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Dopo questi rinforzò le spelonche al lago di Gennasar (56) nella Galilea, che chiamano bassa: nell' alta poi la montagna, che appellasi degli Acabari, e Sef, e Giammit, e Mero. Indi nella Gaulanitide guerni Seleucia, Sogane, e Gamala. A' soli cittadini di Sefforim consenti, che di per se rinnalzasser le mura veggendo la denarosa gente, ch'essi erano, e pronta senza bisogno d'altrui comando alla guerra. Similmente Giovanni figliuol di Levia per ordine di Giuseppe murò da se solo Giscala. A tutte l'altre fortezze poi assistette egli stesso colla mano all'opera tutto insieme, e colla voce al comando.

VI. Dopo questo fece da tutta la Galilea una leva d'oltre a centomila soldati di fresca età, cui veniva fornendo dal primo all' ultimo d'armi vecchie, che qua e là raccoglievansi. Indi avvisando seco medesimo, che la principale origine dell' invincibil valore, ch' era quel dei Romani, veniva dall' ubbidienza a' lor capi e dal lungo esercizio dell'armi, e benchè d' un metodico ammaestramento dalla presente necessità non voluto egli avesse deposto il pensiero, pure veggendo, che il bene ubbidire dalla moltitudine risultava de' capitani, parti strettamente l'esercito alla Romana, e creò molti capi. Indi prese a differenziare i soldati, e gli uni sottometteva al comando de' capodieci, gli altri a' centurioni, poi a' tribuni, e tutti questi a' capitani, che presedevano a' battaglioni più grossi. Poscia veniva loro insegnando e il come passarsi scambievolmente parola, qua' fossero della tromba gl'inviti e i richiami, quale de' corni l'urtare e il girarsi, e come da' lati più forti passar dove

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vano a' men resistenti, e in mezzo al pericolo sostenere gli stanchi. Oltre a ciò ponea loro dinanzi agli occhi, checchè far potesse a renderli d' animo coraggioso, di corpo sofferente a' travagli. Disponevali però in particolar modo alla guerra col narrar, che faceva loro parte per parte la disciplina delle romane milizie, e come avranno a combatter con gente, la quale tra pel valore delle sue braccia e per l' intrepidezza del suo coraggio avea sottomessa pressochè tutta la terra.

VII. Aggiunse, che del loro ben ordinato procedere nella guerra prima ancor di combattere per lui sarebbe una prova, se si guardassero dalle usate superchierie, da' furti, da' ladronecci, dalle rapine, e dall' ingannare i lor nazionali, e dal credere proprio vantaggio il danno de' più attenentisi a loro. Perciocchè governarsi ottimamente da' que' generali le guerre, i cui soldati si portano seco una diritta coscienza; dove coloro, ch' hanno un cuor guasto, non gli uomini solamente che vengono seco a battaglia, ma proveranno nimico ancor Dio. Più altri ricordi di simil fatta andava loro ripetendo ogni giorno e intanto aveva di soldatesca già in pronto per guerreggiare sessantamila fanti, e dugencinquanta cavalli oltre a questi, ne' quali poneva la sua maggiore fidanza, da quattro mila e cinquecento soldanieri. A guardia poi della sua persona teneva secento soldati tutti fior di bravura.

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VIII. Al sostentamento della milizia, salvo la stipendiata, provvedevano le città di leggieri, perciocchè ognuna d' esse de' reclutati metà ne spediva al campo, e il resto appo se riteneva, perchè servissero a procacFLAVIO, t. VI. Della G. G. t. 1.

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ciar di che vivere a quelli; onde dall' una parte rimanevano destinati quali all'armi, quali ai lavori, e dall'altra, a chi somministrava le vittuaglie, rendevano gli armati in mercede la sicurezza.

CAPITOLO XXI.

Si parla di Giovan da Giscala. Giuseppe si contrappone alle insiede di lui, e rimette molte città ribellate.

I. Mentre Giuseppe così governava la Galilea, gli si leva incontro un insidiatore, natio di Giscala, figliuol di Levia, e nomato Giovanni: uomo niquitosissimo, che nelle frodi non avea pari fra i nobili, e superava nelle ribalderie tutti quanti. Egli fu povero dapprincipio, e nella miseria trovò lungo tempo un ostacolo alla sua malizia. Pronto a mentire, scaltro in render credibili le sue menzogne, valentia riputava la frode, e di questa valevasi contro a' più cari, simulatore d' un cuor ben fatto, e dove sperasse guadagno sanguinosissimo. Sem pre coll' animo volto a gran cose, e coll'atto a trarre da vili misfatti alimento alle sue speranze. Perciocchè fu dapprima ladro coperto e però solo, indi trovò al suo ardire compagni, pochi a principio, ma coll'andare del tempo moltiplicati ognor più. Suo pensiero poi era non accettare persona da facilmente cadergli in man del nimico; ma i meglio in essere trasceglieva e per gagliardia di persona, e per intrepidezza di spirito, e per esperienza in cose di guerra; finchè in somma egli ebbe d'intorno

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a se radunata una mano di quattrocento uomini, di loro fuorusciti di Tiro e delle terre del suo distretto, co' quali metteva a bottino la Galilea tutta, e della parte maggior della gente, che per l'espettazion della guerra vicina stava sospesa, faceva strazio. Or mentre già ravvolgeva per l'animo un generalato, e aspirava a cose maggiori, trovò nella scarsità del denajo un intoppo. Ma dappoi, che s'avvide a Giuseppe piacere assai lá sua efficacia nell' operare, primieramente lo induce a rimettere nelle sue mani il rifacimento delle patrié mura, nel qual lavoro assai fu il guadagno, che fece alle spese de' ricchi. Poi congegnata tra se certa sua sottilissimá baratteria, siccome tutti i Giudei della Siria guardavansi d'usar olio, che dalle man non venisse de' nazionali, domandò di spedirne loro a' confini; e con uno (57) scudo tirio, che val quattro dramme ateniesi, avendone quattro buone orcie, al prezzo medesimo ne vendeva una mezza. Ora poichè fertilissima è d'olio la Galilea, e quell'anno ne diede assai col molto mandarne, che a' bisognosi ei faceva (e il faceva egli solo), immenso fu il denaro, che ne raccolse; del quale ben presto si valse a' danni di chi procacciato gliene aveva il vantaggio.

II. Figuratosi adunque, che se si levasse dinanzi Giuseppe, egli governerebbe la Galilea ordinò a malandrini suoi sudditi, che si dessero con più valore alle ruberie, onde ai romori, che da più parti si leverebbono nel paese, o verrebbegli fatto d' uccidere in qualche scontro, se mai movesse a soccorrergli, il generale da lui perciò appostato, o se questi non curasse de' malandri

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ni, accuserebbelo a' paesani. Indi facea correr voce di assai lontano, che finalmente Giuseppe avria messo in poter de' Romani ogni cosa, e in più altre forme di tal tenore ghiribizzava il come poter rovinare quel pover uomo.

III. Verso tal tempo avvenne, che certi giovani della terra de' Dabaritti, di quelli cioè, che facevano nel gran campo la sentinella, appostando Tolommeo procuratore d'Agrippa e di Berenice rapirongli quanto bagaglio traeva seco, ed eranci non poche vesti preziose, assai vasellame d'argento, e secento (58) dobble. Nè potendo ottenere, che stesse occulta la ruberia, tutto recarono in Tarichea a Giuseppe ; il quale sgridatili della violenza usata a' regj ministri, depone tutto il portatogli in casa d'Enea, il signor più potente che fosseci in Tarichea, con animo di rispedire alla prima occasione ogni cosa a' padroni; il che lo espose a un gravissimo rischio. Mercecchè i rubatori, tra perchè lor coceva di non aver delle cose portate avuto neppure un filo, e perchè antividero la intenzion di Giuseppe, che stava per fare delle loro fatiche una grazia ai re, nel cuor della notte corsero per le lor terre, e dipinservi, come un traditore, Giuseppe. Riempirono di romore anche le città convicine per modo, che sull'aggiornare furono sotto l'arme contro di lui centomila persone, e tutto il gran popolo, ch' era quello, raccoltosi dentro il circo presso di Tarichea, schiamazzava sdegnosamente; e gridavano altri, che seppellissero sotto i sassi, altri, che bruciassero il traditore. Istigavane la più parte Giovanni, e con esso certo Gesù figliuolo di Saffa (59) a quel

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