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tinua guerra con Alessandro, finchè, disertatine assaissimi, n' ebbe cacciati i restanti nella città di Betome, abbattuta la quale menònneli tutti prigioni in Gerusalemme. L'eccessiva sua collora poi lo trasse ad essere crudele fino all' empietà; perciocchè messi in croce forse ottocento di que' prigioni nel mezzo della città stavali, mentre colle sue concubine mangiava e beveva, mirando. Tanto fu poi lo spavento, ch' entrò nel popolo, che de' sediziosi la notte appresso fuggirono dalla Giudea tuttaquanta ottomila e colla morte sol d'Alessandro ebbe termine il loro esiglio. Finalmente, data con tali mezzi la pace al regno, depose l'armi.

VII. Fu una nuova fonte per lui d'imbarazzi Antioco nominato Dioniso, fratel (17) di Demetrio e l'ultimo de' Seleucidi. Conciossiachè Alessandro per timore di lui, che già erasi incaminato contro degli Arabi, tutto tagliò per lo lungo con una fossa profonda lo spazio, che è tra i monti d' Antipatride e le maremme di Gioppe. Lungo la fossa fabbricò un alto muro, sopra del quale erse torri di legno, volendo serrare le troppo agevoli entrate nelle sue terre. Ma non ottenne per questo di tenere lungi Antioco; perciocchè, abbruciate le torri ed empiuta la fossa, condusse per colà le sue truppe ; e riserbatasi ad altro tempo la vendetta di chi gli avea posto quell' impedimento, andò ritto contro degli Arabi; il cui re dando addietro verso i luoghi più acconci per far battaglia, indi volta improvviso la fronte alla cavalleria in numero di diecimila persone si getta sopra la gente d'Antioco ancora scomposta ; quindi appiccata una forte mischia, fino a tanto che Antioco durò

vivo, il suo esercito fe' resistenza, benchè senza triegua tagliati a pezzi dagli Arabi: ma non così tosto cadde egli morto, dappoichè per soccorrere a que' fra' suoi, che perdevano, s' esponeva ad ogni pericolo, tutti dan volta, e la maggior parte di loro quali nel campo quali fuggendo restarono morti; il rimanente ricoveratisi al borgo di Cana per la mancanza del bisognevole, salvo alcuni pochi, perirono tutti miseramente.

VIII. Dopo ciò i Damasceni per l'odio, in che avevano Tolommeo figliuolo di Menneo, invitano Areta, e lo fanno re della Celesiria. Ancora questo entra armato nella Giudea, e vinto in un fatto d'arme Alessandro si ritirò a patti. Alessandro poi, presa Pella, si volse di nuovo a Gerasa trattovi dalle ricchezze di Teodoro, a cui egli aspirava: e cinto d' un triplice muro il presidio, a forza d'armi ha il castello in sua mano. Indi abbatte Gaulana, Seleucia, e la Valle chiamata d' Antioco; poi occupato il forte castello di Gamala e toltane per non pochi delitti a Demetrio la signoria, spesi tre anni in questa spedizione, ritorna in Giudea. Liete accoglienze gli fe' la nazione in grazia della sua prosperità, e il terminar della guerra fu per lui il principio della sua malattia. Travagliato adunque da febbri quartane si diede a credere, che si getterebbe di dosso quel male, quando badasse di nuovo allo stato, il perchè uscito fuor di stagione in campo, e obbligando il suo corpo, oltre a quanto ne sostenessero le forze, a travagli, non resse più innanzi, e morissi in mezzo alle rivoluzioni e a' tumulti dopo ventisett' anni di regno.

CAPITOLO V.

Regna nove anni Alessandra;

ed hanno i Farisei il maneggio di tutto.

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I. Lascia il regno in retaggio alla moglie Alessandra, persuaso, che a questa singolarmente presterebbono ubbidienza i Giudei, perchè le sue dolci maniere troppo lontane dalle crudeli di lui, e il suo contrapporsi alle trasgressioni della legge conciliato le avevano l'amore del popolo nè fallite gli andarono le sue speranze ; conciossiachè ottenne la donna il mediante il concetto, che si godeva di pia. In fatti conosceva ella ottimamente l'indole della nazione, e dalle cariche deponeva coloro, che violavano le sagre leggi. Due figliuoli ella avea da Alessandro; il primogenito Ircano, siccome maggiore d'età e d'un indole più rimessa di quello, che le sollecitudini e i pensieri d'uno stato portassero, dichiara sommo Pontefice; e Aristobolo il secondoge, per lo caldo uomo ch'egli era il ritenne in condizione privata.

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II. Fannolesi a fianco per aver parte nella suprema autorità i Farisei, setta giudaica, che hanno voce d'essere più religiosi degli altri e interpreti saputissimi della legge. A questi forse più del bisogno diè orecchio Alessandra, siccome donna pia e timorata; ed essi a poco a poco fattosi largo nell' animo della buona regina, erano oggimai divenuti gli amministratori d'ogni cosa; essi esigliavano e richiamavano, scioglievano e impri

gionavano chi lor piaceva; in somma i vantaggi del regno eran tutti per loro, lo spendio e le noje per Alessandra. Eppure ell'era donna da cose maggiori; e però sempre intesa a moltiplicar le sue truppe accrebbele il doppio, e la soldatesca straniera, che procacciò, non fu poca; onde non sol teneva in dovere la nazione propria, ma formidabile era ancor divenuta a' principi forestieri. Ella adunque comandava ad altrui, e a lei comandavano i Farisei.

III. Laonde costoro tolgon di vita Diogene uomo dei più riguardevoli, amico già d'Alessandro, apponendogli, che da Alessandro si crucifissero gli ottocento per suo consiglio. Spignevano ancora Alessandra a levare dal mondo tutti quegli altri, che avevano contro loro attizzato Alessandro; ed avendola, mercè la sua religione, arrendevole a' lor voleri, mettevano a morte, chi lor piaceva; laonde i più cospicui fra quelli, che si vedevano in rischio, ricorsero ad Aristobolo, il quale persuade alla madre, che voglia risparmiare persone di tanto affare; che s'ella non li crede innocenti, provegga, che votino la città; ond' essi, avuta in sicuro la vita, si sparpagliarono per lo regno. Alessandra poi, fatte uscir le sue truppe contro Damasco, a titolo che Tolommeo travagliava continuamente quella città, le riebbe senza veruna impresa, che le segnalasse; ond' essa stuzzicò con regali, e con patti a ciò fare Tigrane re dell' Armenia, che stava a campo intorno a Tolomaide, e assediavaci Cleopatra; ma egli prima del tempo levossi frettolosamente di là per gli scombugli, che nacquero nel suo regno dal correre, che Lucullo avea fatto l'Armenia,

IV. In questo infermata Alessandra, il minor suo figliuolo Aristobolo, colto il tempo, co' suoi famigliari, che ne avea molti e tutti pel naturale lor fuoco di lui amantissimi, s'impadronisce di tutte le fortezze del regno; e co' denari, che ci trovò, fatta leva di soldatesca dichiara sè stesso re. Dopo ciò tocca dalle querele d'Ircano la madre, chiude prigioni nel forte Antonia la moglie e i figliuoli d'Aristobolo; ed era questo un castello situato alla banda settentrionale del Tempio, e detto una volta, come già scrissi, Bari, poi sotto l'impero d'Antonio appellato con questa denominazione, siccome da Augusto e da Agrippa altre due città, cangiato il primo lor nome, si dissero (18) Augusta e Agrippiade, Ma anzichè Alessandra punisse Aristobolo dell'escludere, che avea fatto dal regno il fratello, mori dopo avere nov' anni amministrato il governo,

CAPITOLO VI.

Cacciato dal regno Ircano erede d'Alessandra, regna Aristobolo. Di nuovo il medesimo Ircano, merè d'Antipatro, è rimesso da Areta. In fine per differenze scambievoli insorte tra'due fratelli, Pompeo n'è trascelto arbitro.

I. L'universale erede fu veramente Ircano, perchè la madre ancor viva nelle sue mani aveva lasciato il regno. Aristobolo però lo avanzava in potere e in coraggio. Venuti essi adunque coll' armi alla decisione di tutto l'affare vicino a Gerico, la più parte, abbandonato

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