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Avvedutosi poi del grossolano e servile, che traspariva da tutta la sua persona, intese chiaramente la frode. Forte però colpillo il franco parlar di colui. Perciocchè a chi il domandava d' Aristobolo, rispondea, ch' egli pure era salvo, ed erasi a bella posta lasciato in Cipro per torlo agli occhi degl' insidiatori. Mercecchè separati era meno agevole cosa restare oppressi. Celado adunque tiratolo solo in disparte promisegli a nome di Cesare in guiderdone del palesar ch'e' farebbe chi indotto lo aveva a compor tanto inganno, la vita, ed egli risposto, che a Cesare lo scoprirebbe, lo segue al palazzo, e gli palesa il giudeo, che s'era a tal furberia valuto della somiglianza di sue fattezze. Perciocchè tanti doni avere colui ricevuto in ciascuna città, quanti mai non avevane avuto vivendo Alessandro. Rise Cesare a queste novelle; e al finto Alessandro per la robustezza della persona assegnò luogo tra' rematori, e chi lo aveva sedotto, ordinò fosse morto. A Melj poi credette poter bastare in gastigo della loro mattezza le spese gettate.

III. Ora Archelao, ottenuta la signoria, e per la ricordanza delle passate discordie trattati aspramente non pure i Giudei, ma i Samaritani eziandio, per un' ambasciata spedita da ambe le parti a Cesare contro di lui, il nono anno della sua signoria egli fu rilegato in Vienna città della Francia, e venner da Cesare incorporati i suoi beni. Ma primachè fosse citato davanti a Cesare, corre voce, ch' egli vedesse un sogno di questa fatta. Parvegli di veder nove spighe granite ed alte essere divorate da buoi. Or egli chiamati a se gl'indovini e alcuni Caldei domandòlli, che mai credessero voler

dire quel sogno. Mentre gli uni una cosa e gli altri në dicevano un' altra, certo Simone Esseno di nascita disse, le spighe dinotar gli anni e i buoi le rivoluzioni dello stato, perchè coll' arare, ch'e' fan la terra, la van movendo e cangiando; sicchè egli regnerebbe tanti anni, quanti eran le spighe, e dopo sofferti moltiplici cambiamenti di cose morrebbe. Poichè ebbe udita tale seutenza Archelao, non andarono cinque giorni, ch' ei fụ chiamato a rendere ragione di se.

IV. Degno di qui ricordarlo m'è parso anche il sogno di sua consorte Glafira, ch'era figliuola d' Archelao re della Cappadocia, e moglie già d'Alessandro fratello dell' Archelao, di cui ora s'è ragionato, e figliuol del re Erode, da cui fu tolto ancora di vita, come scrivemmo innanzi. Morto lui, prese Giuba re della Libia, cui morto, poichè fu tornata alla casa paterna, dove traeva i vedovili suoi giorni, venne veduta all' Etnarca Archelao, il quale ne fu tanto preso, che licenziata in quello stante la vera sua moglie Mariamme menò a Glafira. Ora a costei poco tempo appresso dalla sua entrata in Giudea parve, che paratolesi innanzi Alessandro così le dicesse. « Ben ti dovevan bastare le » nozze libiche; ma tu non paga di queste di nuovo >> ti riconduci in mia casa per un terzo marito e, » ch'è peggio, arditissima donna che se', per pren» dere un mio fratello. Ma io non lascerò impunito » l'affronto; e ancora a tuo marcio dispetto io ti >> riavro ». Al racconto di questo sogno ella soprav visse appena due giorni.

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CAPITOLO VIII.

La signoria d'Archelao recata a provincia. Ribellione di Giuda galileo. Tre sette giudaiche.

I. Recata a provincia la signoria d' Archelao fu spedito a reggerla in qualità di procuratore certo Coponio dell'ordine equestre presso i Romani, fornito da Cesare di potere fiu sopra le vite de' sudditi. Nel tempo del suo governo cert' uom galileo, che Giuda si nominava, mise a romore i suoi paesani, maledicendoli, perchè sofferivano di pagare tributo a' Romani, e riconoscevano dopo Dio padroni mortali. Era costui professore d'una setta sua propria niente alle altrui somigliante. Perciocchè fra' Giudei ha tre scuole di sapienza; e i Farisei son maestri dell' una, e dell' altra i Sadducei la terza poi, che par dedita più di tutti alla gravità de' costumi, appellasi degli Esseni, Giudei di nascita, ma più degli altri uniti fra se per amore scambievole.

II. Questi (6) rigettano, come rea cosa, i piaceri, e ripongono la virtù nel vivere continenti e nel non sottomettersi alle passioni. Quindi non si curan di nozze, e tengono in luogo di lor congiunti gli altrui figliuoli, cui prendono ad allevare, mentre ancor sono arrendevoli agli ammaestramenti, e li vengon formando alla foggia de' lor costumi. Non per questo e' distruggono il matrimonio e con esso la propagazione del genere umano; ma solo dall' intemperanza si guardano delle donne credendo, che niuna d'esse serbi mai la sua fede ad

un solo. Non fan punto caso delle ricchezze, ed è ammirabile la comunanza, che v' ha tra loro, nè troveràssi fra essi pur uno, che superi gli altri in averi; perciocchè avvi legge per chi entra a professar la lor setta, che debba far comuni all' ordine (7) le sue sustanze, talchè in niun d'essi non comparisca nè ľavvilimento della miseria, nè l'alterigia delle ricchezze : indi così mescolate le facoltà di ciascuno abbian tutti, come altrettanti fratelli, un sol patrimonio. Stimano l'olio una macchia, e se altri ancor suo malgrado ne riman unto, rinettasi la persona; conciossiachè han per cosa onorevole non curarsi d' abbellimenti, e vestire di bianco. Gli amministratori delle comuni facoltà son creati a voti dall' adunanza, ed hanno per indivisibile ministero il provvedere ciascuno a' bisogni di tutti. Non abitano una sola città, ma in ciascuna si vengono trapiantando a più insieme, e a' loro seguaci, che mai ci venisser d'altronde, fan parte di quanto si trovano avere non altrimenti, che cosa loro, e cui per innanzi mai non conobbero, trattano al pari de' loro più intimi confidenti. Quindi, se viaggiano, mai non portano seco cosa del mondo: vanno sol bene in arme per difendersi da' malandrini. In ciascuna città si assegna dall' Ordine un particolare procuratore pe' forastieri, che lor provvegga di vestimento e del bisognevole a sustentarsi. Nel vestire e nel portamento della persona somigliano a que' fanciulli, che stan con timore soggetti al pedante, Non cangiano vesti nè scarpe, se prima non sieno logore affatto o cadenti per la vecchiaja. Fra se non vendono nè comprano cosa alcuna, ma dando questi

ciò, che ha, al compagno, che n' abbisogna, ne ha in contraccambio ciò, che a lui torna meglio; benchè ancor senza cambio sia lecito loro il ricevere checchè vogliono Ida cui che sia.

Ill. Singolarmente però verso Dio sono assai religiosi. Anzichè nasca il sole, non profferiscon parola, che non sia santa, ma sol certe loro preghiere dirette a lui (8), come in atto di supplicargli, che il faccia nascere. Poscia da' loro soprantendenti son ripartiti a far que' mestieri, che ognuno sa, e dopo un lavoro continuato con diligenza fino all'ora quinta di nuovo ragunansi in un sol luogo, e quivi cintisi a' fianchi di pannilini si lavano in acqua fredda. Dopo questa purificazione raccolgonsi nella propria casa, dove a persona d'altro instituto non fu mai lecito di trovarsi. Essi adunque purificati, come in un sagro ricinto entrano nella sala, e sedutisi con gran silenzio, il panattiere mette per ordine innanzi a tutti il lor pane, e il cuoco reca a ciascuno un sol piatto imbastito d'una sola vivanda. Indi il sacerdote previene il mangiare colla preghiera, prima dell' orazione non lice assaggiare bricia di pane. Finito il pranzo, di nuovo si fa orazione, e nel principio e nel fine lodano Iddio, come autore del loro sustentamento. Indi poste giù quelle vesti, che avevano come sagre, ritornano a' lor lavori fino alla sera. Ricondottisi, come prima, a casa cenano in compagnia di quegli ospiti, che per ventura ci si trovassero. Non disturba mai la lor casa nè alzar di voce nè strepito. Nel parlare cedonsi scambievolmente con ordine il luoe a que' di fuori il silenzio di que' dentro sembra

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