACCADEMIA REALE DELLE SCIENZE DI MONACO,
DELL'ISTITUTO REALE DI FRANCIA, DELL'ACCADEMIA DELLE
BELLE ARTI DI FIRENZE EC. EC. EC.

PARTE I. ANTICA

SHOME

ROMA

TIPOGRAFIA DELLE BELLE ARTI

1838

DC 705 NOT

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Ardua

PREFAZIONE

rdua impresa certamente è questa, alla quale mi accingo, di dare una nuova descrizione de' monumenti antichi e moderni di Roma, quali oggi si trovano; poichè il tema è stato tante volte trattato da oltre quattrocento anni a questa parte, e sovente pure da uomini profondi, che ormai dovrebbe supporsi esaurito; ma che nol sia stato lo mostrano le querele, che troppo sovente odonsi ripetere, che Roma manca ancora di una buona guida, che unisca la utilità al commodo, ed all' accuratezza de' fatti accoppii la proprietà del criterio, e quella sobrietà di modi che sono frutto di lunghe e laboriose ricerche.

Die sprone a questi studii il Petrarca che caldo di amore e di riconoscenza verso gli antichi magnificò con grande entusiasmo gli ava i superstiti de' monumenti di Roma, testimonii di fatto del gusto e della possanza di coloro che li aveano fondati. Sul suo esempio nel secolo seguente il Bracciolini, il Volaterrano, e l'illustre Pomponio Leto viemmaggiormente spaziarono sopra questa materia; ma scarsi a quella epoca erano i mezzi per rischiarare questa parte, che pure oggi tanti dubbii presenta, languida in quel primo albore degli studii filologici e storici la critica per dissipare le tenebre addensate da dieci secoli di rovine e d'ignoranza, che aveano invaso le menti del volgo sempre pronto ad ammettere racconti meravigliosi ed a travisare la verità con tradizioni fallaci. Nulladimeno l'impulso dato da que' dotti non riuscì vano, poichè la importanza di questi studii fu un fatto stabilito, e si riconobbe quanto fosse giovevole al progresso delle Lettere e delle Ar

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ti belle delineare nella mente la topografia antica di questa città regina delle nazioni. Si trattava di sbrogliare un caos, quindi sebbene molte false nomenclature sorgessero, ed altre di già introdotte si mantenessero, contro le quali ancora si lotta, ciò non ostante si ebbe un risultato importante, che cominciò a formarsi una idea generale delle cose, punto dal quale era d'uopo dover sempre partire se si voleva fare un progresso. Vero è che essi aveano un vantaggio che noi non abbiamo, che vedevano i monumenti in uno stato men alterato di quello che li vediamo oggi, ma dall' altro canto il grave ostacolo si frapponeva della non curanza dell' arte per parte degli eruditi, come l'assenza di ogni cognizione filologica positiva per parte degli artisti, dalla quale i primi ad emanciparsi furono il Buonarroti ed il divin Raffaello, che d'altronde si misero docili sotto i dettati di letterati in gni del secolo loro. Da questa separazione di cognizioni necessarie allo scopo ne venne una specie di scisma frutto dell' orgoglio, chè gli eruditi, i quali vollero trattare de' monumenti antichi di Roma isdegnarono d' intendersela cogli artisti, e questi tacciarono di frivolezza gli eruditi : quindi negli scritti degli uni molta erudizione non applicabile ai fatti, e ne' lavori degli altri i monumenti delineati con maggiore, o minore perizia, secondo l'abilità rispettiva, ma senza criterio storico e da tutto ciò derivò ritardo al progresso della scienza.

Malgrado questi ostacoli sorgeva di tempo in tempo fra gli eruditi qualche ingegno sublime che faceva progredire di qualche passo questo ramo così importante della scienza archeologica, che n'è il tipo generale. E nel secolo XVI. quel grande ingegno di Onofrio Panvinio fra tanti altri trattati, che scrisse

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