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La storia d'Italia nel secolo XVIII somiglia in qualche modo all'ultimo atto di un lungo dramma: tutto quello che ancora rimaneva dell'antico sistema politico venne a fine per dar luogo ad un ordine nuovo di cose.

Sul terminare del secolo precedente i maggiori potentati d'Europa, vedendo oramai vicino a morir senza prole Carlo II d'Absburgo, re di Spagna, padrone di gran parte d'Italia e d'America, pensarono di scompartirne, lui vivente, l'eredità; per evitare (dicevano) il pericolo che verrebbe alla sicurezza comune, se gl'immensi dominj spagnuoli s'aggiungessero tutti ai possedimenti di un solo; ed anche perchè non si rinnovasse un'altra guerra di successione, memori di ciò che avevano sofferto per quella di Mantova e Monferrato alla estinzione della casa Gonzaga (1627–1631). Ma Carlo II morendo (1o novembre 1700), aveva istituito suo erede universale, con testamento del 2 ottobre dello stesso anno, il pronipote di Luigi XIV, Filippo di Borbone, duca d'Angiò; il quale, col nome di Filippo V, occupò subito il trono di Spagna, e fece invadere il ducato di Milano, Napoli, la Sicilia, la Sardegna e lo Stato de' presidj in Toscana, che allora dipendevano da quella corona.

L'imperatore Leopoldo I, l'Inghilterra e l'Olanda collegaronsi contro Filippo e contro il re di Francia, alle cui arti attribuivasi, ne senza ragione, il testamento di Carlo II: e la prima scena (dice il Muratori) di quella terribile tragedia toccò alla povera Lom bardia; indi la guerra si allargò anche ad altre parti d'Italia e fuori. Le milizie imperiali furono commesse ad Engenio di Savoia

Carignano, detto Principe Eugenio; il quale, benchè nato a Parigi (18 ottobre 1663) e cresciuto in Francia, mal contento del re Luigi XIV, che s'era rifiutato di dargli un comando nell'esercito francese, passò nel 1683 al servizio dell'imperatore Leopoldo I, e fu uno de' più illustri capitani del suo tempo. Dell'esercito francoispano, che doveva guerreggiare in Italia contro gli Austriaci, ebbe il comando Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, fino all'anno 1703: nel quale, mutando consiglio, perchè era infastidito dell'alterigia francese e spagnuola, e gli pareva più vantaggiosa l'amicizia degli alleati, strinse lega coll'imperatore. Allora Luigi XIV, per vendicarsi, mandò il duca di Vendôme e il La Feuillade ad assaltare il Piemonte. I Francesi di vittoria in vittoria si condussero fino a Torino, che assediarono per alcuni mesi; ma quivi furono sì pienamente sconfitti dal Principe Eugenio e dal duca Vittorio Amedeo II (7 settembre 1706), che a stento salvaronsi, lasciando sul campo ventimila soldati, le artiglierie e le bagaglie. La guerra per altro fini molto più tardi coi trattati di Utrecht e di Radstadt (1713-1714), che diedero alla Casa d'Austria il Belgio, Milano, Napoli, la Sardegna, il ducato di Mantova e i presidj toscani; a Vittorio Amedeo il Monferrato e la Lomellina, e la Sicilia con titolo di re. Gli Spagnuoli per quei trattati furono esclusi affatto, ed era tempo, dall'Italia, che nella lunga dominazione di oltre due secoli (1503-1713) avevano spogliata e corrotta; ma Filippo V ottenne di esser riconosciuto re di Spagna. In luogo degli Spagnuoli signoreggiarono in Italia gli Austriaci, i quali però furono meno rapaci e meno corrompitori. A Carlo III Gonzaga Nevers, duca di Mantova, fu tolto allora lo Stato e aggiunto (1708) al ducato di Milano, per aver ricevuto, durante la guerra, un presidio francese: del resto anche Ferdinando Gonzaga, principe di Castiglione delle Stiviere, e Francesco Pico, duca della Mirandola, soggiacquero alla medesima sorte; donde apparisce che quello fosse un pretesto; e il vero si è che gl'imperatori Giuseppe I e Carlo VI volevano levarsi d'attorno cotesti signorotti minori, capaci pur tuttavia di mettere inciampo ai loro ambiziosi disegni sull'Italia.

Non durò a lungo la pace fondata su quei trattati, ma la ruppe improvvisamente (nel 1717) e contro l'aspettazione di tutti, il cardinale Giulio Alberoni, ministro di Spagna. Costui, figliuolo di un giardiniere di Firenzuola, per qualche notizia della lingua francese diventò segretario del duca di Vendôme, che allora guerreggiava in Italia, e andò con lui in Francia ed in Ispagna. Quivi, dopo che le vittorie del duca ebbero assicurato il trono a Filippo V Borbone, occupò col suo ingegno e colla sua accortezza l'animo di quel re e negoziò le seconde sue nozze con Elisabetta Farnese (15 agosto 1714), figlia unica di Odoardo II duca di Parma;

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