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sione dell'Africano in Etruria, il processo intentato a Scipione Asiatico durante l'assenza dell'Africano e l'intercessione di Ti. Gracco, lo sposalizio della figlia dell'Africano con Ti. Gracco il medesimo giorno dell'intercessione, la morte e la sepoltura dell'Africano in Roma, gli onori resi da Terenzio Culleone ai funerali dell'Africano. Poderose orme stampò, come al solito, su questo campo il Mommsen, in un lavoro pubblicato prima nell'Hermes I (1866), p. 161-216, e poi con qualche aggiunta, nel secondo volume delle Römische Forschungen, Berlin, 1879, p. 417-510. Quanto alla doppia fonte di Livio, egli segue quasi interamente il Nissen; quanto alle altre tradizioni rimasteci negli scrittori sul medesimo argomento, egli giunge ai risultati seguenti (Röm. Forsch. II, 419 segg.): Livio menziona una oratio Catonis de pecunia regis Antiochi, ma non sembra averla usufruita. I due decreti tribunizi di Gellio 6 (7) 19 non sono falsificazioni, ma adattamenti del contenuto. Le due orazioni di P. Scipione contro Nevio e di Ti. Gracco per la sua intercessione sono false. - I due capitoli di Gellio sono presi dagli exempla di Nepote. Dalla narrazione liviana sgorgano quelle di Valerio Massimo, Orosio, Plutarco, Dione-Zonara, e forse anche i dati di Seneca. I racconti di Appiano e del libro De viris illustribus risalgono ad Anziate. Quanto alla narrazione liviana, secondo le conchiusioni del Mommsen (p. 425 e segg.) dovrebbero in essa distinguersi due parti: una, la maggiore, formerebbe il corpo di tutto il racconto e sarebbe presa da Valerio Anziate, alla quale l'autore avrebbe posteriormente innestata, togliendola da altre fonti, e probabilmente da Claudio Quadrigario tutto il passo da 38, 55, 8 'has ego summas..." fino a 38,57 proponenda erant'. Le conclusioni del Mommsen furono più o meno fedelmente seguite dall'Unger, in Philologus, Supplmtband 3o, p. 121 segg. e dal Peter, Histor. rom. Rell., p. 258 segg. Altre brevi fonti di Livio designa il Mommsen (p. 425) quelle che Livio stesso indica al 38,56, e nel cap. 55, Polibio; l'Unger però (p. 124) crede che Livio non abbia usufruito Polibio direttamente, ma attraverso la narrazione di Quadrigario.

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I confronti che noi faremo tra le diverse fonti che contengono notizia di questo, che è certo tra i più famosi episodii della vita romana del sesto secolo, non ci porteranno solo a modificare le conclusioni sopra dette, ma tramanderanno anche sulla serie degli avvenimenti che in quell'episodio si succedettero, luce non poca. Anzitutto, sulle fonti di Livio, sentiamo le dichiarazioni di Livio stesso. Egli dunque, pel processo degli Scipioni, nomina due volte Anziate (38, 50, 4 e 38, 55, 8); di più, lo nomina in 39, 52, 1, a proposito della morte di P. Scipione Africano. In 38, 54, 11 nomina una oratio Catonis de pecunia regis Antiochi. In 38, 56, 5 nomina le due orazioni di P. Scipione Africano, e di Tiberio Gracco. Di più a proposito della morte di P. Scipione Africano (38, 52, 1) nomina Polibio e Rutilio. È strano infatti come gli studiosi di questa parte della narrazione liviana non si siano abbastanza fermati su questo passo, nel quale Livio cita Rutilio, e non abbian posto Rutilio Rufo tra le fonti del processo degli Scipioni. Noi non possiamo decidere se Rutilio Rufo abbia veramente scritto un libro De vita Scipionis, come parrebbe risultare da una lezione, che vien reputata falsa, di un passo d'Isidoro, orig. XX, 11, 4'Lecticae sive plutei lecti, de quibus Rutilius Rufus de vita Scipionis: 'Primum, inquit, contra consuetudinem imperatorum ipse pro lectis lecticis utebatur', ove altri leggono: de vita sua, omettendo l'ipse; nè se, in ogni caso, dovrebbe intendersi di Scipione Maggiore o Minore. Certo è però che scrisse un libro d'Historiae, come attesta Plutarco (Pomp., 37 & 8 'PouTílios Ev Taîs iσтopíaιg »), e che doveva essere, quanto a verità storica, non ispregevole fonte, se Livio (39, 52, 1) e Gellio (VI [VII] 14, 8) il citano accanto a Polibio; e per i fatti di Scipione poi molto autorevole, intercedendo una distanza di appena trent'anni tra la morte dell'Africano e la nascita di Rutilio; ed essendo egli stato tribuno militare nell'esercito di Scipione Africano Minore all'espugnazione di Numanzia (App. Hiber., 88, Cic. De Rep. 1, 11, 17), il che potè dargli modo di attingere direttamente notizie dalla famiglia degli Scipioni. Si aggiunge che l'allusione a Rutilio

è, secondo una intuizione del Nissen, evidente in un altro luogo liviano, che pur si riferisce a Scipione Africano (Nissen, Untersuch., p. 41). Il passo è (39, 50, 10) Ab scriptoribus rerum Graecis Latinisque tantum huic vivo (Philopoemeni) tribuitur, ut a quibusdam eorum velut ad insignem notam huius anni mandatum sit, tres claros imperatores eo anno decessisse, Philopoemenem, Hannibalem, P. Scipionem. Poichè risulta che Polibio faceva morire nello stesso anno i tre capitani, e poichè in 39, 52, 1, Livio riferisce l'anno di morte di P. Scipione Africano secondo Polibio e Rutilio, è logico supporre che nel passo apportato, sotto la denominazione Graeci latinique scriptores bisogni intendere Polibio e Rutilio. Oltre le narrazioni di Valerio Anziate, di Rutilio, di Polibio, oltre le orazioni di Catone, di P. Scipione Africano, di Ti. Gracco, Livio deve aver consultato altri annalisti antichi. Infatti Gellio in VI [VII] 19 riporta ex annalium monumentis i due decreti fatti nel processo contro L. Scipione Asiatico, decreti che, se non son proprio i testuali, non sono però neppure falsificati, ma sono probabilmente riproduzioni del contenuto dei decreti genuini (Weissenborn a Livio, 38, 60; Mommsen, Röm. Fo., II, p. 419). Ora il testo di tali decreti ha grande rassomiglianza con quelli che si leggono rapportati in Livio (v. specialm. 38, 60). Livio non potè toglierli da Anziate, appunto perchè Gellio contrappone alla versione valeriana quella che risulta dal testo dei suoi decreti; dovè dunque toglierli dagli annalium monumenta di cui parla Gellio. Non escludiamo poi che abbia Livio anche tenuto dinanzi Claudio Quadrigario, che da tutti vien posto come la seconda fonte tra le due che a Livio si attribuiscono per questo processo (Nissen, Mommsen, Peter, Unger), benchè senz'alcuna prova o indizio diretto; al quale anzi si vogliono attribuire i due decreti tribunizii sopra menzionati (Mommsen, p. 427), per questa sola ragione che Claudio anche altrove, nel riportare simili documenti, adopera il discorso diretto; e si cita presso Gellio, 3, 8, la lettera di Fabrizio al re Pirro. Chi consideri la vacuità di tal lettera, rispetto alla gravità dei due documenti tribunizii apportati

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da Gellio, potrà forse giungere ad altro avviso (1). — Ad ogni modo, se tali e tante furono le fonti di Livio, si comprende come egli si trovasse a disagio nella varietà delle versioni 38, 56, 1: 'ut cui famae, quibus scriptis adsentiar non habeam'; e come spesso indicasse le due versioni opposte; cfr. oltre tutto il capitolo 56, anche 38, 55, 2 ove dà due versioni su Terenzio Culleone; 38, 55, 8-12 ove dà due versioni sulla somma imputata a L. Scipione, 38, 57, 3 ove dà due versioni circa il matrimonio della figlia di Scipione; e come una sola volta (38, 57, 2) trovasse da notare il consenso di tutti nuptam fuisse convenit.

Saranno ora da esaminare, fin dove è possibile, le tracce delle suddette fonti nella narrazione liviana.

Ed anzitutto l'orazione di Catone. Che Catone sia stato il promotore delle accuse contro gli Scipioni, viene affermato da tutte le fonti, per quanto in altre cose discordi: Livio, 38, 54, 1. 'Morte Africani crevere inimicorum animi, quorum princeps fuit M. Porcius Cato, qui vivo quoque eo allatrare eius magnitudinem solitus erat. Hoc auctore existimantur Petillii et, vivo Africano, rem ingressi, et, mortuo, rogationem promulgasse'. Plutarco, Cato maior 15, [Κάτων] παρεσκεύασεν..... ἐπὶ Σκηπίωνα τοὺς περὶ ΠεTÍMOV. Gellio, 4, 18, 7 'Petillii quidam tribuni plebis a M., ut aiunt, Catone, inimico Scipionis comparati in eum atque immissi'. - Livio trovava in alcune fonti come il processo per la rogatio Petillia fu fatto dopo la morte di Scipione Africano (v. Antiate presso Gellio VI [VII] 19, 8); in altre che fu fatto prima della morte (e sono le fonti che servirono a Gellio stesso per la narra

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(1) Probabilmente vi furono anche altri narratori delle gesta degli Scipioni. Vedi Flavio Vopisco, Probus, 2 P. Scipionem Africanum immo Scipiones omnes seu Lucios seu Nasicas nonne tenebrae possiderent ac tegerent, nisi commendatores eorum historici nobiles atque ignobiles extitissent ? Si rammenti pure che P. Cornelio Scipione figlio dell'Africano compose una historia graeca scripta dulcissime (Cic. Brut. 19, 77) nella quale quindi non è improbabile giungesse sino agli avvenimenti paterni.

zione sua, l. c.); suppose dunque due rogazioni Petillie, una prima, un'altra dopo la morte dell'Africano; e poichè trovava Catone difensore di quella rogazione, il fece, la prima volta, semplicemente ispiratore. Or da quel che seguirà, risulterà, spero, come sia a parlare di una sola rogatio Petillia. Catone ne fu ispiratore, come risulta dai passi sopra apportati, e ne fu difensore, come risulta dall'orazione ch'ei ne scrisse: Livio 38, 54, 11: 'M. Cato suasit rogationem exstat oratio eius de pecunia regis Antiochi Or se una sola fu la rogatio per il denaro di Antioco, e se il difensore di quella rogazione fu Catone, tutto ciò che Livio innanzi (38, 52-3) dice della prima rogazione Petillia dovrà riferirsi a quest'unica rogazione; Livio avendo supposto due rogazioni, una prima della morte dell'Africano, l'altra dopo la morte, ha riferito alla prima tutto ciò che personalmente toccava Scipione Africano. Or vediamo se appunto a proposito di questa supposta prima rogazione, se cioè nei capitoli 51, 52, e 53 (lib. 38) ed anche a proposito della seconda, vi sieno notizie che Livio potè trovare nella oratio de pecunia regis Antiochi che Catone fece per fare approvare la rogazione Petillia:

1) Livio 38, 51, 1 Tribuni plebis vetera luxuriae crimina Syracusanorum hibernarum et Locris Pleminianum tumultum, quum ad fidem praesentium criminum rettulissent...' Quest'accusa di mollezza e lussuria fatta a Scipione ha riscontro in quella che Catone gli faceva (Plutarco, Cato maior 3). Probabilmente dunque era anche nell'orazione di Catone contro gli Scipioni, donde Livio potè toglierla.

2) Livio 38, 51, 4 'unum hominem caput columenque imperii romani esse, sub umbra Scipionis civitatem dominam orbis terrarum latere ha riscontro in 38, 54, 6' Petillii nobilitatem et regnum in senatu Scipionum accusabant'. Or tale accusa risale a Catone. Plutarco (Cato maior 11) ci dice come Catone deridesse Scipione per la sua nobiltà e lo accusasse per la sua potenza ed ambizione. Ed anche Livio ha (38, 54, 1) Cato... allatrare eius magnitudinem solitus erat'. È probabile dunque che

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