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minare, chi siate voi, e chi quelli, contro cui me>> ditate di muover l'armi, sgropperò innanzi il nodo » di que' pretesti, sopra cui v' appoggiate. Se voi in¬ » tendete di punire chi vi maltratta, a che tanto lodare » la libertà? che se importabile giogo a voi pare la » servitù, soverchio è il lagnarvi, che fate, de' reggi» tori; perciocchè o ingiusti essi sieno o discreti, sem» pr'è del pari vituperosa la servitù. Considerate voi » dunque al lume d'una anche sola delle anzidette ragioni, quanto leggiere motivo per dare di piglio al» l'armi fia il vostro. Or per venire primieramente ai » falli, di chi vi governa irritar non si vogliono, ma » servire le signorie. Or quando per piccioli mancamenti » voi fate grandi querele, altro questo non è, che ti» rarvi in capo lo sdegno de' querelati, i quali, lasciato » da banda il nuocervi che facevano con riserbo e na>>>scostamente, vi rubano a viso scoperto. Non v' ha » cosa, che scemi tanto le ingiurie, quanto il portarle, » e il silenzio de' miseri oppressi è un rimprovero a chi gli opprime. Ma via, si diano per insopportabilmente » molesti i ministri de' Romani; nol sono già essi an>> cora tutti i Romani non lo è già Cesare, contro i » quali voi intendete di romper guerra. Perciocchè chi

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a voi viene per lor commissione, non è colpa loro, » se è ribaldo, nè chi si giace fin là a ponente può » aver sotto gli occhi que' di levante, nè di colà è sì » facile l'udir prestamente, quanto di qua succede. » Ben dunque saria cosa strana, per colpa d' un solo » a molti, per un motivo da nulla far guerra ad uo» mini del sì grande affare, ch' e' sono, nè per aucor

» del soggetto informati di nostre querele. Al che vuolsi aggiugnere, che le nostre doglianze ammettono age

» volmente riparo. Non durerà poi il medesimo gover»natore in eterno, e ben ne giova sperare successori

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più discreti; dove una guerra, quando è intrapresa » nè l'abbandonarla senza discapito è facil cosa, nè il » sostenerla. Certo, non è questo il tempo di nodrir » desiderj di libertà, quando prima dovevasi fare ogni » sforzo per non perderla affatio. Ahi! troppo grave a provarla riesce la servitù; e ben giusti son que' contrasti, che fannosi per non soggettarlesi pure una volta : ma chi si trova nell' altrui mani, e poscia ne » scatta, egli è più presto uno schiavo caparbio, che un amatore di libertà. Allor dunque volevasi far di » tutto per non accettare i Romani, quando a signo>> reggiar nel paese venne Pompeo eppure i nostri » maggiori, e i re stessi, che di ricchezze, di corag» gio, e di forze erano alquanto meglio forniti, che » voi non siete, non poteron far argine neppure a una » parte ben picciola della possanza romana. E voi, che >> riceveste in retaggio la suggezione, e tanto siete al » di sotto de' primi, che si sottomisero, resisterete a » tutto quanto l'impero romano? Eppur gli Ateniesi, quegli Ateniesi, che l' alterissimo Serse, che navi» gava per terra e viaggiava in sul mare, e non capiva » ne' vasti seni del pelago, e un' armata traevasi dietro più vasta di tutta Europa, inseguironlo fuggitivo so» pra un sol legno, e vicino alla picciola Salamina sbaragliarono l' Asia così possente, ora servono ai » Romani, e alla città reina già della Grecia dan legge

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» le disposizioni venute d'Italia. Così gli Spartani dopo »le Termopile e le Platee e un Agesilao, che l' Asia » voltò sottosopra, amano d' ubbidire a' medesimi do» minanti. Così i Macedoni, a cui si volge ancora pel » capo Filippo, cui veggono insieme con Alessandro » promettere a loro l'impero del mondo, si portano » in pace così gran cangiamento, e a quelli s' inchina» no, verso i quali si spiegò la fortuna. Così cent' altre » nazioni fornite di ben più forti ragioni, che voi » difendere la lor libertà, si sottomettono. E voi sarete » que'soli, che sdegnano di servire a chi vive soggetta » tulta la terra? Ma in che eserciti vi confidate voi, in » che armi? Dove sono le flotte a interchiudere i mari » romani? Dove i tesori bastevoli a tanta impresa? Cre» dete voi forse d'avere a far con Egizj o con Arabi ? » Quando fia mai, che portiate intorno lo sguardo sopra » l'impero romano? Quando, che misuriate la vostra » meschinità? Non è egli vero, che le vostr' armi sovente » furono vinte dalle nazion confinanti, e il valore di quelli » corse invincibile il nostro mondo? Ma che dico io il » nostro mondo? Cercarono altri paesi oltre a questo. No, » non furono paghi nè di tutto quanto l' Eufrate a le» vante, nè a tramontana dell' Istro, nè a mezzodi di quel tutto di Libia, che fino alle terre disabitate potè scoprirsi, nè di Gadira (32) a ponente, ma andarono » in cerca d'un altro mondo di là dall' oceano e pe» netrato coll' armi fino tra i prima non mai conosciuti » Britanni. E che? Siete voi forse più ricchi de' Galli, » robusti più de' Germani, più accorti de' Greci, più » numerosi di tutti i popoli della terra? quale fidanza

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» vi leva contro a' Romani? Ma, dura cosa è il ser» vire, dirà taluno. Quanto più dura ella seppe a' » Greci, i quali tuttochè credansi d'avanzare in » biltà quante genti vivonci sotto il sole, e posseggano » sì gran paese, pure ubbidiscono a sei fasci romani; » e ad altrettanti ancora i Macedoni, che più ragione» volmente di voi dovrebbono desiderare la libertà. Che » fanno le cinquecento città dell' Asia? Non adorano esse sfornite di guernigioni un solo governatore e i >> fasci consolari? Che giova qui mentovare e gli Enio» chi, e i Colchi, e la nazione de' Tauri, e quelle » del Bosforo, e le genti d' intorno al Ponto e alla » Meotide, genti, che prima neppur conoscevano pro»prio signore? Stan pur esse soggette presentemente a » tremila soldati, e quaranta lunghe navi conservano in » pace un mare impraticabile per addietro e salvatico ? » Quante cose potrebbono dire per la lor libertà la » Bitinia, la Cappadocia, i popoli della Pamfilia, que' » della Licia e della Cilicia? Eppure senz' armi pagan » tributo. Che potrebbono i Traci, i quali signori

d'una provincia, che in largo cinque, e sette gior »nate si stende in lungo, più montagnosa e più forte » assai della vostra, e col suo ghiaccio durissimo ritar» dante gl'impeti ostili vivono sottomessi a non più di » duemila soldati, che stannovi in guernigione. Quelli poi, che lor vengono dietro, cioè gl' Illirici abitanti » in sull'Istro e per li paesi, che trovansi fino alla » Dalmazia, non ubbidiscono essi a due sole legioni » romane, e con queste rispingono gli urti de' Daci ?

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Ei Dalmati stessi, che tanto fecero per la loro li

» bertà, e perciò sol sempre vinti, perchè raccolte » novelle forze tornassero a ribellare, oggi non trag>> gono essi i lor giorni in pace sotto una sola legion >> di Romani? Che se v' ha nessuno, cui forti motivi » debban sospignere a ribellarsi, e' certamente sareb» bono i Galli, cui fornì la natura di sì gagliarde di» fese, dell' Alpi a levante, a settentrione del Reno, a » mezzo giorno de' Pirenei, e dell'oceano a ponente. » Eppure, benchè rinchiusi in trincee di tal fatta, » benchè numerosi fino a trecento cinque popolazioni, » benchè scaturire si veggano, sto per dire, in casa » le sorgenti della felicità, e ne riversino i beni per >> tutto quasi la terra, si degnano non pertanto d'esser » la rendita de' Romani, e di cercare appo loro la

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propria felicità; e lo soffrono, non per viltà di cuore » nè per difetto di spiriti men generosi, quando per >> ottant'anni continui durarono difendendo coll' armi » la lor libertà, ma perchè dal potere non men fur » sorpresi, che dalla fortuna de' Romani, la quale a » pro loro faceva più, che non l'armi; ond' essi li >> servono sotto mille e dugento soldati, de' quali per » poco non son più le città, che posseggono. Neppure » alla Spagna l'oro, che vi si coltiva al che vi si coltiva al par delle bia» de, fu tanto da sostenere una guerra intrapresa a » difendere la libertà, nè loro punto giovò la sì grande » distanza di terra e di mare, che parteli da' Romani, » nè le tribù intiere de' Lusitani, nè il genio guerresco » de' Cantabri, nè il vicino oceano, i cui movimenti >> atterriscono i popoli di que' contorni; anzi spinte » l'armi fin oltre l'Erculee colonne, e per mezzo alle

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