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si cominciarono per ordin suo a popolare Scitopoli, Samaria, Antedone, Apollonia, Giamnia, e Rafia, e Marissa, e Adora, e Gamala, e Azoto, e molt' altre città, concorrendo in ciascuna d'esse assai di buon grado gli abitatori.

V. Dopo questi provvedimenti tornato ad Alessandrio, lo strinse vie maggiormente; di modo che disperato Alessandro de' fatti suoi lo manda per suo araldo pregando, che gli rimetta il passato е consegrgli le fortezze, che gli restavano ancora Ircanio e Macherunte; e alla fine gli rende eziandio Alessandrio; tutte le quali fortezze a sommossa della madre d' Alessandro spiantò, affinchè non servissero novamente di stimolo ad altra guerra. Quivi ella poi si trovava per addolcire l'animo di Gabinio, sollecita de' prigioni, ch'erano in Roma, del marito cioè e degli altri figliuoli. Dopo questo Gabinio, menato Ircano in Gerusalemme, e a lui addossata la cura del Tempio, affida il restante della Repubblica al reggimento degli Ottimati; quindi ripartì la nazion tuttaquanta in cinque adunanze; l'una assegnòlla a Gerusalemme, l'altra a Gadara: alcuni convocar si dovevano in Amatunte, toccò il quarto luogo a Gerico, e pel quinto fu destinata Seffori città della Galilea. In questa maniera sottratti con loro soddisfazione i Giudei al dominio d'un uomo solo si ressero per lo innanzi aristocraticamente.

VI. Ma non andò guari tempo, che Aristobolo fuggito da Roma cominciò nuovi torbidi a suscitare fra loro, adunando da capo molti Giudei parte desiderosi di cangiamento, e parte suoi antichi favoreggiatori. E

prima di tutto occupato Alessandrio tentava di ristorarlo; ma avvedutosi della spedizione, che aveva Gabinio già intrapresa contro di lui sotto la condotta de' capitani Sisenna, Antonio, e Servilio ritrassesi a Macherunte; e sgravatosi dell'inutil gente, che aveva, trasse con seco soltanto gli armati, ch' erano forse ottomila persone, tra le quali trovavasi ancor Pitolao, che mentr' era luogotenente in Gerusalemme, con mille uomini rifuggìssi appo lui. I Romani gli tennero dietro, e attaccata la mischia, que' d' Aristobolo lunga pezza sostennero l'urto nimico con gran valore; ma oppressi alla fin da' Romani vi caddero cinquemila persone, e due mila in circa ricolsonsi sopra un poggio; e il rimanente migliajo insieme con Aristobolo per mezzo le schiere romane ricoverarono a Macherunte; ove il re avendo la prima sera piantate fra le rovine le tende sperava di potere adunare altre forze, mentre per alcun poco si dava triegua alla guerra, e intanto fortificava, ma con istenti, il castello. Ma venutigli addosso i Romani, dopo una resistenza maggiore delle sue forze, che fu di due giorni, è preso, e insiem con Antigono suo figliuolo, che una col padre s'era involato da Roma, vien tratto prigione innanzi a Gabinio, e da Gabinio spedito di nuovo a Roma. Il Senato pertanto rinchiuse bensì in carcere il padre, ma rimandonne in Giudea i figliuoli mercè d'una lettera di Gabinio, che dichiarava, aver egli promesso questo alla moglie d'Aristobolo in guiderdone delle rendute fortezze,

VII. Ora (21), mentre Gabinio stava per andar sopra i Parti, fu alla sua spedizione d'ostacolo Tolom

meo,

cui egli, lasciato l'Eufrate (22), ricondusse in Egitto, e fugli del bisognevole a tale impresa provveduto da Ircano ed Antipatro, perciocchè Antipatro vi condusse e denari ed armi e vittuaglie e rinforzo di gente; e persuase i Giudei di colà, che guardavano le frontiere verso Pelusio, a consentire il passaggio a Gabinio. Ora siccome tutta la Siria, partito Gabinio, s' intorbidò, così Alessandro figliuol d' Aristobolo fece di nuovo ribellare i Giudei. Raccolta adunque grand' oste gli venne talento d' uccidere, quanti Romani ci avea nel paese ; la qual cosa temendo Gabinio, che già dall'Egitto per tai romori s'era frettolosamente colà ricondotto, per mezzo d' Antipatro, che mandò avanti, fece riconoscenti parecchi de' sediziosi; pure si tennero con Alessandro da trentamila persone, ed esso desiderava la guerra; e però esce tosto in campo. Vennero adunque i Giudei incontro a' nimici, e con essi affrontatisi al monte Itabirio (23) restaronci morti in diecimila, e il restante fuggendo sciarrossi qua e là. Gabinio poscia venuto in Gerusalemme ordinò il governo giusta il piacere d'Antipatro. Di qua partitosi doma coll'armi i Nabatei, e Mitridate ed Orsane, ch' eran fuggiti da' Parti, segretamente li mandò liberi, e fe' spargere tra soldati, che s'eran sottratti di là colla fuga.

VIII. Frattanto Crasso venuto successore di Gabinio imprende a governare la Siria. Costui in risguardo della spedizione contro ai Parti, siccome rubò quant' altro oro aveva nel Tempio di Gerusalemme, così levònne i duemila talenti, da cui si era astenuto Pompeo. Ma, valicato l' Eufrate, ci perì egli stesso e tutto il suo eser

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cito; delle quali cose non è questo il tempo di ragio

nare.

IX. I Parti poi, che tentarono, morto Crasso, di passare nella Siria, furono rispinti da Cassio ricoveratosi nella provincia; la quale posciachè egli ebbe occupata, venne con celerità in Giudea; e presa Tarichea fa prigioni circa tremila Giudei; anzi uccide ancor Pitolao, che aveva adunati i ribelli fautori d' Aristobolo. Fu di quella uccisione Antipatro il consigliere. A questo intanto dall' Araba moglie, che prese, ( ed era d' una illustre famiglia di quelle contrade e nomavasi Cipro) nascono successivamente i quattro figliuoli, Fasaelo, Erode che fu poi re, Giuseppe, Ferora, e la figliuola Salome. Ora siccome egli si cattivava gli animi dei più potenti signori, che fossero dappertutto, così e molto più guadagnòssi quello del re degli Arabi attesa l'affinità, che passava tra loro; e fin da quando prese a far guerra con Aristobolo, dipositò presso lui i suoi figliuoli. Ora Cassio, avendo costretto Alessandro secondo i già fatti accordi a star cheto, ritornò all' Eufrate per impedirne ai parti il passaggio; delle quali cose abbastanza è scritto da altri.

CAPITOLO IX.

Aristobolo dagli amici di Pompeo è ucciso; e da Scipione il figliuolo di lui Alessandro. Antipatro, morto Pompeo, tiene da Cesare, e soccorrendo Mitridate adopera valorosamente.

I. Cesare intanto, essendo Pompeo e il Senato fuggiti di là dall' Ionio, impadronitosi non solo di Roma, ma d'ogni cosa trae di prigione Aristobolo; e dategli due legioni lo mandò in Siria sollecitamente, sperando per mezzo di lui di recare con facilità alla sua ubbidienza questa e il paese della Giudea. Ma l' invidia precorse e al buon voler d' Aristobolo e alle speranze di Cesare; perciocchè con veleno tolto di vita da' Pompejani penò lungo tempo ad aver sepoltura nel paese natio; e il suo cadavere si giacea conservato nel mele, finchè Antonio spedillo ai Giudei, perchè fosse riposto nell' arche de' re.

Fu levato del mondo eziandio suo figliuolo Alessandro, a cui fece mozzare la testa Scipione in Antiochia per ordine di Pompeo, e per un' accusa che gli fu data in giudizio del male, che fatto aveva a Romani. Ai fratelli di lui diè ricetto Tolommeo figliuol di Mennen, signor della Calcide appiè del Libano, e mandò in Ascalona per essi Filippione suo figlio, il quale staccato Antigono colle sorelle dal fianco della lor madre condusseli tutti a suo padre e intanto invaghito della seconda la prende per moglie, e dopo ciò per risguardo di questa medesima è ucciso dal padre. Conciossiachè

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