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Tolommeo, morto il figlio, mena Alessandra, e mercè di tai nozze si diè dei fratelli di lei più pensiero.

III. Antipatro poi dopo la morte di Pompeo, cangiata bandiera, prese a servir Cesare; e perciocchè Mitridate di Pergamo con quell' oste, che menava contro l'Egitto, tenuto lungi dalle foci del Nilo vicino a Pelusio soprattenevasi in Ascalona, egli e persuase a porgergli ajuto gli Arabi, di cui era ospite, e venne in persona traendo seco circa tremila soldati giudei. Spinse ancora i più possenti signori della Siria a soccorrerlo, e tra gli abitatori del Libano (24) Tolommeo, Giamblico, e (25) Tolommeo; pel cui mezzo le città di quei luoghi prontamente intrapresero la guerra. Mitridate per lo rinforzo avuto da Antipatro fatto già cuore mosse verso Pelusio, e perciocchè impedito gli fu il passaggio, si mise ad assediare la città. Segnalòssi infra gli altri ancora nell' oppugnarla Antipatro; mercecchè abbattuta egli la porzione del muro, ch' era dalla sua parte, fu il primo, che insieme co' suoi pose piede in città.

IV. Pelusio adunque fu preso; ma mentre andavano essi più oltre, ecco sono di nuovo impediti da quei Giudei egiziani, che la provincia abitavano detta d'Onia. Qui Antipatro li persuase non pure a non contrapporsi, ma a fornirlo ancora del bisognevole per l'armata; laonde neppure i cittadini di Memfi vennero più alle mani, e spontaneamente rendettonsi a Mitridate. Egli poi, circuito già il Delta (26), venne a battaglia co' rimanenti Egiziani nel luogo, che accampamento appellasi de' Giudei; e dal rischio, in che si trovò combattendo egli e tutto il destro corno, lo trasse Anti

patro, che aggiròglisi intorno lungo la sponda del fiume, perciocchè dopo rotti col corno sinistro, a cui presedeva, i nemici suoi, avventatosi sopra quelli, che inseguivano Mitridate, ne uccise molti, e di tanto incalzò i rimanenti, che prese perfino al loro campo. Soli ottanta perdette de' suoi, e Mitridate nel calore della fuga ottocento. Esso adunque fuor d'ogni sua speranza vedutosi salvo fu presso Cesare un sincerissimo testimonio delle prodezze di Antipatro.

V. Cesare allora tra colle lodi e colle speranze aggiunse lena al valentuomo, perchè si esponesse ai pericoli per amor suo; in mezzo a quali divenuto un guerriero arditissimo, nelle molte ferite, che aveva in pressochè tutto il corpo, i contrassegni portava del suo valore. Indi Cesare, ordinati gli affari in Egitto, poichè fu tornato in Siria, onoròllo della cittadinanza romana e dell'esenzione da' tributi ; e per altri onori e amichevoli trattamenti, che fecegli, lo rendette appo molti degno d' invidia. Oltre a questo in grazia di lui confermò il pontificato ad Ircano.

CAPITOLO X.

e

Cesare costituisce Antipatro procuratore della Giudea. Antipatro fa capitano di Gerusalemme Fasaelo, governatore di Galilea Erode; il quale indi a poco viene citato in giudizio e assoluto. A sesto Cesare ucciso insidiosamente da Basso succede Murco.

I. In questo medesimo tempo anche Antigono figliuolo d' Aristobolo presentatosi a Cesare fu senza volerlo autor per Antipatro d'un maggiore ingrandimento. Perciocchè, dove sol conveniva, che si lagnasse appo lui del veleno, con che parea fosse morto suo padre per la nimicizia sua con Pompeo, e riprendesse la crudeltà di Scipione usata al fratello, nè per ottenere pietà frammischiasse al suo dire affetti d'invidia, egli oltre a questo trascorse ad incaricare Ircano ed Antipatro, che niquitosissimamente avessero da tutte le patrie contrade cacciato lui co' fratelli, ed essi intanto colla loro insolenza forte aggravassero la nazione; e che il soccorso mandatogli nell' Egitto non venne da bene, che a lui volesma dal timore che davano loro le differenze passate, e dal desiderio, ch' egli ponesse in obblio l' amicizia, ch' ebbero già con Pompeo.

sero,

II. A queste cose Antipatro, gettata da se la veste, mostrò il gran numero delle ferite che aveva, nè bisognavagli, disse, in prova del suo amore per Cesare alcuno discorso; alto gridare abbastanza, tacendo lui, il suo corpo. Stupirsi ben egli dell' arditezza d' Antigono,

FLAVIO t. V1. Della G. G. t. I.

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il quale figliuolo d' un nimico e fuggitio de' Romani, e per retaggio venutogli da suo padre turbolento egli stesso e sedizioso abbia tentato di dare accuse ad altrui dinanzi l'imperadore de' Romani, e studisi di avere qualche bene, quando dovrebbesi contentare, ch' ei vive. Bramar egli d' avere al presente il maneggio de' pubblici affari non tanto per lo disagio, in cui trovasi, quanto per potere con quello in mano mettere i Giudei in rivolta, e valersi delle sue facoltà, contro chi le darebbe.

III. Udite Cesare queste cose, dichiarò Ircano più meritevole che non altri del pontificato, e ad Antipatro lasciò in balia di prendersi quell' autorità, che più piacerebbegli. Ma egli all' arbitrio di chi l'onorava avendo rimessa la misura de' suoi onori è creato da Cesare procuratore della Giudea tuttaquanta, e oltre a questo ottiene di rialzare le mura abbattute di Gerusalemme. Queste onoranze Cesare con una sua lettera ordinò, che scolpite si conservassero nel Campidoglio, per monumento a' posteri e della sua giustizia e de' meriti del valentuomo.

IV. Antipatro adunque, accompagnato Cesare fuori della Siria, si ricondusse in Giudea; e e prima d'ogni altra cosa rifabbricò della patria le mura atterrate già da Pompeo, e aggiratosi per lo paese acchetò i tumulti, che qua e là insorgevano, o per via di minacce, o per via di consigli, avvertendoli, che, quando tenessero da Ircano, vivrebbono felici e quieti, e godrebbono delle loro facoltà e della pace comune; dove se si lasciassero trarre alle fredde speranze, di chi per privato in

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teresse volea novità, e in se troverebbono anzi un padrone che un curatore, e anzi un tiranno che un re in Ircano, e ne' Romani ed in Cesare in luogo di capitani e d'amici avrebbono una gente nimica; che non sofferrebbono in pace, che fosse deposto dal trono colui, ch'essi stessi ci avevano collocato. Con queste ragioni rimise egli solo in buono stato il paese, veggendo, che Ircano era un uomo dappoco e incapace di regno. Costituisce egli poi capitano di Gerusalemme e del distretto il suo primogenito Fasaelo; ed Erode minore di lui e assai giovane mandòllo con eguale dignità in Galilea.

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V. Or questi uomo attivo naturalmente trovò ben presto materia pel suo coraggio. Conciossiachè avvenu→ tosi in Ezechia capo di malandrini, che con una masnada numerosissima andava infestando i confini della Siria, arrestòllo ed uccise lui con parecchi assassini; la quale impresa felice riuscì graditissima ai Siri; ed il nome di Erode tra i canti udivasi le ville e per per città, come d'autore di pace, e di salvatore de' loro averi. Per questo fatto egli venne ancora a notizia di Sesto Cesare, ch' era congiunto di Cesare il Grande, e governava la Siria. Fasaelo altresì in veggendo il fra tello così glorioso n' ebbe una emulazione lodevole, e obbligavasi ognora più i cittadini di Gerusalemme, siccome quegli, che avendo la città in sua mano non però abusava del suo potere in danno di chicchessia. Quindi Antipatro ed era onorato dalla nazione non altrimenti, che re, e rispettavanlo tutti, come il signore d'ogni cosa. Con tutto questo egli punto non dipartìssi dalla sua benivoglienza e lealtà verso Ircano.

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