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e sarebbero stati in qualche pericolo i primi, anzichè Cesare s'avvedesse del furor de' soldati, se Agrippa venutogli innanzi sollecitamente non gli scopriva il pericoloso fatto, che quello era, e che non frenando egli l'impeto degl' infuriati contro i patrizį, perduti quelli, per cui è onorevole il dominare, sarebbe siguor d'un diserto. Udite Claudio tai cose ammorza il cieco ardore della milizia, ed accoglie il Senato nel campo, onde, dopo usategli gran cortesic, esce tosto con esso per offerire sagrifizj a Dio in ringraziamento dell' impero

ottenuto.

IV. Immediate dipoi fece un dono ad Agrippa di tutto il regno paterno, colla giunta di soprappiù delle terre da Augusto donate ad Erode, e sono la Traconitide e l'Auranite, e oltre a ciò gli stati, che si chiamavano di Lisania. Pubblicò poi al popolo questo dono con un decreto, e a' consoli impose, che incisa la sua donazione sopra tavole di bronzo la riponessero nel campidoglio. Donò eziandio ad Erode fratello e genero insieme d' Agrippa, perchè marito di Berenice (18), il regno di Calcide.

V. Colaron ben tosto in seno ad Agrippa da si gran regno grandi ricchezze, nè egli in cose da nulla spendeva il denajo; conciossiachè cominciasse a tirare d'intorno a Gerusalemme un tal muro, che, se ne fosse venuto a capo, avrebbe a Romani renduto l'assedio di impossibile riuscita; ma prima che l'opera s'innalzasse (19), il prevenne la morte (20) dopo tre anni di regno e altrettanti, in cui ebbe le tetrarchie. Lascia dopo di sè tre figliuole avute da Cipro, ciò son Bere

nice, Mariamme e Drusilla, e un figliuolo dalla medesima moglie nomato Agrippa, il quale, perchè era 'd'età tenerissima affatto, Claudio tornati que' regni a condizion di provincia, mandaci Cuspio Fado procuratore, e appresso Tiberio Alessandro; i quali lasciando intatte le patrie usanze mantennero in pace i Giudei. Dopo ciò viene a morte anche il re della Calcide Erode, lasciato di Berenice nipote sua due figliuoli Bereniciano ed Ircano, e di Mariamme prima sua moglie Aristobolo. Morìgli ancora un altro fratello in condizione privata detto Aristobolo, che lasciò una figlia di nome Giotape. Ora questi, come ho già detto, furono figli d'Aristobolo figliuol del re Erode, a cui nacquero di Mariamme Aristobolo ed Alessandro, cui il padre uccise. La discendenza poi d' Alessandro regnò nell'Armenia maggiore.

CAPITOLO XII.

'Molte turbolenze sotto Cumano sedate da Quadrato. Felice procuratore della Giudea. Agrippa dal regno di Calcide è trasferito a un maggiore.

I. Morto Erode, che regnò nella Calcide, Claudio negli stati del zio mette Agrippa figliuolo d' Agrippa ; e del rimanente della provincia riceve dalle man d'Alessandro il governo Cumano, sotto del quale e incominciarono le turbolenze, e novamente si fe' de'Giudei gran macello. Mercecchè radunatasi per la festa degli azzimi in Gerusalemme la moltitudine, e stando una

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coorte romana dinanzi al portico del Tempio (sempre nelle solennità gente armata facea la guardia, perchè il popolo radunato non si levasse a romore) un non so chi de' soldati trattosi il manto, e chinatosi immodestamente si volse col diretano a' Giudei, e pronunzio contro loro la voce rispondente a quel suo portamento. Del qual fatto la moltitudine si chiamò forte offesa, é gridarono tutti a Cumano, che gastigasse il soldato: anzi la gioventù meno cauta degli altri, e il corpo naturalmente più rivoltoso della nazione corsero all' armi, e dato di piglio a' sassi già cominciavano a lapidare i soldati. Cumano temendo, non si rovesciasse sopra di lui il furore del popolo, chiamò un più grosso corpo di soldatesca. Sparsi questi qua e là per li portici, un timor gagliardissimo entrò in petto a' Giudei, i quali via spariti dal Tempio si rifuggirono nella città. Or tanto fu nell' uscire l' impeto delle persone, che s'incalzavano insieme, che calpestati gli uni dagli altri ed infranti ne perirono oltre a diecimila; onde la festa per la nazion tutta si volse in pianto, e per ciascuna famiglia in lamento.

II. Seguì immediate questa disgrazia un tumulto di malandrini. Nella pubblica via presso a Betoron avventatisi i malandrini sopra il bagaglio di Stefano servo di Cesare, che passava di là, sel rubarono. Cumano mandata in quelle contrade sua gente, ordinò che gli fosser condotti in catene que' delle terre vicine, perchè non avevano inseguiti e pigliati i ladri. In tale occasione un soldato, venutagli in una di quelle terre alle mani la sagra legge, stracciò il volume e gettòllo alle fiamme. FLAVIO, t. VI. Della G. G. t. 1..

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I Giudei niente meno, che se a fuoco andato fosse tutto il paese, si scompigliarono, e quasi da una macchina tratti dalla lor religione in un solo gridar giustizia, tutti volarono a Cesarea innanzi a Cumano supplicandogli, che non lasciasse impunito un tal uomo, che aveva oltraggiato cotanto Dio e la sua legge. Cumano avvedutosi, che il popolo, se non gli si desse soddisfazione, non avrebbe mai pace, ingiugne, che gli si tragga dinanzi il soldato, e che in mezzo a chi ne chiedeva la morte si meni al supplizio. Così i Giudei se ne andaron contenti.

che

III. Altra lite s'accese tra' Galilei e Samaritani. Perciocchè verso il borgo chiamato Ginea, ch'è situato nel gran campo samaritano (21), mentre parecchi Giudei sono inviati per celebrare la solennità, un di lor galileo viene ucciso. A questo fatto trassero dalla Galilea moltissimi già apparecchiati a combattere co' Samaritani. Ma i principali fra loro ricorsi a Cumano pregaronlo, che passato in Galilea, anzichè il male divenisse insanabile, gastigasse gli autori di quell' assassinamento. Cumano però, antiposti alle loro preghiere gli affari, avea tra le mani, rimandò i supplichevoli non esauditi. Pervenuto a Gerusalemme il risentimento di quell' omieidio, andò tutta a romore la gente, e dimenticata la festa, uscirono senza guida e senza pur uno de' loro capitani, che li reggesse sopra Samaria. Erano caporioni del ladronesco e tumultuario loro furore certo Eleazaro figliuol di Dineo, e Alessandro; i quali gettatisi sopra i popoli confinanti alla signoria d' Acrabatene ed ucciserne le persone senza riguardo ad età, e man

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darono a fuoco e fiamma le terre. Cumano levatosi da Cesarea con un'ala di cavalleria, che dicevasi de' Sebasteni, uscì per soccorrere agl' infelici, e de' compagni d'Eleazaro molti prese, ed uccise moltissimi. Al resto poi della gente, che l'armi portava contro a' Samaritani, uscirono incontro frettolosamente i reggitor del comune di Gerusalemme vestiti di sacco, e sparsi di cenere il capo, e pregavangli a torsi giù dall'impresa nè per vendicarsi de' Samaritani provocassero a' danni di Gerusalemme i Romani. Abbian pietà della patria, del Tempio, de'loro pargoletti, e delle loro mogli, e non mettano a repentaglio ogni cosa in grazia d'un sol galileo. Mossi a queste parole i Giudei si rimasero dall'impresa. Molti però si volsero a' ladronecci per l'impunità, in che vivevano i malandrini; e per tutto il paese sentivansi ruberie e prepotenze de' più temerarj.

IV. Anche i principali Samaritani presentatisi in Tiro ad Ummidio Quadrato governator della Siria, chiedevano soddisfazione, di chi avea saccheggiate le loro terre. Ma trovatisi quivi presenti anche i più rinomati Giudei, e con loro il pontefice Gionata figliuol d'Anano dicevano, che i primi a eccitar lo scompiglio furono i Samaritani coll' omicidio per loro commesso, e Cumano era in colpa, di quanto poi succedette, col suo non volere puniti gli autori di quel misfatto. Quadrato per ora sospese per ambe le parti la sua sentenza, dicendo, che, quando fosse venuto in persona in que' luoghi ́disaminerebbe partitamente ogni cosa. Indi rendutosi in Cesarea condannò alla croce que' tutti, che presi furono da Cumano. Passato nella città di Lidda ascoltò i Sa

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