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una grazia m'impetriate, la quale è questa, che venerdì che viene voi facciate sì che messer Paolo Traversari e la moglie e la figliuola e tutte le donne lor parenti, et altre chi vi piacerà, qui sieno a desinar meco. Quello per che io questo voglia, voi il vedrete allora. A costar parve questa assai piccola cosa a dover fare; et a Ravenna tornati, quando tempo fu, coloro invitarono li quali Nastagio voleva, e come che dura cosa fosse il potervi menare la giovane da Nastagio amata, pur v'andò con l'altre insieme. Nastagio fece magnificamente apprestare da mangiare, e fece le tavole mettere sotto i pini dintorno a quel lougo dove veduto aveva lo strazio della crudel donna; e fatti mettere gli uomini e le donne a tavola, si ordinò, che appunto la giovane amata da lui fu posta a sedere dirimpetto al luogo dove doveva il fatto intervenire. Essendo adunque già venuta l'ultima vivanda, et il romore disperato della cacciata giovane da tutti fu cominciato ad udire. Di che maravigliandosi forte ciascuno, e domandando che ciò fosse, e niun sappiendol dire, levatisi tutti diritti e riguardando che ciò potesse essere, videro la dolente giovane e'l cavaliere e'cani; ne guari stette che essi tutti furon quivi tra loro. Il romore fu fatto grande et a'cani et al cavaliere, e molti per ajutare la giovane si fecero innanzi. Ma il cavaliere, parlando loro come a Nastagio aveva parlato, non solamente gli fece indietro tirare, ma tutti gli spaventò e riempiè di maraviglia: e faccendo quello che altra volta aveva fatto, quante donne v'avea (chè ve ne avea assai che parenti erano state e della dolente giovane e del cavaliere, e che si 30

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ricordavano e dell'amore e della morte di lui) tutte così miseramente piagnevano, come se a sè medesime quello avesser veduto fare. La qual cosa al suo termine fornita, et andata via la donna e 'l cavaliere, mise costoro che ciò veduto aveano in molti e varj ragionamenti; ma tra gli altri che più di spavento ebbero, fu la crudel giovane da Nastagio amata, la quale ogni cosa distintamente veduta avea et udita, e conosciuto che a sè più che ad altra persona che vi fosse queste cose toccavano, ricordandosi della crudeltà sempre da lei usata verso Nastagio: per che già le parea fuggir dinanzi da lui adirato, et avere i mastini a'fianchi. E tanta fu la paura che di questo le nacque, che, acciò che questo a lei non avvenisse, prima tempo non si vide (il quale 15 quella medesima sera prestato le fu) che ella, avendo l'odio in amore tramutato, una sua fida cameriera segretamente a Nastagio mandò, la quale da parte di lei il pregò che gli dovesse piacer d'andare a lei, per ciò ch'ella era presta di far tutto ciò che fosse piacer di lui. Alla qual Nastagio fece rispondere che questo gli era a grado molto, ma che, dove le piacesse, con onor di lei voleva il suo piacere, e questo era sposandola per moglie. La giovane, la qual sapeva che da altrui che da lei rimaso non era che moglie di Nastagio stata non fosse, 25 gli fece risponder che gli piacea. Per che, essendo essa medesima la messaggiera, al padre et alla madre disse che era contenta d'essere sposa di Nastagio, di che essi furon contenti molto: e la domenica seguente Nastagio sposatala e fatte le sue nozze, con lei più tempo lietamente visse.

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CALANDRINO

Nella nostra città, la qual sempre di varie maniere e di nuove genti è stata abondevole, fu, ancora non è gran tempo, un dipintore chiamato Calandrino, uom semplice e di nuovi costumi, il quale il più del tempo con due altri dipintori usava, chiamati l'un Bruno e l'altro Buffalmacco, uomini sollazzevoli molto, ma per altro avveduti e sagaci, li quali con Calandrino usavan per ciò che de'modi suoi e della sua simplicità sovente gran festa prendevano. Era similmente allora in Firenze un giovane di maravigliosa piacevolezza in ciascuna cosa che far voleva, astuto et avvenevole, chiamato Maso del Saggio; il quale, udendo alcune cose della simplicità di Calandrino, propose di voler prender diletto de'fatti suoi col fargli alcuna beffa, o fargli credere alcuna nuova cosa. E per avventura trovandolo un dì nella chiesa di San Giovanni, e vedendolo stare attento a riguardar le dipinture e gl'intagli del tabernacolo il quale è sopra l'altare della detta chiesa, non molto tempo davanti postovi, pensò essergli dato luogo e tempo alla sua intenzione: et informato un suo compagno di ciò che fare intendeva, insieme s'accostarono là dove Calandrino solo si sedeva, e faccendo vista di non vederlo, insieme cominciarono a ragionare delle virtù di diverse pietre, delle quali Maso così efficacemente parlava come se stato fosse un solenne e gran lapidario. A'quali ragionamenti Calandrino posto orecchie, e dopo

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alquanto levatosi in piè, sentendo che non era credenza, si congiunse con loro; il che forte piacque a Maso: il quale, seguendo le sue parole, fu da Calandrin domandato dove queste pietre così virtuose si trovassero. Maso 5 rispose che le più si trovavano in Berlinzone, terra de'Baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce, et avevasi un'oca a denajo et un papero giunta, et eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n'aveva: et ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciol d'acqua. O, disse Calandrino, cotesto è buon paese; ma dimmi, che si fa de'capponi che cuocon coloro? Rispuose Maso: Mangiansegli i Baschi tutti. Disse allora Calandrino: Fostivi tu mai? A cui Maso rispose: Di'tu se io vi fu'mai? sì vi sono stato così una volta come mille. Disse allora Calandrino: E quante miglia ci ha? Maso rispose: Haccene più di millanta, che tutta notte canta. Disse Calandrino: Dunque dee egli essere più là che Abruzzi. Sì bene, rispuose Maso, sì è cavelle. Calandrino semplice, veggendo Maso dir queste parole con un viso fermo e senza ridere, quella fede vi dava che dar si può a qualunque verità è più manifesta, e così l'aveva per vere, e disse: Troppo ci è di lungi a'fatti miei; ma se più presso ci fosse, ben ti dico che io vi verrei una volta con esso teco, pur per veder fare il tomo a quei maccheroni, e tormene una sa

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tolla. Ma dimmi, che lieto sie tu, in queste contrade non se ne truova niuna di queste pietre così virtuose? A cui Maso rispose: Sì, due maniere di pietre ci si truovano di grandissima virtù: l'una sono i macigni da Settignano e da Montisci, per virtù de'quali, quando son macine fatti, se ne fa la farina; e per ciò si dice egli in quegli paesi di là, che da Dio vengono le grazie e da Montisci le macine; ma ecci di questi macigni sì gran quantità, che appo noi è poco prezzata, come appo loro gli smeraldi, de'quali v'ha maggior montagne che monte Morello che rilucon di mezza notte vatti con Dio. E sappi che chi facesse le macine belle e fatte legare in anella, prima che elle si forassero, e portassele al Soldano, n'avrebbe ciò che volesse. L'altra si è una pietra, la quale noi altri lapidarj appelliamo Elitropia, pietra di troppo gran virtù, per ciò che qualunque persona la porta sopra di sè, mentre la tiene, non è da alcuna altra persona veduto, dove non è. Allora Calandrin disse: Gran virtù son queste; ma questa seconda dove si truova? A cui Maso rispose, che nel Mugnone se ne solevan trovare. Disse Calandrino: Di che grossezza è questa pietra? o che colore è il suo? Rispose Maso: Ella è di varie grossezze, chè alcuna n'è più et alcuna meno, ma tutte son di colore quasi come nero. Calandrino, avendo tutte queste cose seco notate, fatto sembiante d'avere altro a fare, si partì da Maso, e seco propose di voler cercare di questa pietra; ma diliberò di non volerlo fare senza saputa di Bruno e di Buffalmacco, li quali spezialissimamente amava. Diessi adunque a cercar di costoro, acciò che senza indugio, e

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