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CAPITOLO VI.

1 Giudei accusano Archelao, e chieggono governatori romani. Sono esauditi. Cesare distribuisce a' figliuoli d'Erode gli averi paterni giusta il volere del padre.

I. Ma in Roma si preparò ad Archelao un' altra lite da sostenere contro i Giudei, i quali prima della ribellione per consentimento di Varo venuti erano ambasciadori per la libertà della loro nazione. Cinquanta furono le persone perciò venute, a' quali s'aggiunsero da ottomila di que' Giudei, che abitavano in Roma. Raccolti dunque a consiglio da Cesare i principali Romani e gli amici nel tempio d'Apollo sul Palatino, fabbrica da lui a private sue spese eretta, e con ammirabile magnificenza adornata, si presentò da una parte cogli ambasciadori la moltitudine de' Giudei, e dall' altra Archelao cogli amici. I suoi congiunti in (1) gran parte nè dell'una fazione esser vollero nè dell'altra; non di questa, perchè l'odio e l'invidia, che si covavano contro Archelao, non pativa che comparissero a suo favore; non di quella, perchè vergognavansi d'esser veduti da Cesare tra gli accusatori d'un loro congiunto. Oltre a questi comparve ancora Filippo fratel d'Archelao con buon fine spedito sollecitamente da Varo per due cagioni, e perchè sostenesse Archelao, e perchè se Cesare ripartisse fra i discendenti d' Erode le sue sostanze, toccasse anche a lui qualche parte d'eredità. Or data licenza agli accusatori di esporre i delitti di Erode si fecero

ma

primieramente dal dire, che in lui non un re, avevan provato il più crudo tiranno, di quanti avessero mai fino allora tiranneggiata la terra. Dopo una quantità assai grande di gente da lui uccisa, que', che rimasero, aver tali cose e tante da lui sofferte, che a' morti invidiavano il loro stato; perciocchè non solo aver egli straziati i corpi de' sudditi, ma le intere città eziandio. Lui aver disformate le proprie, abbellite quelle degli stranieri; e a nazioni di fuori donato il sangue della Giudea. In cambio poi dell'antica felicità e delle patrie leggi la nazione sommersa nella miseria e nell' ultime scelleratezze. In somma aver più sciagure patite i Giudei in pochi anni da Erode, che non soffersonne i lor maggiori tornati, regnante Serse, da Babilonia in tutto il tempo, che dalla loro liberazione andò fino allora. Eppure a tanta meschinità essi vennero e debolezza di spirito, che volontariamente sostennero il prolongamento della lor servitù dolorosa; anzi prontamente acclamarono re Archelao figliuolo d' un tal tiranno, spirato che fu il padre, e compiansero seco la morte d'Erode, e fecero orazione pel successore; il quale come se s' ingegnasse di non parere illegittimo figlio d' Erode diede cominciamento al suo regno col macello di tremila cittadini. Tante furon le vittime, che offri a Dio in ringraziamento del regno ottenuto; e tanti furo i cadaveri, di che riempi il Tempio in giorno solenne. Ben a ragion dunque coloro, che sopravvissero a tanti mali, han dato una volta un'occhiata alle loro sventure e vogliono, come in guerra si suole, ricevere le ferite nel viso. Pregan pertanto i Romani, che sentan pietà degli

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avanzi della Giudea; nè quel, ch'or d'essa rimane gettino in braccio a persone, che adoprano barbaramente. Uniscano le lor terre alla Siria, e dianle a reggere a' governatori romani. Così mostreràssi, se quelli, ch' or sono accusati per rivoltosi e nimici, sappiano soggettarsi a reggitori discreti. In tal modo i Giudei passarono a terminare con questa preghiera la loro

accusa.

che

II. Indi rizzatosi Nicolò sciolse prima le accuse, s'apponevano a're: poscia prese a incaricar la nazione d'intrattabile naturalmente e caparbia contro i regnanti. Alla fine involse nelle accuse medesime que' congiunti d'Archelao, che s'eran dati a seguire le parti degli accusatori.

III. Cesare, udite le ragioni degli uni e degli altri, per ora licenziò l'assemblea. Indi a pochi giorni concede metà del regno ad Archelao col titolo di signore (2), e colla promessa di farlo ancor re, quand'egli dia prove di meritarlo. L'altra metà ripartilla in due tetrarchie, e le diede a' due altri figliuoli d' Erode, l'una cioè a Filippo, e l'altra a quell' Antipa, che disputò con Archelao del regno. Ad esso dunque fu soggettato il paese di là dal Giordano, e la Galilea, che rendevangli da dugento talenti. La Batanea poi, la Traconitide Auranite, e alcune parti della facoltà di Zenone, e i contorni (3) di Giamnia, che davan di rendita cento talenti, furo assegnate a Filippo. Alla signoria poi d' Archelao appartenevano l' Idumea, la Giudea tutta, e la Samaritide, a cui rilasciata fu de' tributi la quarta parte in premio di non avere cogli altri mossa ribellione. Le eit

tà, ch' ebbe suddite, furono la Torre di Stratone, Sebaste, Gioppe e Gerusalemme, poichè le grechesche, Gaza vo' dire, Gadara, ed Ippo smembrate dal regno unille alla Siria. Quattrocento talenti fruttavano ad Archelao i paesi a lui dati. Salome poi, oltre quanto avevale il re lasciato nel testamento, fu creata signora di Giamnia, d' Azoto e di Fasaelide, e Cesare le donò la reggia eziandio d' Ascalona. Da tutto questo ella ritraeva di rendita sessanta talenti. I suoi stati però furono sottomessi alla signoria d' Archelao. Così tutti gli altri appartenenti per sangue ad Erode ottennero, quanto egli aveva loro lasciato nel testamento : e alle due vergini sue figliuole Cesare oltre quello, che lor si veniva, donò (4) cinquecentomila dramme d'argento, e maritòlle a' figliuoli di Ferora. Diviso il patrimonio d' Erode, Cesare ripartì tra' figliuoli di lui, quanto Eroce gli aveva lasciato in dono, che alla somma montava li mille talenti, tenuti per se alcuni arredi di nessur pregio per fare onore al defunto.

CAPITOLO VII.

Avventure del finto Alessandro. Esiglio d'Archelao, e morte di Glafira; l'uno e l'altra awisatine prima da un sogno.

I. In questo mentre un non so qual giovinotto, giudeo di nascita, ma cresciuto in Sidone presso un liberto romano (5), per la somiglianza delle fattezze infingendosi l' Alessandro ucciso da Erode sen venne a Roma

sperando di starci entro nascoso felicemente. Ajutavalo in questo un suo nazionale spertissimo nelle cose del regno, da cui imboccato andava dicendo, che i giustizieri spediti ad uccider lui e Aristobolo per compassione, che n' ebbero, li salvar dalla morte sustituendo in lor luogo persone, che li somigliavano. Con tai dicerie incantati i Giudei di Creta, e avutone un lauto provvedimento passò a Melo, ove fatta una colta di lunga mano più abbondevole per la probabilità troppo grande degli argomenti, che produceva, condusse i suoi ospiti a venir seco perfino a Roma. Preso terra a Pozzuoli ebbe da' Giudei di colà d'ogni fatta presenti, e non altrimenti che re fu accompagnato dagli amici paterni. In somma giunse la somiglianza delle fattezze a ottenergli tal fede, che chi aveva veduto Alessandro e il conoscerebbe assai bene, giurava lui esser desso. In fatti tutto il Gudaicismo di Roma in solamente vederlo gli s'affollò intorno, e trasse un immenso popolo a quelle strade, ond' era portato. Perciocchè crebbe a tanto la frenesia de' Melj, che il si recavano entro una lettiga, e a proprie spese apprestavangli trattamento da re.

II. Or Cesare, che conosceva assai bene i lineamenti d'Alessandro, perciocchè trattogli innanzi da Erode per accusarglielo, sebbene prima ancor di vedere il valentuomo sapesse, quanto la somiglianza della persona potesse ingannare, pure volendo dar qualche fede a oggetto di più liete speranze spedisce Celado uno di quelli, che conoscevano troppo bene Alessandro, ordine di menargli davanti il garzone. Ma egli al primo vederlo ci riconobbe issofatto diversità ancora nel volto.

un

con

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